Sempre tesa la situazione del più povero Paese del Medio Oriente, teatro di uno scontro tra fazioni sciite e sunnite, dietro cui si cela la lotta per l’egemonia regionale di Riad e Teheran. Oggi l’inviato Onu proverà di nuovo l’apertura di un dialogo, fallito ieri per il rifiuto del partito di opposizione Islah che accusa gli Houthidi aver messo a segno un golpe.
Nena News - Negoziati disertati dall’opposizione, fazioni del Sud che si armano contro gli sciiti del movimento Houthi che hanno preso il potere la scorsa settimana, un presidente e un primo ministro dimissionari e al Qaeda nella Penisola arabica (Aqpa) che spadroneggia in alcune aree sud-orientali. Il quadro yemenita è uno dei più instabili del Medio Oriente e lo scenario che si staglia all’orizzonte è quello di una guerra civile che potrebbe far tornare il Paese indietro di una ventina d’anni, quando Sud e Nord erano due entità separate. La crisi ha seguito le rivolte del 2011, che hanno messo fine, con un patto di élite orchestrato dai sauditi, al trentennale regime di Saleh, ma non alle divisioni e alle rivalità interne, tra Nord e Sud, tra sciiti e sunniti, tra le tribù che vivono nella nazione più povera della regione, ma anche una delle più strategiche per l’Occidente e le potenze dell’area.
La ripresa dei negoziati sponsorizzati dalle Nazioni Unite, spinta dagli Houthi che da settembre occupano la capitale Sana’a, è stata disertata dal partito di opposizione Islah che rappresenta gli interessi dei sunniti e delle comunità tribali. Ha abbandonato il tavolo anche la più piccola fazione politica nasserista, accusando gli Houthi di voler basare il dialogo sulla “dichiarazione costituzionale” in base alla quale hanno preso il potere venerdì scorso. Il movimento sciita ha sciolto il Parlamento e ha istituito un “consiglio presidenziale” con l’intento, ha detto, di colmare il vuoto di potere determinato dalle recenti dimissioni, praticamente contemporanee, del capo dello Stato, Abd Rabbo Mansour Hadi, e del premier Khaled Bahah. Una mossa, sostengono gli Houthi, giustificata anche dalla necessità di contrastare la minaccia del potente braccio yemenita di al Qaeda.
Dalla comunità internazionale, da Washington ai Paesi del Golfo, si è alzato un coro di condanne e tutti auspicano un ritorno al proprio posto del presidente Hadi e una soluzione negoziale, che però non sembra concretizzarsi. Gli Houthi parlano di transizione, di un consiglio nazionale di 551 membri e di una commissione per la sicurezza guidata dall’ex ministro della Difesa di Hadi, il generale General Mahmoud al-Subaihi, ma sono invisi ai vicini di Riad, poiché ritenuti alleati dei nemici di Teheran. Per gli Stati Uniti, che in Yemen portano avanti una campagna militare con droni contro al Qaeda, il problema è capire con chi dovranno dialogare per proseguirla e hanno dichiarato di non condividere i piani di transizione presentati dal movimento sciita, le cui basi sono nelle zone settentrionali, al confine con l’Arabia Saudita.
Gli Houthi parlano di un piano di transizione nell’interesse di tutti gli yemeniti, ma al Sud, dove le istanze separatiste non sono mai state sopite, tira un’aria diversa e le proposte degli sciiti sono state rigettate. Nelle province meridionali gli uomini delle tribù si stanno armando per combattere conto gli Houthi, per impedire loro di espandere il proprio controllo alle regioni del Sud. Lo scontro minacciato ha tutti i connotati di una guerra civile in cui si inserisce la presenza di una delle più potenti organizzazioni qaediste della rete terroristica internazionale. Ma la presenza delle milizie di Aqpa è anche lo spauracchio che tutti, Houthi compresi, usano per giustificare le proprie mosse. In Yemen si sta consumando un scontro per l’egemonia regionale tra le potenze saudita e iraniana. L’ascesa degli Houthi alimenta i timori dei sunniti e quindi di tensioni settarie dietro cui si celano interessi geopolitici. Il Paese è geograficamente e storicamente legato anche al turbolento Corno d’Africa, da cui arrivano centinaia di migranti.
Oggi l’inviato speciale dell’Onu, Jamal Benomar, tenterà di nuovo la via del negoziato, con una bozza di accordo, riferisce il quotidiano Asharq Al-Awsat, per scongiurare un’altra guerra civile in Medio Oriente.
Nena News - Negoziati disertati dall’opposizione, fazioni del Sud che si armano contro gli sciiti del movimento Houthi che hanno preso il potere la scorsa settimana, un presidente e un primo ministro dimissionari e al Qaeda nella Penisola arabica (Aqpa) che spadroneggia in alcune aree sud-orientali. Il quadro yemenita è uno dei più instabili del Medio Oriente e lo scenario che si staglia all’orizzonte è quello di una guerra civile che potrebbe far tornare il Paese indietro di una ventina d’anni, quando Sud e Nord erano due entità separate. La crisi ha seguito le rivolte del 2011, che hanno messo fine, con un patto di élite orchestrato dai sauditi, al trentennale regime di Saleh, ma non alle divisioni e alle rivalità interne, tra Nord e Sud, tra sciiti e sunniti, tra le tribù che vivono nella nazione più povera della regione, ma anche una delle più strategiche per l’Occidente e le potenze dell’area.
La ripresa dei negoziati sponsorizzati dalle Nazioni Unite, spinta dagli Houthi che da settembre occupano la capitale Sana’a, è stata disertata dal partito di opposizione Islah che rappresenta gli interessi dei sunniti e delle comunità tribali. Ha abbandonato il tavolo anche la più piccola fazione politica nasserista, accusando gli Houthi di voler basare il dialogo sulla “dichiarazione costituzionale” in base alla quale hanno preso il potere venerdì scorso. Il movimento sciita ha sciolto il Parlamento e ha istituito un “consiglio presidenziale” con l’intento, ha detto, di colmare il vuoto di potere determinato dalle recenti dimissioni, praticamente contemporanee, del capo dello Stato, Abd Rabbo Mansour Hadi, e del premier Khaled Bahah. Una mossa, sostengono gli Houthi, giustificata anche dalla necessità di contrastare la minaccia del potente braccio yemenita di al Qaeda.
Dalla comunità internazionale, da Washington ai Paesi del Golfo, si è alzato un coro di condanne e tutti auspicano un ritorno al proprio posto del presidente Hadi e una soluzione negoziale, che però non sembra concretizzarsi. Gli Houthi parlano di transizione, di un consiglio nazionale di 551 membri e di una commissione per la sicurezza guidata dall’ex ministro della Difesa di Hadi, il generale General Mahmoud al-Subaihi, ma sono invisi ai vicini di Riad, poiché ritenuti alleati dei nemici di Teheran. Per gli Stati Uniti, che in Yemen portano avanti una campagna militare con droni contro al Qaeda, il problema è capire con chi dovranno dialogare per proseguirla e hanno dichiarato di non condividere i piani di transizione presentati dal movimento sciita, le cui basi sono nelle zone settentrionali, al confine con l’Arabia Saudita.
Gli Houthi parlano di un piano di transizione nell’interesse di tutti gli yemeniti, ma al Sud, dove le istanze separatiste non sono mai state sopite, tira un’aria diversa e le proposte degli sciiti sono state rigettate. Nelle province meridionali gli uomini delle tribù si stanno armando per combattere conto gli Houthi, per impedire loro di espandere il proprio controllo alle regioni del Sud. Lo scontro minacciato ha tutti i connotati di una guerra civile in cui si inserisce la presenza di una delle più potenti organizzazioni qaediste della rete terroristica internazionale. Ma la presenza delle milizie di Aqpa è anche lo spauracchio che tutti, Houthi compresi, usano per giustificare le proprie mosse. In Yemen si sta consumando un scontro per l’egemonia regionale tra le potenze saudita e iraniana. L’ascesa degli Houthi alimenta i timori dei sunniti e quindi di tensioni settarie dietro cui si celano interessi geopolitici. Il Paese è geograficamente e storicamente legato anche al turbolento Corno d’Africa, da cui arrivano centinaia di migranti.
Oggi l’inviato speciale dell’Onu, Jamal Benomar, tenterà di nuovo la via del negoziato, con una bozza di accordo, riferisce il quotidiano Asharq Al-Awsat, per scongiurare un’altra guerra civile in Medio Oriente.
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