martedì, febbraio 10, 2015
Presentato il «direttorio omiletico», vademecum in 156 paragrafi sulla buona predicazione. Francesco: « Molti sono i reclami in relazione a questo importante ministero e non possiamo chiudere le orecchie».

di Iacopo Scaramuzzi  

Vatican Insider -L’omelia «non è un sermone su un tema astratto», né «un’occasione, per il predicatore, di affrontare argomenti completamente slegati dalla celebrazione liturgica e dalle sue letture, o per far violenza ai testi previsti dalla Chiesa, contorcendoli per adattarli ad un’idea preconcetta», non è «un puro esercizio di esegesi biblica», «non dev’essere impiegata come tempo di testimonianza personale del predicatore», non deve limitarsi ad esprimer e «semplicemente la storia personale dell’omileta», né deve ridursi ad un carattere «puramente moralista o indottrinante». Il Vaticano ha presentato oggi un «direttorio omiletico», elaborato dalla congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti guidata, da novembre, dal cardinale guineano Robert Sarah, accelerato con Papa Francesco, pubblicato in realtà a dicembre scorso, e in cantiere già sotto Benedetto XVI, quando a capo del dicastero c’era il cardinale spagnolo Antonio Canizares Llovera. In 156 paragrafi e due appendici, questo vademecum indirizzato a tutti i vescovi, sacerdoti e seminaristi del mondo ripropone le indicazioni su come svolgere una buona predicazione e quali errori evitare.

Il cardinale Sarah, in una conf
erenza stampa in Vaticano, ha spiegato che il direttorio «non nasce senza un perché» ed ha citato, al proposito, quanto scritto da Papa Francesco nella esortazione apostolica Evangelii Gaudium (135): «Molti sono i reclami in relazione a questo importante ministero e non possiamo chiudere le orecchie. L’omelia è la pietra di paragone per valutare la vicinanza e la capacità d’incontro di un Pastore con il suo popolo. Di fatto – proseguiva il Papa – sappiamo che i fedeli le danno molta importanza; ed essi, come gli stessi ministri ordinati, molte volte soffrono, gli uni ad ascoltare e gli altri a predicare. E’ triste che sia così».

Il direttorio è articolato in due parti. Nella prima, intitolata «L’omelia e l’ambito liturgico», si descrive – spiega un decreto di presentazione – «la natura, la funzione e il contesto peculiare dell’omelia», nella seconda parte, «Ars praedicandi», «vengono esemplificate le coordinate metodologiche e contenutistiche che l’omileta deve conoscere e di cui tener conto nel preparare e pronunciare l’omelia». Seguono infine due appendici, una con i riferimenti del catechismo e la seconda con riferimenti a «testi di documenti magisteriali sull’omelia». Non si tratta, dunque, di «una raccolta di omelie già pronte né di un sussidio, come ne esistono tanti, con spiegazioni esegetiche, spirituali e pastorali intorno alle letture della messa», ha precisato padre Corrado Maggioni, sotto-segretario del dicastero, né il direttorio intende «introdurre norme nuove, ma raccoglie discipline esistenti».

Tra le varie indicazioni, il richiamo a prestare un’attenzione particolare a quelle celebrazioni dove sono presenti anche non cattolici o comunque persone che magari non vanno tutte le domeniche a messa, come i matrimoni e i funerali. Viene ribadito che l’omelia può essere tenuta «soltanto dai vescovi dai sacerdoti e dai diaconi», mentre un laico, ha spiegato padre Maggioni, può «offrire una testimonianza» tematica se nel calendario liturgico ricorre una giornata specifica, o, in senso generale, può intervenire con una «predicazione» in Chiesa ma al di fuori della «azione liturgica», che è riservata «al ministero ordinato». Quanto alla brevità dell’omelia, viene richiamato quanto scritto da Papa Francesco nella Evangelii Gaudium («deve essere breve ed evitare di sembrare una conferenza o una lezione»), ma anche quanto si legge nel Lezionario («non troppo lunga né troppo breve»). La lunghezza, ha precisato il cardinale Sarah in risposta ai giornalisti, «dipende dalla cultura dove siamo: è chiaro che in Occidente superare venti minuti sembra troppo, in Africa però venti minuti non bastano, perché la gente viene da lontano per ascoltare la parola di Dio, se un prete parla dieci o venti minti non basta». Diverso il discorso per le messe di giorno feriale, quando è comunque consigliato che si svolga un’omelia, ma poiché «l’Eucaristia quotidiana è meno solenne della liturgia domenicale e dovrebbe essere celebrata in maniera tale che quanti hanno responsabilità familiari e di lavoro possano avere l’opportunità di partecipare», è necessario che «l’omelia, in tali occasioni, sia breve». Quanto all’applicazione di queste indicazioni, «la responsabilità è dei vescovi», ha spiegato Sarah.

Il direttorio, ha detto il porporato africano, non è rivolto a uno specifico paese, perché «ci sono difficoltà di omelia dovunque», è un «problema mondiale». Mons. Arthur Roche, segretario della congregazione, da parte sua, ha ricordato un altro passaggio della evangelii Gaudium (138): «L’omelia non può essere uno spettacolo di intrattenimento, non risponde alla logica delle risorse mediatiche, ma deve dare fervore e significato alla celebrazione. E’ un genere peculiare, dal momento che si tratta di una predicazione dentro la cornice di una celebrazione liturgica». Sarà dunque un «buon omileta», ha chiosato il monsignore, «chi, attraverso la predicazione omiletica, sarà capace di fare questo: guidare a intendere gustare ciò che esce dalla bocca di Dio, aprire i cuori al rendimento di grazie a Dio, alimentare la fede in quanto lo Spirito opera per noi, adesso e qui nell’azione liturgica, preparare a una fruttuosa comunione sacramentale con Cristo, esortando a vivere quanto si è ricevuto nel sacramento», mentre «sarà un cattivo omileta chi, pur essendo magari un grande oratore, non sarà capace di suscitare questi effetti». Le omelie, ha aggiunto il vicedirettore della sala stampa vaticana, padre Ciro Benedettini, sono «croce e delizia» di ogni prete e di ogni fedele, «spesso croce più che delizia: l'importante è che non facciano addormentare i fedeli». L’omelia «deve essere il mezzo con cui il sacerdote instilla in me il desiderio di conoscere o ri-conoscere Gesù, presentandolo nel modo più diretto e chiaro, non accartocciato o parziale», ha detto da parte sua Filippo Riva, officiale del pontificio consiglio delle Comunicazioni sociali, dando voce a chi ascolta le omelie.


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