Si sono appena concluse le celebrazioni ufficiali per il 75mo anniversario della proclamazione di San Francesco Patrono d’Italia, occasione per riflettere sulla sua attualità.
di Monica Cardarelli
La giornata del 4 ottobre ha visto quest’anno la partecipazione di oltre 7000 pellegrini, solo 5000 provenienti dal Lazio, la regione che quest’anno ha offerto l’olio alla lampada del Santo. La celebrazione solenne si è svolta nella mattinata e ha visto la presenza di 23 cardinali, 100 sacerdoti e autorità umbre e del Lazio, mentre in rappresentanza del Governo italiano hanno partecipato il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e il Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. Iniziate la sera del 3 ottobre con il Transito alla Porziuncola , le celebrazioni si sono concluse nel pomeriggio del 4 ottobrecon i vespri solenni e la benedizione all’Italia con la Chartula della Benedizione di san Francesco. La città di Assisi è stata fraternamente e calorosamente invasa da pellegrini provenienti da tutta Italia: in migliaia si sono recati alla tomba del Santo e alla Basilica di Santa Chiara. Nei numerosi discorsi che si sono susseguiti da parte delle autorità religiose e civili sono stati sottolineati alcuni aspetti della spiritualità di san Francesco e ora che i pellegrini sono rientrati e le strade si sono svuotate, ci piace soffermarci a riflettere sull’essenza e l’attualità della vita di Francesco.
Il momento della nascita al cielo è significativo nella vita di un Santo perché racchiude tutta l’essenza di una vita: avvicinandosi alla sua morte terrena, Francesco volle essere portato alla Porziuncola perché voleva morire lì, in quel luogo così significativo per lui e per Chiara, e chiese ai frati di essere lasciato nudo sulla nuda terra. Prima di morire chiese loro di cantare, per poter ancora ascoltare la melodia della voce dei fratelli, e chiese anche i mostaccioli di frate Jacopa, per poter gustare un’ultima volta quei dolci che tanto gli piacevano. Piccole cose, che denotano l’amore e non l’attaccamento alle persone e alle cose, un modo semplice di gustare la vita in tutte le sue espressioni, lui che dopo aver pronunciato il nome di Gesù sentiva un sapore dolce sulle labbra. E prima di morire raccomandò ancora una volta ai frati di seguire sempre Madonna povertà e di non discostarsene mai.
Scendendo verso la Porziuncola, giunto a San Salvatore delle Pareti chiese che la lettiga fosse rivolta verso la città di Assisi e la benedisse: ci piace ricordare Francesco che benedice la sua città e tutte le città d’Italia e del mondo, lui che è andato sino in Terra Santa. Non si può non ricordare il primo incontro, quello che ha dato inizio alla sua conversione, a cui è stato condotto dal Signore stesso: l’incontro con il lebbroso. È dall’incontro con l’altro, con l’ultimo, con i rifiutati da tutti, con coloro che fanno ribrezzo e che tutti allontanano che nasce la vera conversione, il vero cambiamento di cuore. Da lì il percorso prosegue fino ad arrivare non solo ad accogliere gli amici come fratelli, ma anche i nemici e a perdonarli.
Francesco uomo di pace e di misericordia, ma anche uomo della sofferenza e delle stimmate. È stato richiamato più volte il pensiero di Francesco sulla perfetta letizia che non è gioia e allegria, ma accettare anche le sconfitte e gli insuccessi, le porte chiuse in faccia, senza inquietarsi. Infatti, a frate Leone Fancesco Francesco spiega che se anche tutti i maestri di Parigi e tutti i prelati d’oltralpe, gli arcivescovi e i vescovi, e anche il re di Francia e il re d’Inghilterra, fossero entrati nell’Ordine; se anche i frati andati tra gli infedeli li avessero convertiti tutti alla fede; se anche lo stesso Francesco avesse ricevuto da Dio tanta grazia da guarire gli infermi e fare miracoli, tutto questo per Francesco, non è perfetta letizia.
Ancora oggi Francesco continua a parlare a tutti noi e i suoi messaggi sono attualissimi, e non ci parlano di successo, potere, gloria o ricchezza ma di umiltà, mitezza, minorità e povertà. Questa è la sua attualità, che ci piaccia o no, perché il Vangelo che Francesco e Chiara hanno vissuto senza interpretazioni, non passa di moda. E allora ben vengano le folle di pellegrini che si riversano per le strade di Assisi e si recano sulla sua tomba per affidarsi alla sua intercessione, ben vengano le celebrazioni ufficiali per un Santo che è anche Patrono del nostro Paese, ma si ricordi sempre che questa non è perfetta letizia.
di Monica Cardarelli
La giornata del 4 ottobre ha visto quest’anno la partecipazione di oltre 7000 pellegrini, solo 5000 provenienti dal Lazio, la regione che quest’anno ha offerto l’olio alla lampada del Santo. La celebrazione solenne si è svolta nella mattinata e ha visto la presenza di 23 cardinali, 100 sacerdoti e autorità umbre e del Lazio, mentre in rappresentanza del Governo italiano hanno partecipato il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e il Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. Iniziate la sera del 3 ottobre con il Transito alla Porziuncola , le celebrazioni si sono concluse nel pomeriggio del 4 ottobrecon i vespri solenni e la benedizione all’Italia con la Chartula della Benedizione di san Francesco. La città di Assisi è stata fraternamente e calorosamente invasa da pellegrini provenienti da tutta Italia: in migliaia si sono recati alla tomba del Santo e alla Basilica di Santa Chiara. Nei numerosi discorsi che si sono susseguiti da parte delle autorità religiose e civili sono stati sottolineati alcuni aspetti della spiritualità di san Francesco e ora che i pellegrini sono rientrati e le strade si sono svuotate, ci piace soffermarci a riflettere sull’essenza e l’attualità della vita di Francesco.
Il momento della nascita al cielo è significativo nella vita di un Santo perché racchiude tutta l’essenza di una vita: avvicinandosi alla sua morte terrena, Francesco volle essere portato alla Porziuncola perché voleva morire lì, in quel luogo così significativo per lui e per Chiara, e chiese ai frati di essere lasciato nudo sulla nuda terra. Prima di morire chiese loro di cantare, per poter ancora ascoltare la melodia della voce dei fratelli, e chiese anche i mostaccioli di frate Jacopa, per poter gustare un’ultima volta quei dolci che tanto gli piacevano. Piccole cose, che denotano l’amore e non l’attaccamento alle persone e alle cose, un modo semplice di gustare la vita in tutte le sue espressioni, lui che dopo aver pronunciato il nome di Gesù sentiva un sapore dolce sulle labbra. E prima di morire raccomandò ancora una volta ai frati di seguire sempre Madonna povertà e di non discostarsene mai.
Scendendo verso la Porziuncola, giunto a San Salvatore delle Pareti chiese che la lettiga fosse rivolta verso la città di Assisi e la benedisse: ci piace ricordare Francesco che benedice la sua città e tutte le città d’Italia e del mondo, lui che è andato sino in Terra Santa. Non si può non ricordare il primo incontro, quello che ha dato inizio alla sua conversione, a cui è stato condotto dal Signore stesso: l’incontro con il lebbroso. È dall’incontro con l’altro, con l’ultimo, con i rifiutati da tutti, con coloro che fanno ribrezzo e che tutti allontanano che nasce la vera conversione, il vero cambiamento di cuore. Da lì il percorso prosegue fino ad arrivare non solo ad accogliere gli amici come fratelli, ma anche i nemici e a perdonarli.
Francesco uomo di pace e di misericordia, ma anche uomo della sofferenza e delle stimmate. È stato richiamato più volte il pensiero di Francesco sulla perfetta letizia che non è gioia e allegria, ma accettare anche le sconfitte e gli insuccessi, le porte chiuse in faccia, senza inquietarsi. Infatti, a frate Leone Fancesco Francesco spiega che se anche tutti i maestri di Parigi e tutti i prelati d’oltralpe, gli arcivescovi e i vescovi, e anche il re di Francia e il re d’Inghilterra, fossero entrati nell’Ordine; se anche i frati andati tra gli infedeli li avessero convertiti tutti alla fede; se anche lo stesso Francesco avesse ricevuto da Dio tanta grazia da guarire gli infermi e fare miracoli, tutto questo per Francesco, non è perfetta letizia.
Ancora oggi Francesco continua a parlare a tutti noi e i suoi messaggi sono attualissimi, e non ci parlano di successo, potere, gloria o ricchezza ma di umiltà, mitezza, minorità e povertà. Questa è la sua attualità, che ci piaccia o no, perché il Vangelo che Francesco e Chiara hanno vissuto senza interpretazioni, non passa di moda. E allora ben vengano le folle di pellegrini che si riversano per le strade di Assisi e si recano sulla sua tomba per affidarsi alla sua intercessione, ben vengano le celebrazioni ufficiali per un Santo che è anche Patrono del nostro Paese, ma si ricordi sempre che questa non è perfetta letizia.
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