mercoledì, settembre 10, 2014
Si tratta di organismi con un'evoluzione rapidissima e dalle insolite abitudini alimentari  

GreenReport - Anche se sono noti batteri che riescono a mangiare rifiuti pericolosi, altra cosa sono le scorie radioattive. Ma lo studio “Microbial degradation of isosaccharinic acid at high pH”, pubblicato su The ISME – Multidisciplinary Journal of Microbial Ecology da un team di ricercatori britannico-libanese rivela l’esistenza di alcuni organismi che sarebbero in grado di resistere e prosperare addirittura nei siti di smaltimento delle scorie radioattive.

Le ricerche condotte dagli scienziati dell’università di Manchester sottolineano su ISME che «per le scorie radioattive di livello intermedio (Intermediate-level radioactive waste – ILW) che dominano su base volumetrica l’inventario dei rifiuti radioattivi nel Regno Unito, si propone di smaltirle tramite un impianto di smaltimento geologico in profondità (geological disposal facility- GDF) multibarriere».

Come spiegano i ricercatori «l’ILW è un “wasteform” eterogeneo che contiene notevoli quantità di materiale cellulosico incassato nel calcestruzzo. Con la risaturazione dell’impianto con le acque sotterranee, domineranno le condizioni alcaline e porteranno alla degradazione chimica della cellulos, producendo una notevole quantità di co-contaminanti organici, in particolare l’acido isosaccarinico (ISA)» L’ISA a sua volta può formare complessi solubili con i radionuclidi, mobilitandoli e rappresentando così una potenziale minaccia per l’ambiente circostante o ‘far field”. Ma il team di scienziati, campionando microrganismi alcalofili in un sito che ha condizioni analoghe ad un ILW-GDF, ha scoperto che sono in grado di degradare l’ISA e di unire questa degradazione alla riduzione di elettroni che domineranno la GDF e progrediranno nella sua “open fase” aerobica.

Potrebbe essere un piccolo passo avanti per smaltire sotto terra le scorie nucleari che nessuno sa dove mettere e che nessuno vuole. Un deposito di scorie di livello intermedio occupa 364.000 m3, «sufficiente a riempire quattro Albert Halls», fanno notare i ricercatori di Manchester e che dovrà essere sigillato nel calcestruzzo prima dello smaltimento sotterraneo, ma «quando le acque sotterranee alla fine raggiungono queste scorie scarto, reagiscono con il cemento e diventano altamente alcalini. Questo cambiamento porta ad una da una serie di reazioni chimiche, innescando il breakdown dei diversi materiali a base di “cellulosa” che sono presenti in questi complessi rifiuti».

L’ISA è uno di questi prodotti e desta molta preoccupazione tra gli scienziati, «In quanto si può reagire con una vasta gamma di radionuclidi: elementi instabili e tossici che si formano durante la produzione di energia nucleare e costituiscono il componente radioattivo delle scorie nucleari. Se l’ISA si lega ai radionuclidi, come l’uranio, quindi i radionuclidi diventeranno molto più solubili e più propensi ad uscire dai sotterranei verso gli ambienti di superficie, dove potrebbero entrare nell’acqua potabile o nella catena alimentare». Ma la nuova scoperta dei batteri mangia-scorie potrebbe impedire che questo avvenga.

I campioni di terreno prelevati da un sito industriale fortemente alcalino del Peak District, che non è radioattivo ma ha subito una grave contaminazione dai rifiuti altamente alcalini delle fornaci per produrre calce, hanno rivelato la presenza di batteri specialistici “estremofili” che prosperano nelle condizioni alcaline che si dovrebbero verificare nei depositi di cemento delle scorie nucleari.

All’università di Manchester sottolineano che «gli organismi non solo si sono superbamente adattati a vivere nelle scorie di calce altamente alcaline, ma possono utilizzare l’ISA come fonte di cibo ed energia in condizioni che imitano quelli attese dentro ed intorno a siti di smaltimento delle scorie radioattive di livello intermedio. Ad esempio, quando non c’è ossigeno (uno scenario probabile nei caveau di smaltimento in sotterraneo) per aiutare questi batteri a “respirare” e ad abbattere l’ISA, questi semplici microrganismi monocellulari sono in grado di cambiare il loro metabolismo e passare a respirare, utilizzando altre sostanze chimiche nell’acqua , come il nitrato o ferro».

Il team di Manchester sta studiando questi affascinanti processi biologici che permettono ai batteri di tenersi in vita in condizioni così estreme, ma anche gli effetti stabilizzanti di questi umili batteri sulle scorie radioattive e dicono che «Lo scopo ultimo di questo lavoro è quello di migliorare la nostra comprensione dello smaltimento sotterraneo sicuro dei rifiuti radioattivi, studiando l’insolita dieta di questi microbi che si alimentano di rifiuti pericolosi».

Jonathan Lloyd della School of Earth, Atmospheric and Environmental Sciences, che ha condotto lo studio insiema a Naji M Bassil e Nicholas Bryan, evidenzia che «Siamo molto interessati a questi microrganismi del Peak District. Dato che devono essersi evoluti in pochi decenni per prosperare in un sito di calcare altamente alcalino, è molto probabile che i batteri simili si comporteranno abbastanza rapidamente nello stesso modo e si adatteranno a vivere fuori, dentro l’ISA ed intorno al cemento dove vengono sepolte le scorie nucleari. Le scorie nucleari rimarranno sepolte in profondità nel sottosuolo per molte migliaia di anni, per cui c’è abbondanza di tempo per i batteri per adattarsi».

Bisognerà vedere se i tempi di adattamento dei batteri sono compatibili con gli enormi rischi ai quali vengono sottoposti l’ambiente e le comunità umane vicine ai depositi di scorie nucleari. Lo stesso Lloyd ammette che anche i ricercatori sono al momento all’oscuro di questo, e che il prossimo passo del suo team sarà quello di vedere quale impatto hanno davvero i batteri mangia-scorie sui materiali radioattivi. L speranza è che «aiutino a mantenere materiali radioattivi fissati sotto terra attraverso le loro insolite abitudini alimentari e la loro capacità di degradare naturalmente l’ISA»


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