Condanna unanime all’attentato kamikaze che ha colpito nella mattinata di ieri, un centro culturale della città turca di Suruc, a soli dieci chilometri dal confine con la Siria: 30 i morti, un centinaio i feriti. A compiere l’attentato sarebbe stata una ragazza affiliata al sedicente Stato islamico. Manifestazioni di solidarietà con le vittime in tutto il Paese. Il servizio di Adriana Masotti:
Radio Vaticana - “Gli Stati Uniti condannano con forza l'odioso attacco terroristico", fa sapere la Casa Bianca. "L'Ue è vicina al popolo e al governo della Turchia, dice l'alto rappresentante per la politica estera europea, Mogherini. "Nessuna causa e nessun risentimento possono mai giustificare gli attacchi ai civili", scrive in un comunicato il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Trenta le vittime dell’attentato suicida, un centinaio i feriti, alcuni in gravi condizioni. A farsi esplodere, durante un incontro organizzato dalla Federazione delle associazioni della gioventù socialista, sarebbe stata una 18.enne vicina al sedicente Stato islamico: gli attivisti presenti, circa 300, stavano partendo per Kobane, località curda in Siria, dove avrebbero portato aiuti alla popolazione. Da Ankara, il premier turco Davutoglu ieri sera aveva affermato, che dalle prime indagini, l'attentato “diretto contro la pace, la democrazia e la stabilità di tutta la Turchia, è da attribuirsi all’Is. A rafforzare la pista jihadista è un attentato kamikaze quasi simultaneo avvenuto a Kobane dove sono rimasti uccisi due miliziani curdi delle Unità di difesa del popolo. Ieri, in tutta la Turchia manifestanti sono scesi in strada per mostrare la loro solidarietà e in alcuni casi le proteste sono degenerate in scontri con le Forze dell'ordine. Parlando dalla parte nord di Cipro, dove era in visita, il presidente turco Erdogan ha condannato questo "atto di terrorismo". Ma da più parti piovono critiche verso Ankara, giudicata troppo morbida nel contrasto ai jihadisti.
Dopo mesi di conflitto e tensione a Kobane, in Siria, al confine con la Turchia, come valutare questo attentato in pieno territorio turco? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Piero Badacchi, direttore della Rivista italiana Difesa:
R. – La Turchia, con questo episodio, paga in qualche misura 3-4 anni di politica in Siria assolutamente devastante: una politica che l’ha portata in questi anni a chiudere un occhio di fronte ai terroristi che dal proprio territorio andavano in Siria e lo ha fatto chiaramente per destabilizzare Assad. Questo mostro che, seppure indirettamente, ha contribuito a creare, in qualche misura ora gli si rivolta contro e la situazione adesso anche per la Turchia si fa oggettivamente grave. Bisognerà capire con quanta volontà la stessa Turchia cercherà di combattere questo fenomeno.
D. – Si ha la sensazione che nella lotta contro l’Is debba ancora essere trovata la strategia giusta…
R. – La strategia giusta sarebbe una strategia militarmente più aggressiva, soprattutto dal punto di vista della coalizione a guida americana, che sta conducendo la campagna aerea in Iraq e in Siria. L’altro elemento grave di debolezza è che l’Iraq è uno Stato di fatto fallito, in mano sostanzialmente alle milizie sciite e sotto l’influenza iraniana… Per cui anche l’alleato locale, che in qualche misura dovrebbe essere avvantaggiato dell’azione americana aerea, è in questo caso molto debole. E questo è un punto critico della strategia internazionale contro l’Is.
Radio Vaticana - “Gli Stati Uniti condannano con forza l'odioso attacco terroristico", fa sapere la Casa Bianca. "L'Ue è vicina al popolo e al governo della Turchia, dice l'alto rappresentante per la politica estera europea, Mogherini. "Nessuna causa e nessun risentimento possono mai giustificare gli attacchi ai civili", scrive in un comunicato il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Trenta le vittime dell’attentato suicida, un centinaio i feriti, alcuni in gravi condizioni. A farsi esplodere, durante un incontro organizzato dalla Federazione delle associazioni della gioventù socialista, sarebbe stata una 18.enne vicina al sedicente Stato islamico: gli attivisti presenti, circa 300, stavano partendo per Kobane, località curda in Siria, dove avrebbero portato aiuti alla popolazione. Da Ankara, il premier turco Davutoglu ieri sera aveva affermato, che dalle prime indagini, l'attentato “diretto contro la pace, la democrazia e la stabilità di tutta la Turchia, è da attribuirsi all’Is. A rafforzare la pista jihadista è un attentato kamikaze quasi simultaneo avvenuto a Kobane dove sono rimasti uccisi due miliziani curdi delle Unità di difesa del popolo. Ieri, in tutta la Turchia manifestanti sono scesi in strada per mostrare la loro solidarietà e in alcuni casi le proteste sono degenerate in scontri con le Forze dell'ordine. Parlando dalla parte nord di Cipro, dove era in visita, il presidente turco Erdogan ha condannato questo "atto di terrorismo". Ma da più parti piovono critiche verso Ankara, giudicata troppo morbida nel contrasto ai jihadisti.
Dopo mesi di conflitto e tensione a Kobane, in Siria, al confine con la Turchia, come valutare questo attentato in pieno territorio turco? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Piero Badacchi, direttore della Rivista italiana Difesa:
R. – La Turchia, con questo episodio, paga in qualche misura 3-4 anni di politica in Siria assolutamente devastante: una politica che l’ha portata in questi anni a chiudere un occhio di fronte ai terroristi che dal proprio territorio andavano in Siria e lo ha fatto chiaramente per destabilizzare Assad. Questo mostro che, seppure indirettamente, ha contribuito a creare, in qualche misura ora gli si rivolta contro e la situazione adesso anche per la Turchia si fa oggettivamente grave. Bisognerà capire con quanta volontà la stessa Turchia cercherà di combattere questo fenomeno.
D. – Si ha la sensazione che nella lotta contro l’Is debba ancora essere trovata la strategia giusta…
R. – La strategia giusta sarebbe una strategia militarmente più aggressiva, soprattutto dal punto di vista della coalizione a guida americana, che sta conducendo la campagna aerea in Iraq e in Siria. L’altro elemento grave di debolezza è che l’Iraq è uno Stato di fatto fallito, in mano sostanzialmente alle milizie sciite e sotto l’influenza iraniana… Per cui anche l’alleato locale, che in qualche misura dovrebbe essere avvantaggiato dell’azione americana aerea, è in questo caso molto debole. E questo è un punto critico della strategia internazionale contro l’Is.
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