Al Bano Carrisi: una star nazionale e internazionale, ma più di ogni altra cosa un uomo dal grande cuore.
intervista di Simona Santullo
Al Bano nasce a Cellino san Marco (Br) in Puglia, il 20 maggio del 1943. Fin da bambino ha amato la musica, tanto da farne la sua vocazione e successivamente la sua principale professione. L’enorme successo e la sua indiscutibile celebrità è riconosciuta in ogni parte del mondo, ma successo e fama non gli hanno mai dato alla testa. La semplicità è certamente lo strumento migliore per comunicare emozioni e sentimenti e Al Bano, nonostante la notorietà è rimasto un uomo semplice che si racconta per quello che è attraverso la musica. Del resto, se non si è semplici, non si può essere sensibili a tutte le cose belle, uniche e importanti della vita: l’amore, la passione, la natura, la famiglia.
D.- Lei ha iniziato a fare musica da giovanissimo, aveva appena dodici anni e scrisse: “ Addio Sicilia”. Che ricordi ha di quel periodo?
R.- Fantastici. Vivevo sulle nuvole, vivevo nella fabbrica dei sogni, costruivo il mio immaginario futuro e devo dire che tutto ciò che sognavo allora, si è materializzato nel tempo.
D.- A sedici anni è emigrato a Milano in cerca di fortuna e lì entra in contatto con il Clan Celentano. Com’è stata la vita da musicista alle prime armi in quel periodo?
R.- In quel periodo lavoravo su una catena di montaggio e c’era un’etichetta discografica che si chiamava Fantasy, che era in società con il fratello di Celentano e Miki Del Prete, l’autore di Adriano. Ho fatto il provino, sono piaciuto, mi hanno stipulato un contratto e ho incominciato le mie prime serate con Adriano Celentano. Ovviamente lui non sapeva neanche chi fossi, non sapeva niente di me. Quando l’ho visto per la prima volta, stavo incidendo: “Tutto l’oro del mondo” e lui mi chiese se poteva essere presente durante la registrazione. Per me fu un sogno avere Adriano lì, avevo cantato per lui e lui non se ne era neanche accorto, quindi averlo lì, in sala d’incisione… è stato fantastico. La cosa bella è che siamo rimasti veramente amici, non ci frequentiamo quasi mai, però telepaticamente so che abbiamo una grande stima l’uno per l’altro, e questa è una cosa fantastica, un bel traguardo.
D.- Il grande successo arriva nel 1967 con “ Nel sole” che raggiunse il primo posto nelle classifiche di vendita. La stampa parlò di Lei come di un “secondo Claudio Villa” e dato l’enorme successo “ nel sole” divenne anche un film. Lei e la sua famiglia come avete vissuto la notorietà e il successo finalmente arrivato e meritato?
R.- Mi ricordo una frase: “Questo ragazzo ha l’oro in gola”. A) non se lo aspettavano; B) erano impreparati; c) non si sono mai montati la testa.
D.- Dal 1967 a oggi ha inciso più di ventitré album, oltre tutti i 45 giri e i cd singoli. A quale dei suoi album è più legato?
R.- A tutti perché sono pagine della mia esistenza, sia quella positiva, sia quella strafelice, sia quella di profonda tristezza. Mi racconto per quello che sono attraverso la musica.
D.- Nella sua carriera ha partecipato a 15 manifestazioni sanremesi. Cosa la lega a Sanremo?
R.- Sanremo era il sogno e come ho detto all’inizio, vivevo di sogni e tra questi sogni c’era Sanremo. Sognavo di arrivarci e Sanremo era una trasmissione che catalizzava intellettuali, operai, contadini, preti, atei, era un qualche cosa d’incredibile che piano piano nel tempo sono riusciti a rovinare. Sanremo nasce da una gara, è sempre stata una gara importante, ha visto i più grandi cantanti del mondo, poi è iniziato il disfacimento, mettendo soubrette, mettendo tutto quello che non c’entra niente con il Festival. Grande rispetto, sia ben chiaro, però in questo modo si esce fuori da quella che è l’essenza stessa del Festival. Quando guardo Amici, quando guardo X factor, vedo la gara e la competizione. Lì la gara l’hanno presa, esiste ed è ancora viva. Su Sanremo che era il papà e la mamma delle gare hanno fatto un lifting sbagliatissimo e soprattutto hanno fatto un’operazione di disfacimento e mi auguro che qualcuno se ne renda conto, che qualcuno se ne accorga, perché se togli la gara a Sanremo, hai ammazzato Sanremo.
D.- Lei è quindi favorevole ai talent show?
R.- Assolutamente sì perché fanno bene a chi vuole fare questo mestiere. Attenzione, nei talent show ci sono dei talenti alle spalle dei ragazzi che sono straordinari, ci sono dei coach di tutto rispetto. I ragazzi che hanno voglia di imparare e che hanno voglia di vivere quell’esperienza escono da una scuola di tutto rispetto. I talent sono una scuola vera e propria, sia essa di canto, di ballo di televisione, come si fa a dire di no. Mi chiedo: “ dov’è il male?” non c’è. Per un ragazzo che aspira a fare l’artista, quella è la migliore scuola e la migliore palestra, in più fatta come una gara, perché poi la è vita sostanzialmente una gara.
D.- Il suo ultimo album “ I capolavori di papà Al Bano” è una raccolta di successi con due inediti: “ ciao papà” e “madre mia”. Vuole parlarci di queste due canzoni?
R.- Più che parlarne dovrei dire: “ ascoltatele e poi parliamone”.
D.- Nell’album ha inserito anche una canzone dove duetta con la splendida Romina Power? Posso chiederle il perché di questa scelta?
R.- Quello è stato un brano inciso nel 1976, ed è stato un successo mondiale tranne che in Italia. L’ho inserito quasi per sfida, come a dire: “ qui c’è un brano che potrebbe interessarvi, un brano che avete lasciato passare inosservato”. Sai, come dicono a Roma: “ io so de coccio” non cambio facilmente idea, e quando sono convinto di un’opera che nasce dall’anima non la butto via. Io vado a goccia a goccia e si sa che la goccia spacca la roccia.
D.- Circa un mese fa, in occasione del suo 71° compleanno Lei ha fatto un concerto il cui ricavato è andato in beneficenza a favore dei bambini cambogiani. Un bellissimo regalo per un compleanno. Ce ne parla?
R.- Molto spesso penso che dare sia più importante che avere. Molto spesso penso che un seme nella terra possa darti del frutto e se non metti il seme il frutto rimane soltanto nel pensiero. Io do perché mi piace dare, perché sono nato in una famiglia dove il dare era un piacere biblico, un dovere biblico e soprattutto cristiano. Sono però molto attento a chi dare, perché devi scegliere la gente giusta, quelli che veramente ne hanno bisogno, e purtroppo sono in tanti. Quando ho visto l’ immagine di questi bambini cambogiani che sì, stanno su questa terra e vivono, mi sono chiesto: “ ma che vita fanno? Come vivono? Come sono costretti a vivere? Perché deve essere una costrizione vivere”? La vita deve essere anche un piacere, soprattutto nell’età dell’infanzia, invece per questi bambini non è così e non si può restare indifferenti. Mesi fa, un mio amico che ha una figlia che ha deciso di diventare una suora laica e di trasferirsi in Cambogia per aiutare i bambini bisognosi, mi ha chiamato e mi ha fatto vedere quella realtà. Allora mi sono detto che visto che la figlia del mio amico aiuta quei bambini tutti i giorni per tutto il giorno, io avrei potuto sicuramente dedicare loro una giornata, forse importante, però in quel momento è stato più giusto dare qualche cosa di più per loro. Meglio fare regali che riceverli.
D.- Lei oggi è in Abruzzo. Domani 21 aprile 2009 è invece il titolo di una canzone scritta da lei e da altri 56 artisti dopo il disastroso terremoto avvenuto all’Aquila il 6 aprile 2009. Sono passati 5 anni. Sa che buona parte del centro storico dell’aquila è ancora inagibile?
R.- Vogliamo chiamare la politica? Vogliamo chiamare la burocrazia, vogliamo dire che l’Italia è un paese veramente strano? Vogliamo parlare di questi mali? C’è un presidente italiano, c’è un presidente del Consiglio, c’è il ministro degli interni, c’è una marea di gente…ma è possibile che non riescano a fare un qualche cosa di sano visto che i fondi sono arrivati da più parti del mondo? Perché non fanno niente? Perché bloccano? Sono più attenti alle mazzette? Mi auguro di no. Ne abbiamo le scatole piene di queste storie qua! Io mi auguro che il popolo alla fine insorga. Abbiamo visto tutto quello che è successo e ancora stiamo fermi! Nomi e cognomi che hanno riempito pagine e pagine di giornali, avranno restituito pochi euro di ciò che hanno preso a favore dello Stato italiano? Questo è un punto di domanda cui mi piacerebbe ricevere una risposta da chi sa di queste cose, o che dovrebbe sapere di queste cose. L’Aquila dopo tanti anni è ancora così, una città dove uno non può entrare a casa sua. Siamo costretti ad assistere allo spettacolo di una città morta? Più che morta uccisa due volte, una per la forza naturale e la seconda per l’inerzia della gente. È terribile.
D.- Il 14 giugno Lei ha partecipato a una manifestazione svolta a Roma per chiedere la liberazione dei marò italiani ancora illegalmente detenuti in India. Cosa pensa di questa situazione?
R.- Anche questa storia è assurda. Ci sono due militari italiani che prestavano servizio a favore della Nazione Italia. E’ successa una terribile disgrazia, non l’hanno voluta ma è successa, e noi li abbandoniamo prigionieri in un’altra terra perché l’incidente è successo in acque internazionali? L’Italia anche lì dov’è? L’apparato statale dov’è? Meno male che il popolo indiano invece di tenerli in una prigione indiana li sta tenendo nell’ambasciata, ma in ogni caso sempre di prigionia si tratta. Meno male che possono parlare con Skype e con tutti gli altri mezzi di comunicazione, però le mura di casa tua, anche se piccole, anche se disadorne hanno un sapore che un’ambasciata non potrà mai avere. Ma ripeto, meno male che hanno dato loro questa prigione dorata.
D.- Progetti per un nuovo album?
R.- Per ora no. E’ uscito questo che ha per titolo “ i capolavori di papà Al Bano”. Invito tutti, almeno ad ascoltarlo perché è molto interessante.
D.- Questa estate Lei è in tour, le date, lo ricordiamo, si trovano sul suo sito ufficiale che è…?
R. Ah, bella domanda questa. Qual è il sito ufficiale? Io sono nato nel secolo scorso
D.- Lo ricordiamo noi per i lettori: www.albanocarrisi.eu/
D.- Ha una pagina Facebook?
R.- Onestamente un computer non so nemmeno come si accende, ma perché mi rifiuto di imparare.
D.- Come mai ha deciso di stare fuori dalla tecnologia?
R.- Sono nato in un’epoca in cui non c’erano i computer e vivevo da Dio e voglio continuare a vivere da Dio
Grazie Al Bano. A presto…
intervista di Simona Santullo
Al Bano nasce a Cellino san Marco (Br) in Puglia, il 20 maggio del 1943. Fin da bambino ha amato la musica, tanto da farne la sua vocazione e successivamente la sua principale professione. L’enorme successo e la sua indiscutibile celebrità è riconosciuta in ogni parte del mondo, ma successo e fama non gli hanno mai dato alla testa. La semplicità è certamente lo strumento migliore per comunicare emozioni e sentimenti e Al Bano, nonostante la notorietà è rimasto un uomo semplice che si racconta per quello che è attraverso la musica. Del resto, se non si è semplici, non si può essere sensibili a tutte le cose belle, uniche e importanti della vita: l’amore, la passione, la natura, la famiglia.
D.- Lei ha iniziato a fare musica da giovanissimo, aveva appena dodici anni e scrisse: “ Addio Sicilia”. Che ricordi ha di quel periodo?
R.- Fantastici. Vivevo sulle nuvole, vivevo nella fabbrica dei sogni, costruivo il mio immaginario futuro e devo dire che tutto ciò che sognavo allora, si è materializzato nel tempo.
D.- A sedici anni è emigrato a Milano in cerca di fortuna e lì entra in contatto con il Clan Celentano. Com’è stata la vita da musicista alle prime armi in quel periodo?
R.- In quel periodo lavoravo su una catena di montaggio e c’era un’etichetta discografica che si chiamava Fantasy, che era in società con il fratello di Celentano e Miki Del Prete, l’autore di Adriano. Ho fatto il provino, sono piaciuto, mi hanno stipulato un contratto e ho incominciato le mie prime serate con Adriano Celentano. Ovviamente lui non sapeva neanche chi fossi, non sapeva niente di me. Quando l’ho visto per la prima volta, stavo incidendo: “Tutto l’oro del mondo” e lui mi chiese se poteva essere presente durante la registrazione. Per me fu un sogno avere Adriano lì, avevo cantato per lui e lui non se ne era neanche accorto, quindi averlo lì, in sala d’incisione… è stato fantastico. La cosa bella è che siamo rimasti veramente amici, non ci frequentiamo quasi mai, però telepaticamente so che abbiamo una grande stima l’uno per l’altro, e questa è una cosa fantastica, un bel traguardo.
D.- Il grande successo arriva nel 1967 con “ Nel sole” che raggiunse il primo posto nelle classifiche di vendita. La stampa parlò di Lei come di un “secondo Claudio Villa” e dato l’enorme successo “ nel sole” divenne anche un film. Lei e la sua famiglia come avete vissuto la notorietà e il successo finalmente arrivato e meritato?
R.- Mi ricordo una frase: “Questo ragazzo ha l’oro in gola”. A) non se lo aspettavano; B) erano impreparati; c) non si sono mai montati la testa.
D.- Dal 1967 a oggi ha inciso più di ventitré album, oltre tutti i 45 giri e i cd singoli. A quale dei suoi album è più legato?
R.- A tutti perché sono pagine della mia esistenza, sia quella positiva, sia quella strafelice, sia quella di profonda tristezza. Mi racconto per quello che sono attraverso la musica.
D.- Nella sua carriera ha partecipato a 15 manifestazioni sanremesi. Cosa la lega a Sanremo?
R.- Sanremo era il sogno e come ho detto all’inizio, vivevo di sogni e tra questi sogni c’era Sanremo. Sognavo di arrivarci e Sanremo era una trasmissione che catalizzava intellettuali, operai, contadini, preti, atei, era un qualche cosa d’incredibile che piano piano nel tempo sono riusciti a rovinare. Sanremo nasce da una gara, è sempre stata una gara importante, ha visto i più grandi cantanti del mondo, poi è iniziato il disfacimento, mettendo soubrette, mettendo tutto quello che non c’entra niente con il Festival. Grande rispetto, sia ben chiaro, però in questo modo si esce fuori da quella che è l’essenza stessa del Festival. Quando guardo Amici, quando guardo X factor, vedo la gara e la competizione. Lì la gara l’hanno presa, esiste ed è ancora viva. Su Sanremo che era il papà e la mamma delle gare hanno fatto un lifting sbagliatissimo e soprattutto hanno fatto un’operazione di disfacimento e mi auguro che qualcuno se ne renda conto, che qualcuno se ne accorga, perché se togli la gara a Sanremo, hai ammazzato Sanremo.
D.- Lei è quindi favorevole ai talent show?
R.- Assolutamente sì perché fanno bene a chi vuole fare questo mestiere. Attenzione, nei talent show ci sono dei talenti alle spalle dei ragazzi che sono straordinari, ci sono dei coach di tutto rispetto. I ragazzi che hanno voglia di imparare e che hanno voglia di vivere quell’esperienza escono da una scuola di tutto rispetto. I talent sono una scuola vera e propria, sia essa di canto, di ballo di televisione, come si fa a dire di no. Mi chiedo: “ dov’è il male?” non c’è. Per un ragazzo che aspira a fare l’artista, quella è la migliore scuola e la migliore palestra, in più fatta come una gara, perché poi la è vita sostanzialmente una gara.
D.- Il suo ultimo album “ I capolavori di papà Al Bano” è una raccolta di successi con due inediti: “ ciao papà” e “madre mia”. Vuole parlarci di queste due canzoni?
R.- Più che parlarne dovrei dire: “ ascoltatele e poi parliamone”.
D.- Nell’album ha inserito anche una canzone dove duetta con la splendida Romina Power? Posso chiederle il perché di questa scelta?
R.- Quello è stato un brano inciso nel 1976, ed è stato un successo mondiale tranne che in Italia. L’ho inserito quasi per sfida, come a dire: “ qui c’è un brano che potrebbe interessarvi, un brano che avete lasciato passare inosservato”. Sai, come dicono a Roma: “ io so de coccio” non cambio facilmente idea, e quando sono convinto di un’opera che nasce dall’anima non la butto via. Io vado a goccia a goccia e si sa che la goccia spacca la roccia.
D.- Circa un mese fa, in occasione del suo 71° compleanno Lei ha fatto un concerto il cui ricavato è andato in beneficenza a favore dei bambini cambogiani. Un bellissimo regalo per un compleanno. Ce ne parla?
R.- Molto spesso penso che dare sia più importante che avere. Molto spesso penso che un seme nella terra possa darti del frutto e se non metti il seme il frutto rimane soltanto nel pensiero. Io do perché mi piace dare, perché sono nato in una famiglia dove il dare era un piacere biblico, un dovere biblico e soprattutto cristiano. Sono però molto attento a chi dare, perché devi scegliere la gente giusta, quelli che veramente ne hanno bisogno, e purtroppo sono in tanti. Quando ho visto l’ immagine di questi bambini cambogiani che sì, stanno su questa terra e vivono, mi sono chiesto: “ ma che vita fanno? Come vivono? Come sono costretti a vivere? Perché deve essere una costrizione vivere”? La vita deve essere anche un piacere, soprattutto nell’età dell’infanzia, invece per questi bambini non è così e non si può restare indifferenti. Mesi fa, un mio amico che ha una figlia che ha deciso di diventare una suora laica e di trasferirsi in Cambogia per aiutare i bambini bisognosi, mi ha chiamato e mi ha fatto vedere quella realtà. Allora mi sono detto che visto che la figlia del mio amico aiuta quei bambini tutti i giorni per tutto il giorno, io avrei potuto sicuramente dedicare loro una giornata, forse importante, però in quel momento è stato più giusto dare qualche cosa di più per loro. Meglio fare regali che riceverli.
D.- Lei oggi è in Abruzzo. Domani 21 aprile 2009 è invece il titolo di una canzone scritta da lei e da altri 56 artisti dopo il disastroso terremoto avvenuto all’Aquila il 6 aprile 2009. Sono passati 5 anni. Sa che buona parte del centro storico dell’aquila è ancora inagibile?
R.- Vogliamo chiamare la politica? Vogliamo chiamare la burocrazia, vogliamo dire che l’Italia è un paese veramente strano? Vogliamo parlare di questi mali? C’è un presidente italiano, c’è un presidente del Consiglio, c’è il ministro degli interni, c’è una marea di gente…ma è possibile che non riescano a fare un qualche cosa di sano visto che i fondi sono arrivati da più parti del mondo? Perché non fanno niente? Perché bloccano? Sono più attenti alle mazzette? Mi auguro di no. Ne abbiamo le scatole piene di queste storie qua! Io mi auguro che il popolo alla fine insorga. Abbiamo visto tutto quello che è successo e ancora stiamo fermi! Nomi e cognomi che hanno riempito pagine e pagine di giornali, avranno restituito pochi euro di ciò che hanno preso a favore dello Stato italiano? Questo è un punto di domanda cui mi piacerebbe ricevere una risposta da chi sa di queste cose, o che dovrebbe sapere di queste cose. L’Aquila dopo tanti anni è ancora così, una città dove uno non può entrare a casa sua. Siamo costretti ad assistere allo spettacolo di una città morta? Più che morta uccisa due volte, una per la forza naturale e la seconda per l’inerzia della gente. È terribile.
D.- Il 14 giugno Lei ha partecipato a una manifestazione svolta a Roma per chiedere la liberazione dei marò italiani ancora illegalmente detenuti in India. Cosa pensa di questa situazione?
R.- Anche questa storia è assurda. Ci sono due militari italiani che prestavano servizio a favore della Nazione Italia. E’ successa una terribile disgrazia, non l’hanno voluta ma è successa, e noi li abbandoniamo prigionieri in un’altra terra perché l’incidente è successo in acque internazionali? L’Italia anche lì dov’è? L’apparato statale dov’è? Meno male che il popolo indiano invece di tenerli in una prigione indiana li sta tenendo nell’ambasciata, ma in ogni caso sempre di prigionia si tratta. Meno male che possono parlare con Skype e con tutti gli altri mezzi di comunicazione, però le mura di casa tua, anche se piccole, anche se disadorne hanno un sapore che un’ambasciata non potrà mai avere. Ma ripeto, meno male che hanno dato loro questa prigione dorata.
D.- Progetti per un nuovo album?
R.- Per ora no. E’ uscito questo che ha per titolo “ i capolavori di papà Al Bano”. Invito tutti, almeno ad ascoltarlo perché è molto interessante.
D.- Questa estate Lei è in tour, le date, lo ricordiamo, si trovano sul suo sito ufficiale che è…?
R. Ah, bella domanda questa. Qual è il sito ufficiale? Io sono nato nel secolo scorso
D.- Lo ricordiamo noi per i lettori: www.albanocarrisi.eu/
D.- Ha una pagina Facebook?
R.- Onestamente un computer non so nemmeno come si accende, ma perché mi rifiuto di imparare.
D.- Come mai ha deciso di stare fuori dalla tecnologia?
R.- Sono nato in un’epoca in cui non c’erano i computer e vivevo da Dio e voglio continuare a vivere da Dio
Grazie Al Bano. A presto…
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