I cambiamenti del clima costituiscono una minaccia per la conservazione delle opere artistiche, risorse non rinnovabili attraverso cui l’umanità tramanda alle generazioni future le proprie conoscenze e la propria storia.
Almanacco della Scienza - CNR - Da alcuni anni un gruppo di ricerca dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) del Cnr, coordinato da Cristina Sabbioni, studia i meccanismi chimici, fisici e biologici che interagiscono tra ambiente e patrimonio culturale per valutarne il degrado provocato dal clima e dal microclima, dagli inquinanti e dalla pressione antropica.
“Il progetto 'Rischi naturali, ambientali e antropici del patrimonio culturale’ mira a mettere a punto metodologie e modelli fisico-matematici capaci di descrivere l’evoluzione delle forzanti ambientali dannose per le opere”, spiega Sabbioni. “L’Isac-Cnr ha anche coordinato il primo progetto europeo e ha pubblicato con la Commissione europea 'The Atlas of Climate Change impact on European Cultural Heritage’. Sono state inoltre formulate linee guida allo scopo di informare i gestori del patrimonio culturale, così da indirizzarli verso opportuni interventi di mitigazione e adattamento”. Dai risultati ottenuti emerge che gli eventi legati al ciclo dell’acqua - sia precipitazioni intense e alluvioni, sia piogge lievi e diffuse - sono la causa principale del degrado del patrimonio culturale in Europa. "Vari gli effetti provocati: danni strutturali ai tetti e agli elementi ornamentali degli edifici (guglie, pinnacoli), infiltrazione nei materiali, ma anche variazioni di umidità con conseguente crescita di microrganismi su materiali lapidei e legno, corrosione delle parti metalliche", prosegue Sabbioni. "Risulta inoltre che le dissoluzione chimica di marmi e calcari sarà in futuro dovuta soprattutto al cosiddetto effetto carsico, legato all’aumento di anidride carbonica; meno rilevante sarà invece l'effetto della deposizione sulle superfici dei monumenti di anidride solforosa (SO2) e di piogge acide".
L’Istituto di biometeorologia (Ibimet) del Cnr sta portando avanti due filoni di ricerca legati all’impatto delle condizioni climatiche sui beni culturali dell’Egitto. “Nell’ambito del progetto 'Le sette piaghe. Cataclismi e distruzioni tra Palestina ed Egitto in epoca preclassica’, coordinato dall’Istituto di studi sul Mediterraneo antico (Isma) del Cnr, sono stati presi in esame gli episodi di piogge torrenziali in Egitto, con particolare riguardo all’alto Egitto e alle aree di Luxor (l’antica Tebe) e Assuan nella Nubia”, spiega Marina Baldi dell’Ibimet-Cnr. “Il fenomeno, seppur raro, risulta essere disastroso in aree così desertiche, sia per le popolazioni residenti, sia per il patrimonio culturale. Le piogge torrenziali, spesso citate negli antichi testi, sono legate al verificarsi di specifiche condizioni meteorologiche che riguardano una regione più ampia che va dal Mar Mediterraneo al centro del Sahara, fino al Mar Rosso”. La regione, posta a circa 900 km a sud del Cairo, è caratterizzata da un clima molto secco e caldo. Proprio l’ampia escursione termica tra giorno e notte, tipica del clima desertico, insieme con le tempeste di sabbia e le piogge torrenziali rappresentano un rischio potenziale per i complessi monumentali della zona. Dal punto di vista biologico, oltre alla fiorente vegetazione tipica delle zone lambite dalle acque del Nilo, risultano pericolosi i funghi e le muffe. “Grazie allo studio è stato compilato un catalogo degli episodi di piogge violente, in modo da identificare le condizioni atmosferiche all’origine di questi episodi e un possibile scenario climatico futuro”, conclude Baldi.
"Il secondo filone di ricerca, nato nell’ambito del progetto bilaterale 'Tech-Technologies for the Egyptian Cultural Heritage’, coordinato sempre dall’Isma-Cnr, ha permesso di focalizzare l’attenzione sulle problematiche connesse all’impatto che gli agenti atmosferici hanno sui complessi monumentali della regione di Assuan. In particolare, sono state accertate le eventuali cause ambientali di deterioramento, al fine di individuare le misure di conservazione necessarie per preservarle”.
Anna Maria Carchidi
Fonte: Marina Baldi, Istituto di biometeorologia del Cnr di Roma , email m.baldi@ibimet.cnr.it - Cristina Sabbioni, Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima, Bologna, tel. 051/6399626 , email direzione@isac.cnr.it
Almanacco della Scienza - CNR - Da alcuni anni un gruppo di ricerca dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) del Cnr, coordinato da Cristina Sabbioni, studia i meccanismi chimici, fisici e biologici che interagiscono tra ambiente e patrimonio culturale per valutarne il degrado provocato dal clima e dal microclima, dagli inquinanti e dalla pressione antropica.
“Il progetto 'Rischi naturali, ambientali e antropici del patrimonio culturale’ mira a mettere a punto metodologie e modelli fisico-matematici capaci di descrivere l’evoluzione delle forzanti ambientali dannose per le opere”, spiega Sabbioni. “L’Isac-Cnr ha anche coordinato il primo progetto europeo e ha pubblicato con la Commissione europea 'The Atlas of Climate Change impact on European Cultural Heritage’. Sono state inoltre formulate linee guida allo scopo di informare i gestori del patrimonio culturale, così da indirizzarli verso opportuni interventi di mitigazione e adattamento”. Dai risultati ottenuti emerge che gli eventi legati al ciclo dell’acqua - sia precipitazioni intense e alluvioni, sia piogge lievi e diffuse - sono la causa principale del degrado del patrimonio culturale in Europa. "Vari gli effetti provocati: danni strutturali ai tetti e agli elementi ornamentali degli edifici (guglie, pinnacoli), infiltrazione nei materiali, ma anche variazioni di umidità con conseguente crescita di microrganismi su materiali lapidei e legno, corrosione delle parti metalliche", prosegue Sabbioni. "Risulta inoltre che le dissoluzione chimica di marmi e calcari sarà in futuro dovuta soprattutto al cosiddetto effetto carsico, legato all’aumento di anidride carbonica; meno rilevante sarà invece l'effetto della deposizione sulle superfici dei monumenti di anidride solforosa (SO2) e di piogge acide".
L’Istituto di biometeorologia (Ibimet) del Cnr sta portando avanti due filoni di ricerca legati all’impatto delle condizioni climatiche sui beni culturali dell’Egitto. “Nell’ambito del progetto 'Le sette piaghe. Cataclismi e distruzioni tra Palestina ed Egitto in epoca preclassica’, coordinato dall’Istituto di studi sul Mediterraneo antico (Isma) del Cnr, sono stati presi in esame gli episodi di piogge torrenziali in Egitto, con particolare riguardo all’alto Egitto e alle aree di Luxor (l’antica Tebe) e Assuan nella Nubia”, spiega Marina Baldi dell’Ibimet-Cnr. “Il fenomeno, seppur raro, risulta essere disastroso in aree così desertiche, sia per le popolazioni residenti, sia per il patrimonio culturale. Le piogge torrenziali, spesso citate negli antichi testi, sono legate al verificarsi di specifiche condizioni meteorologiche che riguardano una regione più ampia che va dal Mar Mediterraneo al centro del Sahara, fino al Mar Rosso”. La regione, posta a circa 900 km a sud del Cairo, è caratterizzata da un clima molto secco e caldo. Proprio l’ampia escursione termica tra giorno e notte, tipica del clima desertico, insieme con le tempeste di sabbia e le piogge torrenziali rappresentano un rischio potenziale per i complessi monumentali della zona. Dal punto di vista biologico, oltre alla fiorente vegetazione tipica delle zone lambite dalle acque del Nilo, risultano pericolosi i funghi e le muffe. “Grazie allo studio è stato compilato un catalogo degli episodi di piogge violente, in modo da identificare le condizioni atmosferiche all’origine di questi episodi e un possibile scenario climatico futuro”, conclude Baldi.
"Il secondo filone di ricerca, nato nell’ambito del progetto bilaterale 'Tech-Technologies for the Egyptian Cultural Heritage’, coordinato sempre dall’Isma-Cnr, ha permesso di focalizzare l’attenzione sulle problematiche connesse all’impatto che gli agenti atmosferici hanno sui complessi monumentali della regione di Assuan. In particolare, sono state accertate le eventuali cause ambientali di deterioramento, al fine di individuare le misure di conservazione necessarie per preservarle”.
Anna Maria Carchidi
Fonte: Marina Baldi, Istituto di biometeorologia del Cnr di Roma , email m.baldi@ibimet.cnr.it - Cristina Sabbioni, Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima, Bologna, tel. 051/6399626 , email direzione@isac.cnr.it
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