Non si festeggiava solo il 205° anniversario dell’indipendenza argentina ieri in Plaza de Mayo, di fronte alla Casa Rosada, sede della presidenza della Repubblica argentina.
Misna - Era l’ultimo 25 maggio di Cristina Fernández de Kirchner come presidente, ovvero, l’ultimo del periodo kirchnerista, cominciato 12 anni fa con l’elezione alla massima carica dello Stato di suo marito, l’allora poco conosciuto governatore della regione di Santa Cruz, Néstor Kirchner. Una folla si è riunita ieri sera nella piazza per il concerto di chiusura della festa nazionale, tenuto da importanti artisti popolari nazionali e latinoamericani. Non pochi i pullman noleggiati dal partito di governo. Tra effetti di luci, fuochi d’artificio e un concerto a più voci, la presidente ha ricordato in un discorso di più di un’ora trasmesso dalla televisione nazionale i risultati di questi 12 anni e in particolare dei suoi due periodi al potere.
L’economia e il progresso sociale (le nazionalizzazioni dei fondi di pensione privati, delle Aerolineas Argentinas e della società petroliera Ypf, gli assegni familiari, l’educazione), la sovranità finanziaria (in particolare la gestione del debito pubblico dopo il default —“Abbiamo ottenuto la ristrutturazione del debito più importante di tutta la storia del mondo” — e, recentemente, nel caso dei “fondi avvoltoio” statunitensi) e il ripristino del rispetto dei diritti umani calpestati dalla dittatura sono stati i temi forti toccati da Fernández, che in vari passaggi ha approfittato per difendersi da critiche e contrattaccare oppositori.
“Molti mi guardano spaventati e mi chiedono: che succederà?” ha detto alludendo alla fine dell’era “K”. “Accadrà quello che voi volete che accada. Voi siete i padroni del vostro destino; questo è un progetto collettivo. Non può dipendere da una sola persona. Non è un discorso di continuità o cambiamento. Quelli che vogliono un cambiamento, che ci spieghino che cambiamento vogliono”, ha insistito la presidente, mentre ha riaffermato la sua convinzione che il governo che emergerà dalle presidenziali del 25 ottobre “ratificherà le politiche applicate negli ultimi 12 anni”. Non ha dimenticato, Fernández, di dare una stoccata diretta all’opposizione: “Vuol far credere alla gente che è bene che ogni quattro anni cambi tutto. Sapete perché? Perché quando ogni quattro anni cambia tutto, tutto rimane uguale”.
“Pensate: state un pochino meglio che nel 2003?”, ha poi chiesto alla folla, che ha risposto affermativamente, con cori e ritornelli canzonatori all’indirizzo degli avversari politici.
Misna - Era l’ultimo 25 maggio di Cristina Fernández de Kirchner come presidente, ovvero, l’ultimo del periodo kirchnerista, cominciato 12 anni fa con l’elezione alla massima carica dello Stato di suo marito, l’allora poco conosciuto governatore della regione di Santa Cruz, Néstor Kirchner. Una folla si è riunita ieri sera nella piazza per il concerto di chiusura della festa nazionale, tenuto da importanti artisti popolari nazionali e latinoamericani. Non pochi i pullman noleggiati dal partito di governo. Tra effetti di luci, fuochi d’artificio e un concerto a più voci, la presidente ha ricordato in un discorso di più di un’ora trasmesso dalla televisione nazionale i risultati di questi 12 anni e in particolare dei suoi due periodi al potere.
L’economia e il progresso sociale (le nazionalizzazioni dei fondi di pensione privati, delle Aerolineas Argentinas e della società petroliera Ypf, gli assegni familiari, l’educazione), la sovranità finanziaria (in particolare la gestione del debito pubblico dopo il default —“Abbiamo ottenuto la ristrutturazione del debito più importante di tutta la storia del mondo” — e, recentemente, nel caso dei “fondi avvoltoio” statunitensi) e il ripristino del rispetto dei diritti umani calpestati dalla dittatura sono stati i temi forti toccati da Fernández, che in vari passaggi ha approfittato per difendersi da critiche e contrattaccare oppositori.
“Molti mi guardano spaventati e mi chiedono: che succederà?” ha detto alludendo alla fine dell’era “K”. “Accadrà quello che voi volete che accada. Voi siete i padroni del vostro destino; questo è un progetto collettivo. Non può dipendere da una sola persona. Non è un discorso di continuità o cambiamento. Quelli che vogliono un cambiamento, che ci spieghino che cambiamento vogliono”, ha insistito la presidente, mentre ha riaffermato la sua convinzione che il governo che emergerà dalle presidenziali del 25 ottobre “ratificherà le politiche applicate negli ultimi 12 anni”. Non ha dimenticato, Fernández, di dare una stoccata diretta all’opposizione: “Vuol far credere alla gente che è bene che ogni quattro anni cambi tutto. Sapete perché? Perché quando ogni quattro anni cambia tutto, tutto rimane uguale”.
“Pensate: state un pochino meglio che nel 2003?”, ha poi chiesto alla folla, che ha risposto affermativamente, con cori e ritornelli canzonatori all’indirizzo degli avversari politici.
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