venerdì, luglio 17, 2015
Greenpeace: «E' solo una tregua temporanea» ma «Piccolo passo nella giusta direzione» 

GreenReport - I cinque Stati rivieraschi del Mar Glaciale Artico centrale, – Canada, Danimarca (Groenlandia), Norvegia, Russia e Usa – hanno firmato ad Oslo una dichiarazione per proibire la pesca commerciale nel Mar Glaciale Artico centrale, nell’area che comprende il Polo Nord.
In Una nota l’amministrazione statunitense spiega che «La dichiarazione riconosce che la pesca commerciale in questa zona del Mar Glaciale Artico – che è più grande di Alaska e Texas insieme – è improbabile che si verifichi nel prossimo futuro. Tuttavia, la drastica riduzione del ghiaccio marino artico e altri cambiamenti ambientali nell’Artico, in combinazione con le conoscenze scientifiche limitate sulle risorse marine in questo settore, necessitano di un approccio precauzionale per evitare la pesca non regolamentata nella zona».

Il ministro degli Esteri norvegese Børge Brende. ha sottolineato detto che «Il cambiamento climatico sta influenzando i modelli di migrazione degli stock ittici. La Norvegia e gli altri Stati costieri dell’Oceano Artico centrale, in base alla legge del mare hanno una particolare responsabilità per seguire da vicino gli sviluppi nel centro dell’Oceano Artico. La decisione degli Stati costieri di cooperare nella ricerca per capire meglio questi sviluppi, come indicato nella dichiarazione firmata, è importante».

Per questo i 5 Paesi artici dicono che ai loro pescherecci sarà possibile pescare nell’area solo se verranno approvati, riconosciuti e attuati uno o più meccanismi internazionali per qualsiasi tipo di pesca, in conformità con gli standard internazionali riconosciuti. I Paesi firmatari della dichiarazione hanno anche intenzione di istituire un programma comune di ricerca scientifica, con l’obiettivo di migliorare la comprensione degli ecosistemi del Mar Glaciale Artico centrale .

Gli Usa dicono che questa dichiarazione si basa sulla loro iniziative del 2009 per vietare la pesca commerciale nella loro zona economica esclusiva a nord dello Stretto di Bering, almeno fino a quando non sarà disponibile una migliore informazione scientifica a supporto della gestione della pesca.

La ministra della pesca norvegese, Elisabeth Aspaker, ha ricordato che «La Norvegia ha già vietato i suoi pescatori di pescare in acque internazionali regolamentate, ma è importante che gli altri stati che si affacciano sul Mar Glaciale Artico centrale ora stiano facendo lo stesso».

La dichiarazione riconosce inoltre che altri stati possono avere interessi nel prevenire la pesca di altura non regolamentata in quest’area e e suggerisce l’avvio di un processo più ampio per sviluppare misure coerenti con la dichiarazione che includa gli impegni da parte di tutti gli Stati interessati. Tra questi ce ne sono diversi che hanno avanzato richieste riguardanti l’Artico e per il territorio artico e un collegio arbitrale 21 membri dell’Onu sta prendendo in considerazione le rivendicazioni che si concentrano in particolare sulla Lomonosov Ridge, una catena montuosa sottomarina che si estende per 1.800 km lungo che divide in due i fondali dell’Artico e ora rivendicata dalla Danimarca per conto del suo territorio semi-indipendente della Groenlandia. I contrasti non mancano: all’inizio di quest’anno, vice premier russo Dmitry Rogozin ha inaugurato una base russa alla deriva sul ghiaccio artico, facendo arrabbiare molto i norvegesi.

Le trattative sulla pesca nel Mar Glaciale Artico centrale si erano bloccate nel marzo 2014, dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia, ma le polemiche sembrano superate e Brende ha evidenziato che «Una protezione efficace degli stock ittici nel Mar Glaciale Artico centrale richiede la cooperazione tra gli Stati costieri e gli altri Stati interessati. E’ quindi importante che gli Stati costieri cerchino di coinvolgere altri Paesi in questo sforzo, al fine di impedire la pesca non regolamentata in futuro».

Sophie Allain, Arctic campaigner di Greenpeace International, ricorda che questa parte dell’l’Artico «E’ selvaggia e incontaminata e al momento è di proprietà di tutti e nessuno. Questo è l’alto mare dell’Artico, il selvaggio west del Grande Nord e uno dei nostri beni comuni globali. Ma il ghiaccio marino si sta sciogliendo e presto l’Artico sarà come gli altri oceani per gran parte dell’anno: acque libere esposte allo sfruttamento e all’industria. Le risorse che per migliaia di anni sono state bloccate dal ghiaccio diventeranno presto accessibili, e gli avvoltoi ci stanno volteggiando sopra per il pesce e il petrolio».

Per Greenpeace «E’ evidente che l’Artico ha un disperato bisogno di protezione» e l’accordo siglato ad Oslo è un passo avanti ma, come dice la Allain «E’ ben lungi dall’essere sufficiente. E’ solo una tregua temporanea. Sembra che, a lungo termine, ci sia ancora intenzione di inviare flotte da pesca verso nord. E non hanno detto nulla su altre minacce come la trivellazione petrolifera. Avevano la possibilità di fare molto di più e ci hanno defraudati».

Comunque, anche per la campainer di Greenpeace, «Si tratta di un piccolo passo, ma è nella giusta direzione. È importante sottolineare che l’accordo riguarda tutte le acque internazionali in tutto il Polo Nord – esattamente la stessa area che 7 milioni di persone hanno dichiarato un santuario artico. L’idea di un santuario artico, permanentemente off-limits per tutta la pesca, la trivellazione e le attività minerarie, ha costruito un interesse politico. I sostenitori ora includono personaggi pubblici come Desmond Tutu e la dottoressa Sylvia Earle, così come il Parlamento europeo e il governo della Finlandia Alcune persone dicono ancora che la creazione di un santuario Artico è impossibile. Non credono che i grandi Paesi potranno mai lavorare insieme per proteggere qualcosa per l’intera umanità. Ma oggi abbiamo visto un assaggio di qualcosa di diverso: un piccolo segno che un futuro alternativo per l’Artico è possibile. Questi Paesi hanno al loro interno il potere per distruggere l’Artico o per proteggerlo. Potrebbe davvero andare in entrambi i modi. Niente è inevitabile. C’è ancora un sacco di lavoro da fare: ma mai dire mai. Mentre il movimento internazionale per la protezione Artico cresce, dobbiamo tener conto degli Stati dell’Artico, chiedendo che proteggono l’alto mare Artico da ogni sfruttamento, in modo permanente. Ma per un attimo, chiudi gli occhi e pensa che un santuario artico è possibile e che potrebbe essere più vicino di quanto ognuno di noi pensi».


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