Francesco dà voce a chi oggi è lontano dalla propria patria, “con negli occhi le macerie delle loro case” e “nel cuore la paura”.
Vaticano (Zenit) - “Dov’è Dio?”Dio si è dimenticato di me! Come è possibile che tanta sofferenza possa abbattersi su uomini, donne e bambini innocenti? E quando cercano di entrare da qualche altra parte gli chiudono la porta. E sono lì, al confine, perché tante porte e tanti cuori sono chiusi”. Sono gli interrogativi che salgono spontanei “alle labbra di tante persone che soffrono, che si sentono abbandonate”. Papa Francesco li fa suoi nella catechesi dell’Udienza generale, dando voce a chi oggi soffre il dramma dell’esilio: quello fisico, lontano dalla propria patria, “con negli occhi ancora le macerie delle loro case, nel cuore la paura e spesso, purtroppo, il dolore per la perdita di persone care”; e un esilio spirituale, a causa della “solitudine”, della “sofferenza” e della “morte”. In particolare, Bergoglio rivolge un pensiero a tutti i migranti che “oggi soffrono all’aperto, senza cibo e non possono entrare, non sentono l’accoglienza. A me – dice a braccio – piace tanto sentire quando vedo le nazioni, i governanti, che aprono il cuore e aprono le porte!”. “In questi casi – prosegue il Pontefice – uno può chiedersi dov’è Dio? Come è possibile tanta sofferenza?”.
Ci sono situazioni, infatti, che “ci fanno pensare di essere stati abbandonati da Dio”. Invece Lui “è fedele” e, come si legge nel libro di Geremia, “si presenta con tutta la sua capacità di confortare e aprire il cuore degli afflitti alla speranza”. Il profeta si rivolge infatti agli israeliti deportati in terra straniera e preannuncia il ritorno in patria, quale “segno dell’amore infinito di Dio Padre che non abbandona i suoi figli, ma se ne prende cura e li salva”. “L’esilio era stata un’esperienza devastante per Israele”, osserva il Santo Padre, “la fede aveva vacillato perché in terra straniera, senza il tempio, senza il culto, dopo aver visto il paese distrutto, era difficile continuare a credere alla bontà del Signore”. “Mi viene il pensiero della vicina Albania – aggiunge a braccio – come dopo tanta persecuzione e distruzione è riuscita ad alzarsi nella dignità e nella fede. Così avevano sofferto gli israeliti nell’esilio”.
Al loro giunge però un “messaggio di consolazione”, lo stesso che “oggi vogliamo ascoltare anche noi”. Questo messaggio, questo grande annuncio è che “Dio non è assente, Dio è vicino, e fa opere grandi di salvezza per chi confida in Lui”. “Non si deve cedere alla disperazione – esorta Francesco – ma continuare ad essere sicuri che il bene vince il male e che il Signore asciugherà ogni lacrima e ci libererà da ogni paura”. “Il Signore è fedele, non abbandona alla desolazione”, insiste il Papa, “Dio ama di un amore senza fine, che neppure il peccato può frenare, e grazie a Lui il cuore dell’uomo si riempie di gioia e di consolazione”. Si riempie del “perdono” di Dio che “converte e riconcilia”. Geremia ha dato l’annuncio, “presentando il ritorno degli esiliati come un grande simbolo della consolazione data al cuore che si converte”. Poi Gesù ha compiuto questo messaggio del profeta, portando “il vero e radicale ritorno dall’esilio e la confortante luce dopo il buio della crisi di fede” che – rimarca il Papa – “si realizza a Pasqua, nell’esperienza piena e definitiva dell’amore di Dio, amore misericordioso che dona gioia, pace e vita eterna”.
Su questa scia, il Santo Padre, salutando i pellegrini di lingua araba, specie quelli provenienti dal Medio Oriente, ha esclamato: “Quante esperienze di esilio, di espatrio, di dolore e di persecuzione ci spingono a dubitare perfino della bontà di Dio e del suo amore per noi!”. Un dubbio che – ribadisce – “si dissipa di fronte alla verità che Dio è fedele e compie le sue promesse per coloro che non ne dubitano e per coloro che sperano contro ogni speranza”. “La consolazione del Signore – afferma Francesco – è vicina a chi sa attraversare la dolorosa notte del dubbio, aggrappandosi e sperando nell’alba della misericordia di Dio, che tutta l’oscurità e l’ingiustizia non potranno mai sconfiggere”.
Vaticano (Zenit) - “Dov’è Dio?”Dio si è dimenticato di me! Come è possibile che tanta sofferenza possa abbattersi su uomini, donne e bambini innocenti? E quando cercano di entrare da qualche altra parte gli chiudono la porta. E sono lì, al confine, perché tante porte e tanti cuori sono chiusi”. Sono gli interrogativi che salgono spontanei “alle labbra di tante persone che soffrono, che si sentono abbandonate”. Papa Francesco li fa suoi nella catechesi dell’Udienza generale, dando voce a chi oggi soffre il dramma dell’esilio: quello fisico, lontano dalla propria patria, “con negli occhi ancora le macerie delle loro case, nel cuore la paura e spesso, purtroppo, il dolore per la perdita di persone care”; e un esilio spirituale, a causa della “solitudine”, della “sofferenza” e della “morte”. In particolare, Bergoglio rivolge un pensiero a tutti i migranti che “oggi soffrono all’aperto, senza cibo e non possono entrare, non sentono l’accoglienza. A me – dice a braccio – piace tanto sentire quando vedo le nazioni, i governanti, che aprono il cuore e aprono le porte!”. “In questi casi – prosegue il Pontefice – uno può chiedersi dov’è Dio? Come è possibile tanta sofferenza?”.
Ci sono situazioni, infatti, che “ci fanno pensare di essere stati abbandonati da Dio”. Invece Lui “è fedele” e, come si legge nel libro di Geremia, “si presenta con tutta la sua capacità di confortare e aprire il cuore degli afflitti alla speranza”. Il profeta si rivolge infatti agli israeliti deportati in terra straniera e preannuncia il ritorno in patria, quale “segno dell’amore infinito di Dio Padre che non abbandona i suoi figli, ma se ne prende cura e li salva”. “L’esilio era stata un’esperienza devastante per Israele”, osserva il Santo Padre, “la fede aveva vacillato perché in terra straniera, senza il tempio, senza il culto, dopo aver visto il paese distrutto, era difficile continuare a credere alla bontà del Signore”. “Mi viene il pensiero della vicina Albania – aggiunge a braccio – come dopo tanta persecuzione e distruzione è riuscita ad alzarsi nella dignità e nella fede. Così avevano sofferto gli israeliti nell’esilio”.
Al loro giunge però un “messaggio di consolazione”, lo stesso che “oggi vogliamo ascoltare anche noi”. Questo messaggio, questo grande annuncio è che “Dio non è assente, Dio è vicino, e fa opere grandi di salvezza per chi confida in Lui”. “Non si deve cedere alla disperazione – esorta Francesco – ma continuare ad essere sicuri che il bene vince il male e che il Signore asciugherà ogni lacrima e ci libererà da ogni paura”. “Il Signore è fedele, non abbandona alla desolazione”, insiste il Papa, “Dio ama di un amore senza fine, che neppure il peccato può frenare, e grazie a Lui il cuore dell’uomo si riempie di gioia e di consolazione”. Si riempie del “perdono” di Dio che “converte e riconcilia”. Geremia ha dato l’annuncio, “presentando il ritorno degli esiliati come un grande simbolo della consolazione data al cuore che si converte”. Poi Gesù ha compiuto questo messaggio del profeta, portando “il vero e radicale ritorno dall’esilio e la confortante luce dopo il buio della crisi di fede” che – rimarca il Papa – “si realizza a Pasqua, nell’esperienza piena e definitiva dell’amore di Dio, amore misericordioso che dona gioia, pace e vita eterna”.
Su questa scia, il Santo Padre, salutando i pellegrini di lingua araba, specie quelli provenienti dal Medio Oriente, ha esclamato: “Quante esperienze di esilio, di espatrio, di dolore e di persecuzione ci spingono a dubitare perfino della bontà di Dio e del suo amore per noi!”. Un dubbio che – ribadisce – “si dissipa di fronte alla verità che Dio è fedele e compie le sue promesse per coloro che non ne dubitano e per coloro che sperano contro ogni speranza”. “La consolazione del Signore – afferma Francesco – è vicina a chi sa attraversare la dolorosa notte del dubbio, aggrappandosi e sperando nell’alba della misericordia di Dio, che tutta l’oscurità e l’ingiustizia non potranno mai sconfiggere”.
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