Non risparmiare né preghiere, né sforzi per “far cessare ogni ostilità e conseguire la pace desiderata per il bene di tutti”.
Radio Vaticana - Risuonano ancora forti le parole, pronunciate subito dopo l’Angelus domenicale, con cui Papa Francesco ha esortato nuovamente alla pace in Terra Santa. Sul terreno, al settimo giorno di violenze, ancora critica la situazione, soprattutto nel nord della Striscia di Gaza. Il servizio di Giada Aquilino: ascolta
Nella drammaticità degli eventi, a parlare è l’ultimo bilancio dei palestinesi rimasti uccisi a Gaza, fornito da fonti mediche locali: oltre 170 i morti, più di 1.100 i feriti nei combattimenti fra forze israeliane e milizie locali. Fra le vittime, è elevata la percentuale di donne e di bambini fino a 16 anni di età. Secondo il direttore generale dell’Unicef, Anthony Lake, “i bambini stanno pagando il prezzo della spirale di violenza a Gaza e in Israele”; nessun piccolo - aggiunge - “dovrebbe soffrire l'impatto terrificante” di tanta crudeltà.
Nelle ultime ore sono continuati gli attacchi aerei e dell’artiglieria israeliani contro le postazioni di Hamas: colpiti pure edifici a Gaza città, Deir el-Balah e Jabaliya. In Cisgiordania, arrestati 23 palestinesi, fra i quali cinque 'legati' ad Hamas e 'indagati' - secondo le autorità - per la morte dei tre ragazzi israeliani rapiti il mese scorso. Lo Stato ebraico, attraverso il proprio esercito, ha fatto sapere che “il 70% degli israeliani vive nel raggio di gittata dei razzi di Hamas”; stamani ha abbattuto sui cieli di Ashdod un drone lanciato da Gaza. Il lancio è stato rivendicato dall'ala militare del movimento, le Brigate di Ezzedin al-Qassam.
Sul piano diplomatico, dopo che ieri a Vienna Usa, Gran Bretagna, Germania e Francia hanno discusso un piano per il cessate il fuoco, è la volta della missione in Medio Oriente del ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, che anticipa di qualche ora la visita del capo della diplomazia italiana, Federica Mogherini: Roma è presidente di turno dell’Unione Europea. Da Bruxelles è arrivato un invito alla “moderazione”, una condanna all'uso della forza e un auspicio per “un immediato cessate il fuoco”.
E mentre la diplomazia internazionale lavora per una tregua sul campo, Papa Francesco ieri ha elevato ancora una volta la propria preghiera per la pace in Terra Santa: “mai più guerra”, “con la guerra tutto è distrutto”, ha detto, ricordando pure che non è “avvenuto invano” l’incontro, tenutosi in Vaticano l’8 giugno scorso, con i presidenti israeliano Peres e palestinese Abbas, alla presenza del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. Sulle parole del Pontefice, ascoltiamo il vescovo ausiliare di Gerusalemme dei Latini, mons. William Shomali:
R. – Sono parole giuste, che continuano il messaggio per la pace lanciato durante la sua visita in Terra Santa, ma anche durante la preghiera nei Giardini Vaticani. Il suo discorso di quel momento, veramente storico, rimane sempre valido: ha detto che fare la pace richiede più sforzo che fare la guerra e che, se gli sforzi umani non riescono, c’è un’altra possibilità, la preghiera. Il Papa rimane fiducioso che il Signore può trasformare i cuori, perché il problema è soprattutto di buona volontà. Il Signore può mettere questa buona volontà nei cuori.
D. - Il Pontefice ha detto che quell’incontro nei Giardini Vaticani non è “avvenuto invano”: perché?
R. – Perché la preghiera è sempre valida. Noi credenti sappiamo che una preghiera fatta con fede ha una potenza, una forza particolare. Soprattutto, quando è fatta dai ‘nemici’ stessi. Sono sicuro che la preghiera fatta da Abbas e da Peres era sincera, perché volevano uscire da questo incubo. Ma se i risultati non si fanno vedere l’indomani, non vuol dire che non ci siano risultati.
D. - E’ passato poco più di un mese da quella preghiera: sul terreno cosa è cambiato?
R. - Questo problema dura da 80 anni, dunque un anno di più, un anno di meno, su una lunga storia non è un ritardo. L’albero di ulivo che hanno piantato insieme nei Giardini Vaticani non produrrà frutti prima di 5 anni e questa è l’immagine della preghiera: può dare frutti più tardi, non a causa di una debolezza del Signore ma a causa di una cattiva volontà umana.
D. – Le violenze continue a cosa stanno portando, da una parte e dall’altra?
R. - Portano paura, più sangue, più sfiducia, più odio. Nessuno ci guadagna da questa violenza.
D. – Nella Striscia di Gaza c’è un esodo massiccio di famiglie che - come possono, con carretti, a piedi, chi è più fortunato con le auto - cercano di arrivare a Jabaliya, il campo profughi a nord di Gaza, per trovare rifugio nelle scuole dell’Onu. Qual è la situazione?
R. – La situazione è drammatica. Il parroco di Gaza ha pubblicato una lettera in cui descrive la situazione drammatica. C’è tanta paura, i bambini sono traumatizzati. Molte famiglie hanno perso la casa, molte non hanno cibo, non hanno soldi, non hanno acqua, non hanno elettricità. Sono sotto i colpi della guerra.
D. - I bilanci di queste ore rivelano che fra le vittime è elevata la percentuale di donne e bambini…
R. - Il bilancio cambia ogni giorno, ma non si può mettere in cifre la sofferenza.
D. - Come la Chiesa di Terra Santa è vicina alla popolazione?
R. - Quando potremo andare a visitare Gaza porteremo un po’ di aiuto umanitario. Ma sono gli Stati che hanno più mezzi per aiutare. Già l’Arabia Saudita è disposta a mandare aiuti per i poveri di Gaza, per la Croce Rossa di Gaza. Ma spero che quando ci sarà il cessate il fuoco noi, come vescovi, potremo andare a visitare la gente e dire loro che non li abbiamo dimenticati.
D. - In questo panorama di sofferenza, c’è un’immagine nella sua mente che può dare speranza per il futuro?
R. - Adesso la mia mente è sotto l’incubo di quelle immagini negative, ma la mia fede mi dice che il Signore è più pietoso degli uomini e Lui non permetterà che questa sofferenza duri: il Signore sente il grido degli offesi.
Radio Vaticana - Risuonano ancora forti le parole, pronunciate subito dopo l’Angelus domenicale, con cui Papa Francesco ha esortato nuovamente alla pace in Terra Santa. Sul terreno, al settimo giorno di violenze, ancora critica la situazione, soprattutto nel nord della Striscia di Gaza. Il servizio di Giada Aquilino: ascolta
Nella drammaticità degli eventi, a parlare è l’ultimo bilancio dei palestinesi rimasti uccisi a Gaza, fornito da fonti mediche locali: oltre 170 i morti, più di 1.100 i feriti nei combattimenti fra forze israeliane e milizie locali. Fra le vittime, è elevata la percentuale di donne e di bambini fino a 16 anni di età. Secondo il direttore generale dell’Unicef, Anthony Lake, “i bambini stanno pagando il prezzo della spirale di violenza a Gaza e in Israele”; nessun piccolo - aggiunge - “dovrebbe soffrire l'impatto terrificante” di tanta crudeltà.
Nelle ultime ore sono continuati gli attacchi aerei e dell’artiglieria israeliani contro le postazioni di Hamas: colpiti pure edifici a Gaza città, Deir el-Balah e Jabaliya. In Cisgiordania, arrestati 23 palestinesi, fra i quali cinque 'legati' ad Hamas e 'indagati' - secondo le autorità - per la morte dei tre ragazzi israeliani rapiti il mese scorso. Lo Stato ebraico, attraverso il proprio esercito, ha fatto sapere che “il 70% degli israeliani vive nel raggio di gittata dei razzi di Hamas”; stamani ha abbattuto sui cieli di Ashdod un drone lanciato da Gaza. Il lancio è stato rivendicato dall'ala militare del movimento, le Brigate di Ezzedin al-Qassam.
Sul piano diplomatico, dopo che ieri a Vienna Usa, Gran Bretagna, Germania e Francia hanno discusso un piano per il cessate il fuoco, è la volta della missione in Medio Oriente del ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, che anticipa di qualche ora la visita del capo della diplomazia italiana, Federica Mogherini: Roma è presidente di turno dell’Unione Europea. Da Bruxelles è arrivato un invito alla “moderazione”, una condanna all'uso della forza e un auspicio per “un immediato cessate il fuoco”.
E mentre la diplomazia internazionale lavora per una tregua sul campo, Papa Francesco ieri ha elevato ancora una volta la propria preghiera per la pace in Terra Santa: “mai più guerra”, “con la guerra tutto è distrutto”, ha detto, ricordando pure che non è “avvenuto invano” l’incontro, tenutosi in Vaticano l’8 giugno scorso, con i presidenti israeliano Peres e palestinese Abbas, alla presenza del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. Sulle parole del Pontefice, ascoltiamo il vescovo ausiliare di Gerusalemme dei Latini, mons. William Shomali:
R. – Sono parole giuste, che continuano il messaggio per la pace lanciato durante la sua visita in Terra Santa, ma anche durante la preghiera nei Giardini Vaticani. Il suo discorso di quel momento, veramente storico, rimane sempre valido: ha detto che fare la pace richiede più sforzo che fare la guerra e che, se gli sforzi umani non riescono, c’è un’altra possibilità, la preghiera. Il Papa rimane fiducioso che il Signore può trasformare i cuori, perché il problema è soprattutto di buona volontà. Il Signore può mettere questa buona volontà nei cuori.
D. - Il Pontefice ha detto che quell’incontro nei Giardini Vaticani non è “avvenuto invano”: perché?
R. – Perché la preghiera è sempre valida. Noi credenti sappiamo che una preghiera fatta con fede ha una potenza, una forza particolare. Soprattutto, quando è fatta dai ‘nemici’ stessi. Sono sicuro che la preghiera fatta da Abbas e da Peres era sincera, perché volevano uscire da questo incubo. Ma se i risultati non si fanno vedere l’indomani, non vuol dire che non ci siano risultati.
D. - E’ passato poco più di un mese da quella preghiera: sul terreno cosa è cambiato?
R. - Questo problema dura da 80 anni, dunque un anno di più, un anno di meno, su una lunga storia non è un ritardo. L’albero di ulivo che hanno piantato insieme nei Giardini Vaticani non produrrà frutti prima di 5 anni e questa è l’immagine della preghiera: può dare frutti più tardi, non a causa di una debolezza del Signore ma a causa di una cattiva volontà umana.
D. – Le violenze continue a cosa stanno portando, da una parte e dall’altra?
R. - Portano paura, più sangue, più sfiducia, più odio. Nessuno ci guadagna da questa violenza.
D. – Nella Striscia di Gaza c’è un esodo massiccio di famiglie che - come possono, con carretti, a piedi, chi è più fortunato con le auto - cercano di arrivare a Jabaliya, il campo profughi a nord di Gaza, per trovare rifugio nelle scuole dell’Onu. Qual è la situazione?
R. – La situazione è drammatica. Il parroco di Gaza ha pubblicato una lettera in cui descrive la situazione drammatica. C’è tanta paura, i bambini sono traumatizzati. Molte famiglie hanno perso la casa, molte non hanno cibo, non hanno soldi, non hanno acqua, non hanno elettricità. Sono sotto i colpi della guerra.
D. - I bilanci di queste ore rivelano che fra le vittime è elevata la percentuale di donne e bambini…
R. - Il bilancio cambia ogni giorno, ma non si può mettere in cifre la sofferenza.
D. - Come la Chiesa di Terra Santa è vicina alla popolazione?
R. - Quando potremo andare a visitare Gaza porteremo un po’ di aiuto umanitario. Ma sono gli Stati che hanno più mezzi per aiutare. Già l’Arabia Saudita è disposta a mandare aiuti per i poveri di Gaza, per la Croce Rossa di Gaza. Ma spero che quando ci sarà il cessate il fuoco noi, come vescovi, potremo andare a visitare la gente e dire loro che non li abbiamo dimenticati.
D. - In questo panorama di sofferenza, c’è un’immagine nella sua mente che può dare speranza per il futuro?
R. - Adesso la mia mente è sotto l’incubo di quelle immagini negative, ma la mia fede mi dice che il Signore è più pietoso degli uomini e Lui non permetterà che questa sofferenza duri: il Signore sente il grido degli offesi.
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