Ancora tensioni in Ucraina, il giorno dopo la preghiera di Papa Francesco per la popolazione stremata da un “conflitto che non accenna a placarsi”.
Radio Vaticana - Una trentina di blindati arrivati dalla Russia ha oltrepassato nelle ultime ore il confine nei pressi di Mariupol, nel sudest del Paese. Subito si sono riaccesi gli scontri. A denunciarlo fonti di Kiev, secondo cui sui mezzi campeggiano i simboli dell'autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk. Soltanto ieri, nell’anniversario dell’indipendenza ucraina del 1991, si sono tenute parate e contro-parate: a Kiev, quella voluta dal presidente Poroshenko, con i militari pronti a partire per il fronte; a Donetsk i filorussi hanno fatto sfilare circa cento prigionieri ucraini, umiliati dalla folla che lanciava sassi, petardi, bottiglie di plastica. In questo clima, si prepara il vertice di domani a Minsk tra Unione doganale (Russia, Bielorussia, Kazakhstan), Unione Europea e rappresentanti di Kiev. Il Cremlino non esclude un faccia a faccia tra il presidente russo Putin e Poroshenko. Un incontro che "sicuramente non porterà ad una svolta", ha avvertito la cancelliera tedesca Angela Merkel, tuttavia "fermamente convinta che c'è solo una soluzione politica" al conflitto. Giada Aquilino ne ha parlato con Angela Di Gregorio, docente all’Università Statale di Milano e specialista dei Paesi dell’Europa centro orientale: ascolta
R. – Le dimostrazione retoriche opposte dei giorni scorsi, in occasione soprattutto dell’anniversario dell’indipendenza, testimoniano che i toni sono ancora molto alti. Il nazionalismo è piuttosto acceso, sia nella parte occidentale sia orientale del Paese. Sicuramente il vertice di domani non produrrà alcuna soluzione definitiva, nonostante le dichiarazioni ufficiali di voler risolvere il problema. Certamente ci sono scadenze importanti da tenere in considerazione. Innanzi tutto l’autunno e poi l’inverno, quindi l’arrivo del freddo: rimane il problema energetico e se Mosca dovesse chiudere i rubinetti sarebbe disastroso, per la stessa Ucraina ma anche per i rifornimenti del resto d’Europa. Poi vi è un altro evento politico importante da considerare: cioè che a giorni vi sarà lo scioglimento della Rada ucraina, con la probabile indizione di nuove elezioni politiche, forse per il mese di ottobre; ciò a seguito della crisi di governo che si è aperta un mese fa. E’ chiaro che le elezioni politiche sono molto importanti, forse addirittura più importanti di quelle presidenziali che hanno visto l’elezione di Poroshensko, dal momento che l’attuale versione del testo costituzionale - che ha riportato in vigore la versione post rivoluzione arancione del 2004 - depotenzia il ruolo del capo dello Stato, spostando i poteri decisionali più nell’asse maggioranza parlamentare-governo.
D. – Su cosa si potrebbe trattare, ora? Su una soluzione federale per l’Ucraina?
R. – Sicuramente, potrebbe essere importante. Il federalismo rimane come una soluzione in campo, purché non sia un federalismo di tipo fittizio, come lo è di fatto quello russo, che è un federalismo sulla carta ma ha una visione molto centralista e nazionalista nella prassi politica quotidiana.
D. – In questa visione federalista, alle regioni dell’Est quali poteri potrebbero andare?
R. – Di certo va considerato il fattore linguistico, che è un fattore cruciale e che è stato uno dei motivi che ha poi favorito l’escalation della contrapposizione tra le regioni.
D. – In generale, a livello internazionale ed europeo, cosa è mancato fino adesso dal punto di vista della mediazione?
R. – Tradizionalmente la debolezza dell’Unione Europea è la mancanza di una politica estera veramente comune e coesa. E’ chiaro che anche la vacanza degli organi dell’Unione attualmente in corso non aiuta il proporsi su un piano di intermediazione, da parte dell’Unione stessa. Tra l’altro, ad una visione politica ufficiale, corrispondono poi diverse visioni economiche parziali, dei singoli Stati membri dell’Unione. E’ chiaro che ad esempio né alla Germania, né all’Italia, conviene inimicarsi la Russia da un punto di vista delle relazioni commerciali.
Radio Vaticana - Una trentina di blindati arrivati dalla Russia ha oltrepassato nelle ultime ore il confine nei pressi di Mariupol, nel sudest del Paese. Subito si sono riaccesi gli scontri. A denunciarlo fonti di Kiev, secondo cui sui mezzi campeggiano i simboli dell'autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk. Soltanto ieri, nell’anniversario dell’indipendenza ucraina del 1991, si sono tenute parate e contro-parate: a Kiev, quella voluta dal presidente Poroshenko, con i militari pronti a partire per il fronte; a Donetsk i filorussi hanno fatto sfilare circa cento prigionieri ucraini, umiliati dalla folla che lanciava sassi, petardi, bottiglie di plastica. In questo clima, si prepara il vertice di domani a Minsk tra Unione doganale (Russia, Bielorussia, Kazakhstan), Unione Europea e rappresentanti di Kiev. Il Cremlino non esclude un faccia a faccia tra il presidente russo Putin e Poroshenko. Un incontro che "sicuramente non porterà ad una svolta", ha avvertito la cancelliera tedesca Angela Merkel, tuttavia "fermamente convinta che c'è solo una soluzione politica" al conflitto. Giada Aquilino ne ha parlato con Angela Di Gregorio, docente all’Università Statale di Milano e specialista dei Paesi dell’Europa centro orientale: ascolta
R. – Le dimostrazione retoriche opposte dei giorni scorsi, in occasione soprattutto dell’anniversario dell’indipendenza, testimoniano che i toni sono ancora molto alti. Il nazionalismo è piuttosto acceso, sia nella parte occidentale sia orientale del Paese. Sicuramente il vertice di domani non produrrà alcuna soluzione definitiva, nonostante le dichiarazioni ufficiali di voler risolvere il problema. Certamente ci sono scadenze importanti da tenere in considerazione. Innanzi tutto l’autunno e poi l’inverno, quindi l’arrivo del freddo: rimane il problema energetico e se Mosca dovesse chiudere i rubinetti sarebbe disastroso, per la stessa Ucraina ma anche per i rifornimenti del resto d’Europa. Poi vi è un altro evento politico importante da considerare: cioè che a giorni vi sarà lo scioglimento della Rada ucraina, con la probabile indizione di nuove elezioni politiche, forse per il mese di ottobre; ciò a seguito della crisi di governo che si è aperta un mese fa. E’ chiaro che le elezioni politiche sono molto importanti, forse addirittura più importanti di quelle presidenziali che hanno visto l’elezione di Poroshensko, dal momento che l’attuale versione del testo costituzionale - che ha riportato in vigore la versione post rivoluzione arancione del 2004 - depotenzia il ruolo del capo dello Stato, spostando i poteri decisionali più nell’asse maggioranza parlamentare-governo.
D. – Su cosa si potrebbe trattare, ora? Su una soluzione federale per l’Ucraina?
R. – Sicuramente, potrebbe essere importante. Il federalismo rimane come una soluzione in campo, purché non sia un federalismo di tipo fittizio, come lo è di fatto quello russo, che è un federalismo sulla carta ma ha una visione molto centralista e nazionalista nella prassi politica quotidiana.
D. – In questa visione federalista, alle regioni dell’Est quali poteri potrebbero andare?
R. – Di certo va considerato il fattore linguistico, che è un fattore cruciale e che è stato uno dei motivi che ha poi favorito l’escalation della contrapposizione tra le regioni.
D. – In generale, a livello internazionale ed europeo, cosa è mancato fino adesso dal punto di vista della mediazione?
R. – Tradizionalmente la debolezza dell’Unione Europea è la mancanza di una politica estera veramente comune e coesa. E’ chiaro che anche la vacanza degli organi dell’Unione attualmente in corso non aiuta il proporsi su un piano di intermediazione, da parte dell’Unione stessa. Tra l’altro, ad una visione politica ufficiale, corrispondono poi diverse visioni economiche parziali, dei singoli Stati membri dell’Unione. E’ chiaro che ad esempio né alla Germania, né all’Italia, conviene inimicarsi la Russia da un punto di vista delle relazioni commerciali.
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