mercoledì, ottobre 01, 2014
In Vaticano i sopravvissuti della strage di un anno fa a Lampedusa 

di Paolo Fucili

Forse perché sua Santità non sa, non riesce o semplicemente non vuole. Fatto sta che nessuno, in un anno e sei mesi di pontificato, ha mai sentito Francesco cantare, neppure quando la liturgia lo richiederebbe al celebrante. Dovesse non avere un’ugola sopraffina, almeno nessuno potrebbe reclamare.Poi ci sono quelli convinti di aver chissà quali doti canore, da non sospettar neppure che gli altri non gradiscano, quando la verità invece è che sopportano pietosamente, perché “nessuno ha il coraggio di dire: è meglio che stai zitto, perché ci tormenti tutti quando canti!”.

Ecco che succede, spiega Bergoglio con un esempio dei suoi, quando uno fa tutto da solo, convincendosi di aver questo o quel “carisma”; ma trattandosi in realtà di "doni" dello Spirito Santo “particolarmente preziosi per l’edificazione e il cammino della comunità cristiana”, nessuno può scoprire da solo se ne possiede (o meglio, se gliene sono stati generosamente donati) e quali. Bisogna scoprirli ognuno mettendoli al servizio di quella comunità che è la Chiesa, oggetto delle catechesi del mercoledì, da qualche settimana a questa parte, alle udienze generali del Papa.

Tema di oggi appunto, nello specifico, i cosiddetti “carismi”, per capire come riconoscerli, accoglierli e soprattutto, last but not least, se la loro “diversità” e “molteplicità”, le chiama Bergoglio, sono per la Chiesa un bene oppure un problema.

Sì, risposta, se li consideriamo secondo quella la loro accezione nel linguaggio comune: "talento, abilità naturale", che poi alla fine non si sa neppure cosa vuol dir di preciso: "di fronte a una persona particolarmente brillante e coinvolgente, si usa dire: ‘È una persona carismatica’. ‘Che cosa significa?’. ‘Non so, ma è carismatica’. E diciamo così…". Per il cristiano invece non si tratta soltanto di predisposizioni, qualità naturali: il carisma del vocabolario cattolico è piuttosto “una grazia, un dono elargito da Dio Padre attraverso l’azione dello Spirito Santo… non perché sia più bravo degli altri o perché se lo sia meritato”, dettaglio non secondario: piuttosto “è un regalo che Dio gli fa, perché con la stessa gratuità e lo stesso amore lo possa mettere a servizio dell’intera comunità”.

E siccome son doni da non tener per sé, è impossibile capire davvero da sé se ho un carisma e quale. Come appunto pensar di essere un grande cantante sfondando i timpani dei poveri ascoltatori. Oppure, ancora, "segni dell'amore di Dio per tutti i suoi figli", li chiama Bergoglio. Perciò è importante domandarsi, ognuno, "c’è qualche carisma che il Signore ha fatto sorgere in me e che i miei fratelli, nella comunità cristiana, hanno riconosciuto e incoraggiato?". Poi, secondo passo, "come mi comporto io riguardo a questo dono: lo vivo con generosità, mettendolo a servizio di tutti, oppure lo trascuro e finisco per dimenticarmene? O magari diventa in me motivo di orgoglio...?".

Nel caso ultimo, che si sappia: tutti i carismi sono importanti, ma nessuno insostituibile. Che non diventino perciò motivo di "invidia", "divisione", "gelosia", ammonisce Francesco col piglio severo di ogniqualvolta debba riprendere qualche banale ma non innocuo malvezzo che alligna all'ombra dei campanili. Una comunità sedicente cristiana non funziona così, piuttosto al contrario, vale a dire che "ogni dono ricevuto si attua pienamente quando viene condiviso con i fratelli, per il bene di tutti. Questa è la Chiesa!".

Senza dimenticare che almeno un carisma lo abbiamo tutti, assicura il Papa, ed è "la capacità di amare", da invocare oggi in specie, festa di Santa Teresa di Gesù Bambino, con l'intercessione della grande patrona delle missioni. Da annotare, come preludio all'udienza generale, l'incontro in aula Nervi coi partecipanti al pellegrinaggio a Roma delle Piccole apostole della carità, insieme all'Associazione "la nostra famiglia", il cui carisma, sulle orme del fondatore beato Luigi Monza, è l'assistenza ai disabili. Che "sia un esempio per le famiglie e per quanti hanno le responsabilità pubbliche", chiede il Papa.

Nella sua agenda odierna spiccava infine a metà pomeriggio l'incontro a Santa Marta con una quarantina di superstiti e familiari delle vittime del naufragio che il 3 ottobre 2013 costò la vita a 368 migranti, al largo di Lampedusa. Quando quella notte scamparono al fuoco divampato a bordo e all'acqua che sommerse ben presto l'imbarcazione, mai avrebbero immaginato di raccontarlo al Papa. E invece ognuno di loro, è stato riferito, ha potuto scambiar di persona qualche parola col Pontefice, che proprio a Lampedusa era stato in visita tre mesi prima di quella sciagura.

Per venerdì prossimo, primo anniversario, il comitato 3 ottobre che ha organizzato la visita di oggi in Vaticano ha in agenda un fitto programma di iniziative, a Lampedusa e non solo. "Non ci sono parole per descrivere la vostra sofferenza", si è rivolto loro Francesco, ricordando che ancora oggi sono troppe "le porte chiuse per chi è costretto a migrare", perciò "chiedo a tutti gli uomini e donne di Europa che aprano le porte del cuore". Tra i 37 migranti tutti eritrei, residenti oggi in gran parte in altri paesi europei, tanta emozione e un appello affidato al Papa, perché si possano presto identificare le salme ancora senza nome ad un anno di distanza dalla strage.


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