La pace in Medio Oriente, la Chiesa al servizio dei poveri, la riforma del Vaticano e ancora la rinuncia di Benedetto XVI, Pio XII e l’Olocausto e le storture dell’attuale sistema economico mondiale.
Radio Vaticana - Sono alcuni dei temi principali affrontati da Papa Francesco in una lunga intervista con il giornale spagnolo “La Vanguardia”, pubblicata oggi. Il Papa confida di voler essere ricordato “come una buona persona che ha fatto il possibile”. E sui Mondiali di Calcio, appena cominciati, scherza: “I brasiliani mi hanno chiesto di essere neutrale e io mantengo la parola”. Alcuni passaggi forti di questa ampia intervista nel servizio di Alessandro Gisotti: ascolta
La violenza in nome di Dio” è “una contraddizione” che “non corrisponde al nostro tempo”. E’ quanto afferma Papa Francesco all’inizio della sua ampia intervista a “La Vanguardia”. Il Pontefice denuncia il fondamentalismo, rischio presente in tutte le religioni e si sofferma sulla "Invocazione per la pace" con i presidenti israeliano e palestinese. Francesco confida che all’inizio in Vaticano “il 99% diceva che non si sarebbe fatto, poi l’1% è cresciuto”. Non era “per nulla un atto politico”, evidenzia, ma un “atto religioso” per “aprire una finestra sul mondo”. Il Papa mette inoltre in guardia dall’antisemitismo: “E' una pazzia negare l’Olocausto”. E afferma che “non si può essere un vero cristiano, se non si riconoscono le proprie radici ebraiche”. Il dialogo tra cristiani ed ebrei, annota, è “una sfida, una patata bollente, ma si può fare come fratelli”. Su Papa Pacelli, Francesco si dice sicuro che l’apertura degli Archivi farà “molta luce”. “Sul povero Pio XII – constata – è stato tirato fuori di tutto. Ma dobbiamo ricordare che prima lo si vedeva come il grande difensore degli ebrei”. E ricorda che ne ha nascosti molti nei conventi di Roma e di altre città italiane, e anche nella residenza estiva di Castel Gandolfo. “Non voglio dire che Pio XII non abbia commesso errori, io stesso ne commetto molti – ammette il Pontefice – però il suo ruolo va letto nel contesto della sua epoca”.
Francesco risponde dunque ad una domanda sulla Chiesa e i poveri. La “povertà e l’umiltà – rammenta – sono al centro del Vangelo”, in “senso teologico, non sociologico”. “Non si può comprendere il Vangelo – ribadisce – senza povertà, che va però distinta dal pauperismo”. I vescovi, soggiunge, devono essere “servitori” e non “principi”. Ma il Papa non manca di denunciare alcuni mali del sistema economico mondiale, al centro del quale – avverte – “abbiamo messo il denaro” e così cadiamo “nel peccato di idolatria”. Ribadisce che si trattano giovani e anziani come “scarti” e si dice molto preoccupato per la disoccupazione giovanile. In Europa, osserva, ci sono 75 milioni di giovani disoccupati e questa “è una barbarie”. Il Papa denuncia che “per mantenere un sistema economico che non sta più in piedi” si deve “fare la guerra” e visto che “non si può fare la Terza Guerra Mondiale” allora “si fanno guerre locali”. Così, ammonisce, “si fabbricano e si vendono armi” per “sanare i bilanci delle economie idolatriche”.
Il Pontefice si sofferma poi sulla riforma della Curia. “Non ho alcuna illuminazione, non ho alcun progetto personale”, confida: “Ciò che sto facendo è realizzare quello su cui i cardinali hanno riflettuto nelle Congregazioni generali prima del Conclave”. Una decisione importante, evidenzia, “era stata che il futuro Papa doveva poter contare su un consiglio esterno, un gruppo di consiglieri che non vivesse in Vaticano”. Quello che ora è chiamato il “Consiglio degli 8”. Papa Francesco risponde anche a una domanda se si senta un “rivoluzionario”. Per me, afferma, “la grande rivoluzione è andare alle radici”, “credo che il modo per fare veri cambiamenti sia partire dall'identità”.
A proposito del suo essere percepito come un parroco dalla gente, riconosce che la dimensione del parroco è quella che più risponde alla sua vocazione. “Servire la gente – sottolinea – mi viene da dentro”. “Ma – avverte – mi sento anche Papa. Mi aiuta a fare le cose con serietà”. “Non si deve giocare al Papa-parroco – soggiunge – sarebbe da immaturi. Quando arriva un capo di Stato, devo riceverlo con la dignità e il protocollo che merita. È vero che con il protocollo ho i miei problemi, però va rispettato”. Papa Francesco ammette invece che non vuole barriere quando si tratta di incontrare la gente. “So che mi può succedere qualcosa – rileva – però sta tutto nelle mani di Dio”. Il Pontefice ricorda che in Brasile gli avevano preparato la papamobile chiusa. “Io però – afferma – non posso salutare un popolo e dirgli che lo amo da dentro una scatola di sardine”, “per me questo è un muro”.
Radio Vaticana - Sono alcuni dei temi principali affrontati da Papa Francesco in una lunga intervista con il giornale spagnolo “La Vanguardia”, pubblicata oggi. Il Papa confida di voler essere ricordato “come una buona persona che ha fatto il possibile”. E sui Mondiali di Calcio, appena cominciati, scherza: “I brasiliani mi hanno chiesto di essere neutrale e io mantengo la parola”. Alcuni passaggi forti di questa ampia intervista nel servizio di Alessandro Gisotti: ascolta
La violenza in nome di Dio” è “una contraddizione” che “non corrisponde al nostro tempo”. E’ quanto afferma Papa Francesco all’inizio della sua ampia intervista a “La Vanguardia”. Il Pontefice denuncia il fondamentalismo, rischio presente in tutte le religioni e si sofferma sulla "Invocazione per la pace" con i presidenti israeliano e palestinese. Francesco confida che all’inizio in Vaticano “il 99% diceva che non si sarebbe fatto, poi l’1% è cresciuto”. Non era “per nulla un atto politico”, evidenzia, ma un “atto religioso” per “aprire una finestra sul mondo”. Il Papa mette inoltre in guardia dall’antisemitismo: “E' una pazzia negare l’Olocausto”. E afferma che “non si può essere un vero cristiano, se non si riconoscono le proprie radici ebraiche”. Il dialogo tra cristiani ed ebrei, annota, è “una sfida, una patata bollente, ma si può fare come fratelli”. Su Papa Pacelli, Francesco si dice sicuro che l’apertura degli Archivi farà “molta luce”. “Sul povero Pio XII – constata – è stato tirato fuori di tutto. Ma dobbiamo ricordare che prima lo si vedeva come il grande difensore degli ebrei”. E ricorda che ne ha nascosti molti nei conventi di Roma e di altre città italiane, e anche nella residenza estiva di Castel Gandolfo. “Non voglio dire che Pio XII non abbia commesso errori, io stesso ne commetto molti – ammette il Pontefice – però il suo ruolo va letto nel contesto della sua epoca”.
Francesco risponde dunque ad una domanda sulla Chiesa e i poveri. La “povertà e l’umiltà – rammenta – sono al centro del Vangelo”, in “senso teologico, non sociologico”. “Non si può comprendere il Vangelo – ribadisce – senza povertà, che va però distinta dal pauperismo”. I vescovi, soggiunge, devono essere “servitori” e non “principi”. Ma il Papa non manca di denunciare alcuni mali del sistema economico mondiale, al centro del quale – avverte – “abbiamo messo il denaro” e così cadiamo “nel peccato di idolatria”. Ribadisce che si trattano giovani e anziani come “scarti” e si dice molto preoccupato per la disoccupazione giovanile. In Europa, osserva, ci sono 75 milioni di giovani disoccupati e questa “è una barbarie”. Il Papa denuncia che “per mantenere un sistema economico che non sta più in piedi” si deve “fare la guerra” e visto che “non si può fare la Terza Guerra Mondiale” allora “si fanno guerre locali”. Così, ammonisce, “si fabbricano e si vendono armi” per “sanare i bilanci delle economie idolatriche”.
Il Pontefice si sofferma poi sulla riforma della Curia. “Non ho alcuna illuminazione, non ho alcun progetto personale”, confida: “Ciò che sto facendo è realizzare quello su cui i cardinali hanno riflettuto nelle Congregazioni generali prima del Conclave”. Una decisione importante, evidenzia, “era stata che il futuro Papa doveva poter contare su un consiglio esterno, un gruppo di consiglieri che non vivesse in Vaticano”. Quello che ora è chiamato il “Consiglio degli 8”. Papa Francesco risponde anche a una domanda se si senta un “rivoluzionario”. Per me, afferma, “la grande rivoluzione è andare alle radici”, “credo che il modo per fare veri cambiamenti sia partire dall'identità”.
A proposito del suo essere percepito come un parroco dalla gente, riconosce che la dimensione del parroco è quella che più risponde alla sua vocazione. “Servire la gente – sottolinea – mi viene da dentro”. “Ma – avverte – mi sento anche Papa. Mi aiuta a fare le cose con serietà”. “Non si deve giocare al Papa-parroco – soggiunge – sarebbe da immaturi. Quando arriva un capo di Stato, devo riceverlo con la dignità e il protocollo che merita. È vero che con il protocollo ho i miei problemi, però va rispettato”. Papa Francesco ammette invece che non vuole barriere quando si tratta di incontrare la gente. “So che mi può succedere qualcosa – rileva – però sta tutto nelle mani di Dio”. Il Pontefice ricorda che in Brasile gli avevano preparato la papamobile chiusa. “Io però – afferma – non posso salutare un popolo e dirgli che lo amo da dentro una scatola di sardine”, “per me questo è un muro”.
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