mercoledì, ottobre 29, 2014
I movimenti popolari in udienza dal Papa 

di Paolo Fucili 

Che il “segno” sia “grande” come chi lo ha dato afferma, è poco ma sicuro, come le discussioni che solleverà, c'è da scommetterci: 200 e più delegati di “movimenti popolari”, li hanno asetticamente definiti tra i sacri palazzi, riuniti nella solenne aula vecchia del Sinodo, dove neppure il padrone di casa, papa Francesco, aveva finora messo mai piede. E dove mai, probabilmente, un predecessore aveva esortato gente di tal risma a "continuare" con "la vostra lotta" , a “rivitalizzare” le nostre democrazie col protagonismo della “grandi maggioranze”, ad animare “le strutture di governo locale, nazionale e internazionale con quel torrente di energia morale", proprio così, "che nasce dal coinvolgere gli esclusi nella costruzione del destino comune”.

Ad ascoltarlo plaudenti, per citarne alcuni, rappresentanti del centro sociale Leoncavallo di Milano, Banca etica, i “cartoneros” argentini, che vivono di carta e cartoni recuperati per strada e riciclati: e ancora, piccoli venditori ambulanti, lavoratori del “sommerso” in genere, immigrati, popolazioni indigene, braccianti agricoli, abitanti di povere e degradate periferie urbane, con provenienze dall'intero globo. Odori “di quartiere, di popolo, di lotta”, per dirla col lessico bergogliano di stamane. Con la preliminare avvertenza che l’udienza in questione, andata in scena oggi a fine mattinata, non vuol essere “ideologia”, giacché "voi", parole di Francesco accogliendo il suo insolito uditorio, "non lavorate con idee... avete i piedi nel fango e mani nella carne".

L'occasione era la tre giorni di incontro dei movimenti promossa dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. "Vogliamo che si ascolti la vostra voce che in generale si ascolta poco", ne ha sintetizzato gli intenti il relatore più atteso, passando quindi ad illustrare i "diritti sacrosanti", nientemeno, quali "tierra, techo y trabayo", nell'originale spagnolo. E chissà perché, "è strano, ma se vi parlo di questo per alcuni il Papa è comunista", classica obiezione a cui Francesco è solito opporre come oggi l'altrettanto classica, ormai, osservazione: "non si comprende che l'amore per i poveri è al centro del Vangelo!".

"Tierra", dunque, perché è un “verdaredo escàndalo” che milioni di uomini soffrano una fame “criminale” mentre si sprecano tonnellate e tonnellate di cibo, "quando la speculazione finanziaria condiziona il prezzo degli alimenti trattandoli come una merce qualsiasi". Ai movimenti attivi appunto nel rivendicare distribuzioni di terreni agricoli a piccoli coltivatori va il convinto sostegno del Papa nel nome della Dottrina sociale della Chiesa (“non lo dico solo io”) che parla di riforma agraria come “obbligo morale”, in alcuni casi.

Secondo, casa. “È curioso come nel mondo delle ingiustizie abbondino gli eufemismi”, ha annotato Bergoglio con malcelato sarcasmo riferendosi alle cosiddette “personas en situaciòn de calle”, una specie di “senza fissa dimora”, tradotto con altrettanto falso pudore. Le città “offrono innumerevoli piaceri e benessere per una minoranza felice, ma si nega una casa a migliaia di nostri vicini e fratelli, persino bambini….”. E dietro un eufemismo, Francesco dixit, c’è sempre un “delitto”; e quanto “sono crudeli”, letteralmente, “le immagini degli sgomberi forzati, delle gru che demoliscono baracche, immagini tanto simili a quelle della guerra”!.

Terzo ed ultimo, ma non in ordine di importanza, il lavoro, la “peggiore povertà materiale”, nel caso manchi, giacché come il Papa argentino ripete fino alla noia (ma sempre con più che buoni motivi), l’inattività forzosa “non permette di guadagnarsi il pane e priva della dignità”. Sotto accusa è finita così ancora una volta “la cultura dello scarto che considera l’essere umano di per sé come un bene di consumo, che si può usare e poi buttare”, “quel che succede quando al centro di un sistema economico c’è il dio denaro e non l’uomo”. E così si scartano pure bambini (“uccisi” anche “prima di nascere”), giovani, anziani.

Al cruciale tema dell'ecologia, attorno a cui ruotano non poche battaglie di questa variegata galassia di sigle e associazioni, è andato un conciso ma sferzante cenno; "un sistema econòmico incentrado en el dios dinero necesita tambien saquear ("saccheggiare", ndr) la naturaleza, para sostener el ritmo frenètico de consumo". Ultimo, immancabile "cavallo di battaglia di Bergoglio la "globalizzazione dell'indifferenza", che nel discorso di oggi suona: "cosa importa a me di quel che succede agli altri finché difendo ciò che è mio? Perché il mondo si è dimenticato di Dio...".

Un Francesco battagliero come non mai ha indirizzato così alla platea ben sette cartelle di discorso, anziché l'una o le due al massimo su cui si attesta la lunghezza media dei suoi interventi. Segno anche questo non piccolo di quanto il Papa fosse ispirato stamane, fin dai preliminari avvertimenti, pacati nella forma ma durissimi nella sostanza, a "non affrontare lo scandalo della povertà promuovendo strategie di 'contenimento'", recita la traduzione italiana, "che tranquillizzano soltanto e trasformano i poveri in esseri addomesticati e inoffensivi"; è da "ipocriti" infatti ridurre il povero alla passività magari nascondendo dietro "presunte opere altruistiche" i propri "affari e ambizioni personali".

Ai movimenti popolari protagonisti oggi della scena in Vaticano va invece un caldo invito a costruire sì "strutture sociali alternative", sul "pilastro" della "dignità umana", ma "con coraggio e anche con intelligenza, con tenacia ma senza fanatismo, con passione e non violenza, affrontando i conflitti ma senza rimanervi imprigionati". Una "rivoluzione" sì, è quel che un Papa "comunista" non può che caldeggiare, ma decisamente sui generis, Vangelo alla mano, ai capitoli 5 e 25 di Matteo. Perché "noi cristiani abbiamo qualcosa di molto bello, una linea di azione, un programma potremmo dire rivoluzionario", appunto: Beatitudini e Giudizio finale, di cui Francesco raccomanda anche oggi una meditata lettura.

Magari sgranando i rosari donati oggi a tutti i presenti, compreso il presidente boliviano Evo Morales, storico leader dei "cocaleros" suoi connazionali; omaggi anch'essi "intonati" all'atmosfera vagamente "alternativa" odierna, giacché provenienti dalla remota America latina, dove a realizzarli, ha assicurato Bergoglio in persona, sono stati appunto "artigiani, cartoneros e lavoratori dell'economia popolare".


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