martedì, ottobre 21, 2014
Si è svolto sabato 11 ottobre, presso l’Università Antonianum di Roma, l’incontro con Marco Roncalli dal titolo “Giovanni XXIII: una vita segnata da san Francesco”, organizzato dall’Ordine Francescano Secolare di Sant’Antonio con l’adesione dell'Istituto Francescano di Spiritualità, il Centro Studi "San Carlo da Sezze" e il Centro Culturale Aracoeli. 

di Monica Cardarelli

Marco Roncalli oltre ad essere pronipote di san Giovanni XXIII, è anche un noto saggista di letteratura religiosa, storia della Chiesa e cultura del Novecento, a cui fra l’altro è stato assegnato da poco il premio Basilicata 2014 e dal 2010 è presidente della Fondazione "Papa Giovanni XXIII" di Bergamo.
La data scelta per l’incontro era significativa perché, oltre ad essere il giorno in cui ricorre – e quest’anno per la prima volta - la festa liturgica di san Giovanni XXIII, l’11 ottobre è il giorno in cui nel 1962 venne dato inizio al Concilio Vaticano II. Ed è anche il giorno della festa liturgica della Divina Maternità di Maria a cui papa Roncalli era molto devoto tanto da affidare l’inizio del Concilio proprio alla sua intercessione.

Ma non solo a lei, perché è noto che il 4 ottobre Giovanni XXIII si sia recato ad Assisi e a Loreto, proprio per affidare all’intercessione di san Francesco e di Maria i lavori del Concilio. La sua visita ad Assisi è solo uno dei tanti momenti della sua vita, anche in quella recedente alla sua elezione a Pontefice, in cui si è affidato all’intercessione del Santo; non va dimenticato infatti che Angelo Roncalli era Terziario francescano.

Proprio di questo ha parlato Marco Roncalli, di come cioè la vita di Angelo Roncalli prima e di papa Giovanni XXIII poi, sia stata vissuta ‘francescanamente’. È possibile, infatti, individuare nella sua vita alcuni punti fermi quali l’obbedienza, la povertà e la pace perché la sua è stata una “presenza di vita che si è alimentata in Cristo, come Francesco.”

Come Francesco ha ricercato incessantemente la carità nell’obbedienza evangelica e la propria povertà altro non era che una “compagna inseparabile vissuta in nome dell’obbedienza.” Una povertà intesa anche come mancanza di attaccamento, di gelosia ai propri progetti, perché Papa Giovanni ha avuto sempre e solo progetti di servizio alla Chiesa, non alla propria vita. Si tratta anche in questo caso di una povertà che lo fa assomigliare a Cristo povero e a Francesco.

Angelo Roncalli ha lavorato molto per la promozione della pace, sia a livello mondiale che nelle relazioni quotidiane, familiari: una pace che è relazione pacifica con se stesso e con gli altri. E questo il cardinal Roncalli l’ha vissuto in prima persona sia come Visitatore Apostolico in Bulgaria per quasi dieci anni, poi a Istanbul e in seguito come Nunzio Apostolico a Parigi e infine Patriarca di Venezia. La sua attenzione è sempre stata rivolta alla costruzione della pace: in ogni situazione, in ogni ambiente, cercare e promuovere situazioni e atteggiamenti di pace, a tutti i livelli: la lettera enciclica “Pacem in terris” che il 10 aprile 1963 papa Giovanni XXIII indirizza “a tutti gli uomini di buona volontà” ne è l’esempio.

Obbedienza, povertà e pace ma tra tutte certamente l’obbedienza è stata la parola che ha dato un ritmo a tutta la sua vita e che l’ha in qualche modo caratterizzata e da cui nascevano quasi come conseguenza la povertà e la promozione della pace.

Angelo Roncalli vicino a san Francesco, dunque, e questo lo si può leggere in tante pagine della sua vita, dai rapporti che ha avuto con tanti ‘figli di Francesco’, al suo legame con alcune ricorrenze come il Perdono d’Assisi o le Stimmate o le sue visite nei luoghi francescani come Assisi o La Verna. Più volte papa Giovanni chiedeva l’amore e l’umiltà profonda di Francesco nella sua vita ma la cosa forse più semplice e al tempo stesso efficace era la sua concretezza nella solidarietà fatta sempre in nome di Cristo e del Vangelo e la sua attenzione alle relazioni e al modo di viverle.

C’era nella vita di Roncalli il desiderio continuo di diventare santo, ma senza avere un modello di santità a cui riferirsi, piuttosto affidandosi al Signore affinchè potesse vivere la sua vita come Lui gli chiedeva, perché in quello stava la santità, nell’accettare la propria vita e viverla profondamente in comunione con Dio. Aveva, come Francesco, una familiarità alla Scrittura e al Vangelo con un approccio non razionale ma con una partecipazione vitale. Era chiaro per papa Giovanni come nel Vangelo è Cristo che parla, che è relazione, parola viva rivelatrice della volontà di Dio. Quella volontà che non si è mai stancato di cercare e di vivere nella sua vita, con semplicità. L’obbedienza alla volontà di Dio è stata per lui strada per la santità.


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