“Un cristiano troppo attaccato ai soldi ha sbagliato strada”.
Radio Vaticana - Suona così il tweet lanciato dal Papa dal suo account @Pontifex. Un richiamo, quello di Francesco, non nuovo nei suoi insegnamenti rivolti sempre con schiettezza tanto ai singoli fedeli quanto all’episcopato e al clero. Il vescovo ausiliare di Roma, mons. Guerino Di Tora, commenta il messaggio del Papa e dice: la giusta strada sta nel donarsi agli altri. L’intervista è di Alessandro De Carolis: ascolta
R. – Mi fa pensare a quello che è il rapporto di ogni cristiano con il denaro e quindi tante volte anche a noi preti, non ne siamo esenti. Cosa rappresenta il denaro? La sicurezza umana: avendo denaro, uno pensa di essere tranquillo per qualsiasi cosa. Quindi, pone la sua sicurezza in un rapporto basato su una cosa e non su una realtà di fede con Dio. Quindi, se io ho fede nel Signore o mi fido unicamente del denaro e quindi di tutte le conseguenze: le amicizie dei potenti, le altre realtà e situazioni umane, l’apparire… La mia sicurezza è Cristo, disse San Paolo, “sia che vivo, sia che muoio, è Cristo la mia forza”. Questo non significa che allora il cristiano è chiamato a vivere senza soldi, ma il denaro per me deve essere qualcosa che mi aiuta a vivere non che il fine della mia vita diventa il guadagnare, l’accumulare… E' chiaro che anche chi ne ha di più può utilizzarlo anche a beneficio degli altri. Quindi, deve essere un mezzo sia per la mia vita, sia per una relazionalità con il mio prossimo. Il Signore chiede anche a noi preti di saperlo utilizzare e averne il senso per la comunità, per il sostentamento, per quelle che sono le nostre attività sia a livello pastorale che materiale, se dobbiamo tenere cura dei beni della Chiesa che ci vengono affidati.
D. – Cosa suggerirebbe a chi, cristiano, fosse troppo sedotto dal denaro e volesse invece ritrovare la giusta strada, per stare un po’ alle parole del Papa…
R. – Prima di tutto, nessuno può abbandonare così una sicurezza. Se io fino a oggi, ad esempio, mi sono sempre fidato delle mie cose, dei materiali, del denaro, è insulso pensare di prendere e buttare tutto… Devo prima trovare una mia sicurezza maggiore. Nel momento in cui trovo una maggiore sicurezza nel Signore Gesù, nella fede, allora posso metterle veramente da parte. Per cui, cosa suggerirei? Una vita più intensa di preghiera, un ascolto della Parola di Dio, un vivere maggiormente insieme con gli altri e a servizio degli altri. Sono stato tanti anni alla Caritas di Roma: ho visto gente cambiare la propria vita unicamente stando a contatto con i disagiati. È veramente un dono di Dio il fatto che questo rapporto anche con coloro che sono nel disagio ti porti a trovare qualcosa di diverso.
D. – Chi critica la Chiesa sul modo di gestire denaro e beni, molto spesso non sa, o dimentica di ricordare, quanto la Chiesa fa ogni giorno in favore dei poveri, a cominciare dal Papa stesso fino alle strutture più periferiche della Chiesa. Come replica, come vescovo, quando si trova davanti a questo tipo di critiche?
R. – Purtroppo, ci sarà anche qualche sacerdote o qualche istituzione che non ha saputo dare buon esempio. Su questo siamo tutti peccatori, deficitari. Però, guardiamo non solo a qualcosa di negativo che può esserci: guardiamo al tanto positivo che c’è! Quanta gente si prodiga per gli altri, quante istituzioni, quante realtà! Mi sono recato in visita al centro che hanno aperto dietro alla Stazione Tiburtina. La sera, la gente veniva a portare delle cose… Un anziano mi ha commosso: era venuto con un taxi dicendo: “Non sapevo dove era e allora ho preso il taxi per portare queste due borse”. Ora, dobbiamo saper valorizzare sempre di più queste azioni. Anche se c’è chi può sbagliare, non bisogna da un esempio dedurre tutta una realtà o una struttura.
Radio Vaticana - Suona così il tweet lanciato dal Papa dal suo account @Pontifex. Un richiamo, quello di Francesco, non nuovo nei suoi insegnamenti rivolti sempre con schiettezza tanto ai singoli fedeli quanto all’episcopato e al clero. Il vescovo ausiliare di Roma, mons. Guerino Di Tora, commenta il messaggio del Papa e dice: la giusta strada sta nel donarsi agli altri. L’intervista è di Alessandro De Carolis: ascolta
R. – Mi fa pensare a quello che è il rapporto di ogni cristiano con il denaro e quindi tante volte anche a noi preti, non ne siamo esenti. Cosa rappresenta il denaro? La sicurezza umana: avendo denaro, uno pensa di essere tranquillo per qualsiasi cosa. Quindi, pone la sua sicurezza in un rapporto basato su una cosa e non su una realtà di fede con Dio. Quindi, se io ho fede nel Signore o mi fido unicamente del denaro e quindi di tutte le conseguenze: le amicizie dei potenti, le altre realtà e situazioni umane, l’apparire… La mia sicurezza è Cristo, disse San Paolo, “sia che vivo, sia che muoio, è Cristo la mia forza”. Questo non significa che allora il cristiano è chiamato a vivere senza soldi, ma il denaro per me deve essere qualcosa che mi aiuta a vivere non che il fine della mia vita diventa il guadagnare, l’accumulare… E' chiaro che anche chi ne ha di più può utilizzarlo anche a beneficio degli altri. Quindi, deve essere un mezzo sia per la mia vita, sia per una relazionalità con il mio prossimo. Il Signore chiede anche a noi preti di saperlo utilizzare e averne il senso per la comunità, per il sostentamento, per quelle che sono le nostre attività sia a livello pastorale che materiale, se dobbiamo tenere cura dei beni della Chiesa che ci vengono affidati.
D. – Cosa suggerirebbe a chi, cristiano, fosse troppo sedotto dal denaro e volesse invece ritrovare la giusta strada, per stare un po’ alle parole del Papa…
R. – Prima di tutto, nessuno può abbandonare così una sicurezza. Se io fino a oggi, ad esempio, mi sono sempre fidato delle mie cose, dei materiali, del denaro, è insulso pensare di prendere e buttare tutto… Devo prima trovare una mia sicurezza maggiore. Nel momento in cui trovo una maggiore sicurezza nel Signore Gesù, nella fede, allora posso metterle veramente da parte. Per cui, cosa suggerirei? Una vita più intensa di preghiera, un ascolto della Parola di Dio, un vivere maggiormente insieme con gli altri e a servizio degli altri. Sono stato tanti anni alla Caritas di Roma: ho visto gente cambiare la propria vita unicamente stando a contatto con i disagiati. È veramente un dono di Dio il fatto che questo rapporto anche con coloro che sono nel disagio ti porti a trovare qualcosa di diverso.
D. – Chi critica la Chiesa sul modo di gestire denaro e beni, molto spesso non sa, o dimentica di ricordare, quanto la Chiesa fa ogni giorno in favore dei poveri, a cominciare dal Papa stesso fino alle strutture più periferiche della Chiesa. Come replica, come vescovo, quando si trova davanti a questo tipo di critiche?
R. – Purtroppo, ci sarà anche qualche sacerdote o qualche istituzione che non ha saputo dare buon esempio. Su questo siamo tutti peccatori, deficitari. Però, guardiamo non solo a qualcosa di negativo che può esserci: guardiamo al tanto positivo che c’è! Quanta gente si prodiga per gli altri, quante istituzioni, quante realtà! Mi sono recato in visita al centro che hanno aperto dietro alla Stazione Tiburtina. La sera, la gente veniva a portare delle cose… Un anziano mi ha commosso: era venuto con un taxi dicendo: “Non sapevo dove era e allora ho preso il taxi per portare queste due borse”. Ora, dobbiamo saper valorizzare sempre di più queste azioni. Anche se c’è chi può sbagliare, non bisogna da un esempio dedurre tutta una realtà o una struttura.
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