Era il 4 ottobre del 1964: l’Autostrada del Sole era compiuta (i lavori erano iniziati nel 1956). Milano raggiungeva Napoli. Il nord e il sud si toccavano. Un miracolo per l’epoca e incredibile per l’oggi: perché oggi è il fango a congiungere l’Italia.
Solo pochi giorni fa si sono celebrati i cinquant’anni dalla costruzione dell’Autostrada del Sole. Le immagini in bianco e nero sono emozionanti. Sembra davvero il Bel Paese. Chi erano quegli italiani? Domanda triste per un Italia di oggi tanto diversa e tanto stanca. Quegli uomini con pochi mezzi realizzarono un’opera grandiosa: una fascia d’asfalto lunga 755 chilometri, e persino in anticipo sui tempi previsti. Abbiamo superato l’anno duemila e urliamo nel pantano di Genova, contro i burocrati e le loro trappole cavillose (paludi di carta, di permessi, di appalti, di autorizzazioni).
Intanto altre morti si aggiungono a riempire lo spazio dedicato al turbamento.
E piovono dichiarazioni, accuse, polemiche. L’Italia che non impara è sempre quella che fa lezione.
E quanto il cielo è cupo, ecco le rovinose cadute: scivolano i ministri perché “è colpa della burocrazia” (come dire che questa si è fatta da sola, autoreferenziale e disgraziata), scivola il Primo ministro perché dice “non lasceremo soli i genovesi”. Questi, i genovesi, soli da tanti anni, non aspettano e affrontano il dramma con tanti giovani volenterosi: li chiamano “Angeli del fango”. Ma che Paese è, quel territorio, Stato e Nazione che ha bisogno degli Angeli del Fango? Un Paese che sguazza nel fango, appunto. E, peggio, si è abituato alle catastrofi. “Piove, governo ladro”, e stavolta la battuta non è un paradosso.
Un ladro di speranze e di vite schiacciate: siamo nell’epoca infinita della Salerno – Reggio Calabria.
Punto e argini a capo.
"De Docta Ignorantia" di Danilo Stefani
Solo pochi giorni fa si sono celebrati i cinquant’anni dalla costruzione dell’Autostrada del Sole. Le immagini in bianco e nero sono emozionanti. Sembra davvero il Bel Paese. Chi erano quegli italiani? Domanda triste per un Italia di oggi tanto diversa e tanto stanca. Quegli uomini con pochi mezzi realizzarono un’opera grandiosa: una fascia d’asfalto lunga 755 chilometri, e persino in anticipo sui tempi previsti. Abbiamo superato l’anno duemila e urliamo nel pantano di Genova, contro i burocrati e le loro trappole cavillose (paludi di carta, di permessi, di appalti, di autorizzazioni).
Intanto altre morti si aggiungono a riempire lo spazio dedicato al turbamento.
E piovono dichiarazioni, accuse, polemiche. L’Italia che non impara è sempre quella che fa lezione.
E quanto il cielo è cupo, ecco le rovinose cadute: scivolano i ministri perché “è colpa della burocrazia” (come dire che questa si è fatta da sola, autoreferenziale e disgraziata), scivola il Primo ministro perché dice “non lasceremo soli i genovesi”. Questi, i genovesi, soli da tanti anni, non aspettano e affrontano il dramma con tanti giovani volenterosi: li chiamano “Angeli del fango”. Ma che Paese è, quel territorio, Stato e Nazione che ha bisogno degli Angeli del Fango? Un Paese che sguazza nel fango, appunto. E, peggio, si è abituato alle catastrofi. “Piove, governo ladro”, e stavolta la battuta non è un paradosso.
Un ladro di speranze e di vite schiacciate: siamo nell’epoca infinita della Salerno – Reggio Calabria.
Punto e argini a capo.
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