lunedì, settembre 15, 2014
Il Papa atteso domenica a Tirana - Allerta sicurezza, ma il programma non si cambia 

di Paolo Fucili 

La preoccupazione c’è, in Vaticano come ovunque, da quando si parla del Papa bersaglio potenziale di jihadisti legati ai miliziani del califfato islamico del nord Iraq. Ma di minacce “specifiche” - le chiama padre Lombardi - alla sicurezza del Santo Padre a Tirana, al momento non c'è notizia. Tanto che Francesco neppure in Albania - unico paese europeo a maggioranza musulmana - rinuncerà ad usare la “papamobile” , la consueta vettura scoperta da cui è visibile alla folla circostante, informa il portavoce vaticano. E né il programma ufficializzato i giorni scorsi, né altri dettagli dell’organizzazione han subito modifiche.

Presentazione stamane in Sala Stampa vaticana del viaggio fuori d'Italia numero 4, per la statistica, di Jorge Bergoglio, primo della serie - dopo Brasile, Terrasanta e Corea del Sud - in terra d’Europa, destinazione Albania, con partenza domenica 21 settembre alle 7.30 e rientro a Roma in serata alle 21.30, e in agenda tre incontri, una messa e la celebrazione del vespro, per sei discorsi totali, da pronunciare tutti in italiano. Viaggio breve (tanto che è in dubbio anche la consueta intervista alla stampa al seguito sul breve volo del rientro) e perciò dal programma fitto, sulle orme del predecessore San Giovanni Paolo II che sbarcò 21 anni fa sull’altra sponda dell’Adriatico, diretto a Scutari, nel nord dell’Albania, dove si concentra la minoranza cattolica locale (stimata in un 15% della popolazione). E per l’occasione anche la beata Madre Teresa di Calcutta, l’albanese (nata a Skopje, Macedonia, ma da famiglia albanese di etnia) più famosa al mondo, si presentò ad accogliere sua Santità.

 La dittatura di rigida impronta comunista, che aveva fatto dell’Albania l’unico paese orgogliosamente “ateo” del pianeta, a norma addirittura di costituzione, era crollata da quattro anni. appena. Una “sconvolgente tragedia”, la definì il Papa polacco, qualcosa di “mai registrato prima nella storia”, con privazioni “di indicibile brutalità” di elementari diritti umani, ad iniziare dalla libertà religiosa: “sembrava quasi che il mezzo più necessario per realizzare l’auspicato e sbandierato ‘paradiso sulla terra’”, sintetizzò bene Wojtyla, “fosse quello di privare l’uomo della forza che egli attinge da Cristo, forza decisamente condannata come debolezza indegna della persona”.

Delle paranoiche manie del comunismo albanese e del suo storico leader Henver Hoxha rimangono come bizzarro souvenir, sparsi in ogni dove, centinaia di migliaia di fortini, garitte, bunker e rifugi costruiti in previsione di chissà quale pericolo. Altra ossessione della tante, ma questa purtroppo assai meno innocua, fu la sistematica, spietata repressione di sentimenti religiosi e atti di culto, qualunque essi fossero. Dell’innumerevole schiera di eroici testimoni cattolici della fede, quarante potrebbero essere presto proclamati martiri, specie se il nuovo viaggio papale in Albania contribuirà a velocizzare la causa di beatificazione avviata nel 2002: due sono vescovi, una trentina i sacerdoti (tra cui francescani e gesuiti), più una religiosa e altri.

La gerarchia cattolica fu completamente annientata, nel tentativo vano di estirpare una tradizione di fede risalente all’epoca dei viaggi apostolici di san Paolo, secondo un passo della Lettera ai Romani che testimonia il suo passaggio in “Illiria”, antico nome di quelle regioni; proprio il brano che sarà appositamente letto come seconda lettura della messa celebrata da Francesco, alle 11 in piazza Madre Teresa a Tirana.

Fu appunto Giovanni Paolo II nel '93, nella cattedrale di Scutari (trasformata in precedenza in palazzetto dello sport) ad ordinare i primi quattro vescovi albanesi a distanza di decenni dalla morte dei predecessori. Erano 6 all’inizio della persecuzione, insieme a 156 sacerdoti. Di essi 64 sono i martiri, solo 30 i sopravvissuti dopo la caduta del comunismo, di cui solo uno non conobbe prigionia né lavori forzati. E di tutto ciò nessuna notizia trapelava di solito all'estero: dopo lunghissimi anni in cui nulla si seppe di certo di lui fuori dell'Albania, fu l’anziano gesuita padre Anton Luli, quando il paese riacquistò la libertà, a riferire i dati citati all’allora provinciale gesuita di Italia e Albania padre Lombardi, ora direttore della Sala stampa vaticana, che oggi li ha riportati ai cronisti.

Ai motivi che hanno spinto Francesco ad iniziare i suoi viaggi in Europa (il prossimo, Strasburgo, per parlare all'Europarlamento, è in calendario il 25 novembre) da un paese così piccolo e periferico, lui stesso ha fatto cenno conversando coi giornalisti al rientro della Corea. Anzitutto onorare il martirio di quella comunità, con ben 1820 chiese (tra cattoliche e ortodosse) distrutte, riportò: "Io ho sentito che dovevo andare: è vicino, in un giorno si fa...". Poi, non meno importante, incoraggiare la già buona convivenza tra cattolici, ortodossi e musulmani (sunniti e bektashi) anche a livello politico, in un'area come quella balcanica punteggiata invece da diversi focolai di tensione interetniche e interreligiose: "la presenza del Papa è per dire a tutti i popoli: 'ma si può lavorare insieme!'. Io l’ho sentito come se fosse un vero aiuto a quel popolo nobile".

Questa pure, dopo l'atterraggio a Tirana alle 9 (con accoglienza del Primo Ministro Edi Rama), sarà materia del discorso indirizzato alle 10 alle autorità albanesi, dopo l'usuale visita di cortesia al Presidente della Repubblica. Alla messa delle 11, l'appuntamento a cui è atteso il maggior numero di persone, seguirà la preghiera dell'Angelus e alle 13.30 un pranzo coi vescovi albanesi nella nunziatura apostolica.

Tre infine gli impegni del pomeriggio, prima del decollo alle 20 alla volta di Roma: alle 16 un incontro coi leader di altre religioni e denominazioni cristiane all'Università cattolica "Nostra Signora del Buon Consiglio" (la patrona del paese); alle 17 vespri nella cattedrale di Tirana con sacerdoti, religiosi, seminaristi ed esponenti di movimenti laicali, con testimonianze dell'epoca della persecuzione; alle 18 infine incontro coi bambini abbandonati o disagiati del Centro Betania, presenti anche rappresentanze di altri centri assistenziali.

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