In Mali circa 500.000 bambini di meno di cinque anni soffrono di malnutrizione acuta e almeno 1,5 milione di persone non ha abbastanza da mangiare: a lanciare l’allarme per una situazione umanitaria “molto grave” è il direttore delle Operazioni umanitarie delle Nazioni Unite, John Ging.
Misna - L’85% dei piccoli che patiscono per un’alimentazione troppo povera vivono nel centro-sud, più densamente popolato, dove le altalenanti attività agricole non riescono a garantire loro un corretto nutrimento. In calo del 14% la produzione di cereali del Mali mentre i prezzi degli alimenti hanno registrato un lieve aumento.
“Qui al vescovado e nelle varie missioni della chiesa cattolica vengono in tanti a chiederci un po’ di cibo. Purtroppo per noi non è una situazione nuova. Dipendiamo dai raccolti, dalle piogge, dal costo delle derrate alimentari e dagli aiuti” dice alla MISNA monsignor Georges Fonghoro, vescovo di Mopti.
Al di là dei parametri da prendere normalmente in considerazione, l’attuale insicurezza alimentare è in buona parte l’effetto diretto dell’instabilità nelle regioni del nord, già teatro di una crisi armata nel 2012-2013.
Nella vasta ed estesa regione desertica dell’Azawad, la crisi alimentare che si verifica ciclicamente è stata ulteriormente aggravata dal deteriorarsi della sicurezza, limitando la capacità della popolazione a nutrirsi, curarsi e studiare. “La situazione è estremamente fragile. E’ già negativa e potrebbe ulteriormente peggiorare” ha avvertito Ging, deplorando che finora solo il 24% dei 568 milioni di dollari di fondi richiesti per il Mali sono stati raccolti.
Anche se le violenze del mese scorso a Kidal hanno spinto alla fuga 18.000 persone e più di 150.000 altre sono ancora sfollate dopo la crisi armata, il ritorno in massa dei civili scappati dal 2012 nel centro sud del paese ha aumentato la richiesta di cibo. Nel contempo non è ripresa a pieno regime l’attività agro-pastorale per insufficienza di mezzi. Così come non è tornato alla norma il flusso commerciale dei prodotti alimentari, in particolare quelli provenienti dall’Algeria, spingendo verso l’alto il livello dei prezzi mentre i redditi sono molto bassi e gli aiuti umanitari non riescono a soddisfare la domanda. Da Gao a Timbuctù il tasso di malnutrizione supera la soglia di allerta del 10% stabilita dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
Misna - L’85% dei piccoli che patiscono per un’alimentazione troppo povera vivono nel centro-sud, più densamente popolato, dove le altalenanti attività agricole non riescono a garantire loro un corretto nutrimento. In calo del 14% la produzione di cereali del Mali mentre i prezzi degli alimenti hanno registrato un lieve aumento.
“Qui al vescovado e nelle varie missioni della chiesa cattolica vengono in tanti a chiederci un po’ di cibo. Purtroppo per noi non è una situazione nuova. Dipendiamo dai raccolti, dalle piogge, dal costo delle derrate alimentari e dagli aiuti” dice alla MISNA monsignor Georges Fonghoro, vescovo di Mopti.
Al di là dei parametri da prendere normalmente in considerazione, l’attuale insicurezza alimentare è in buona parte l’effetto diretto dell’instabilità nelle regioni del nord, già teatro di una crisi armata nel 2012-2013.
Nella vasta ed estesa regione desertica dell’Azawad, la crisi alimentare che si verifica ciclicamente è stata ulteriormente aggravata dal deteriorarsi della sicurezza, limitando la capacità della popolazione a nutrirsi, curarsi e studiare. “La situazione è estremamente fragile. E’ già negativa e potrebbe ulteriormente peggiorare” ha avvertito Ging, deplorando che finora solo il 24% dei 568 milioni di dollari di fondi richiesti per il Mali sono stati raccolti.
Anche se le violenze del mese scorso a Kidal hanno spinto alla fuga 18.000 persone e più di 150.000 altre sono ancora sfollate dopo la crisi armata, il ritorno in massa dei civili scappati dal 2012 nel centro sud del paese ha aumentato la richiesta di cibo. Nel contempo non è ripresa a pieno regime l’attività agro-pastorale per insufficienza di mezzi. Così come non è tornato alla norma il flusso commerciale dei prodotti alimentari, in particolare quelli provenienti dall’Algeria, spingendo verso l’alto il livello dei prezzi mentre i redditi sono molto bassi e gli aiuti umanitari non riescono a soddisfare la domanda. Da Gao a Timbuctù il tasso di malnutrizione supera la soglia di allerta del 10% stabilita dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.