giovedì, marzo 17, 2016
Il Master universitario in “Analisi, prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e della corruzione” (APC), con il patrocinio dell’Università di Pisa, ha organizzato il 10 marzo 2015 una lectio magistralis del dott. Michele Prestipino, procuratore aggiunto presso la Procura di Roma. 

di Lorenzo Carchini  

Sinistraineuropa - Il seminario ha avuto come tema “mafie, metodo mafioso e corruzione nei più recenti sviluppi giudiziari” e si è svolto presso l’aula magna di Palazzo Matteucci, Pisa. Il dott. Michele Prestipino, già in servizio presso le procure di Palermo e Reggio Calabria, si è occupato di recente dell’inchiesta “Mondo di Mezzo”, che ha svelato la perversa rete di relazioni tra politici, amministratori pubblici e imprenditori e criminali capaci di soffocare la città di Roma.

“Non c’è mai un problema rispetto ai temi da trattare vista la proficua attività inquirente” ha ammesso in apertura il dott. Sberna (Research Fellow presso l’European University Institute e coordinatore del Master), “Il dottor Prestipino è uno dei pochi magistrati antimafia in Italia che può vantare un’esperienza in Procure diverse, aventi contesti criminali differenti” sebbene accomunati da meccanismi di regolazioni criminali in collusione con l’ amministrazione locale. “Le mafie, anche in contesti nuovi, possono diventare regolatori dei mercati della corruzione – come nel recente caso di Mafia Capitale – ed un processo di comparazione può aiutarci a comprendere come modelli di antimafia giudiziaria possano muoversi, così come le mafie, da un territorio all’ altro”.

L’intervento del dott. Prestipino si è mostrato nel suo tentativo di fare una pulizia concettuale tra due fenomeni criminali profondamente diversi come le mafie e la corruzione, superando un’equivalenza terminologica oggi molto diffusa, ma altresì dannosa ed incapace di spiegare tipologie di fenomeni profondamente mutevoli nel tempo. Secondo il dott. Prestipino è dunque “necessario sgomberare il campo da qualsiasi tentazione generalizzante che non giova all’analisi ed alla comprensione dei due fenomeni”.

Quando parliamo di mafie, intese come fenomeni criminali complessi, non facciamo più riferimento soltanto alle tre principali organizzazioni plurisecolari, Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra, ma anche a nuovi fenomeni criminali di tipo complesso e organizzato non del tutto omogenei o omologabili tra di loro, come le mafie straniere nel nostro Paese, o in generale gruppi criminali strutturati che operano con metodi mafiosi ma al di fuori dei territori delle mafie tradizionali.

Il caso romano ne è un chiaro esempio. Nella capitale si sono registrati sia fenomeni di derivazione camorristica (“per i quali abbiamo avuto sentenze di condanna per 416-bis”), con una struttura, delle regole ed un modus operandi del tutto simile a quello delle organizzazioni di derivazione, che fenomeni criminali del tutto originali, che non hanno avuto né una derivazione da una mafia tradizionale né ne hanno adottato alcun modus operandi.

Nel caso della corruzione, se fino a poco tempo figurava come un sistema ricostruibile sulla base di regole semplici ed unitarie (caratterizzate dall’ incontro tra un corruttore ed un corrotto che facevano mercimonio di un atto o di un’ attività pubblica), oggi rivela, accanto alla tipologia classica, degli schemi d’interpretazione completamente diversi da quelli tradizionali, che non hanno più nulla a che vedere con il mercimonio di atti o funzioni. Ancora una volta sono state le intercettazioni di Mafia Capitale a mostrare come si sia arrivati a comprare direttamente l’ufficiale pubblico nella sua persona, stipendiandola ed inserendola nell’organizzazione.

Dunque mentre la mafia è sempre stata caratterizzata da una complessità di fondo, oggi anche la corruzione ha raggiunto simili livelli di sofisticatezza che ci pongono dei problemi nella ricerca di “categorie interpretative che consentano di dare delle certezze all’analisi”.

Il sottofondo criminologico del dibattito si è, inoltre, spostato dalla struttura e dai problemi di governance delle organizzazioni tradizionali, ai loro modelli di espansione. Secondo il dott. Prestipino, “ovviamente oggi la presenza delle organizzazioni mafiose fuori dal contesto territoriali di origine è una presenza importante”, ma i toni del dibattito odierno risultano pericolosi ed altamente fuorvianti rispetto ad una problematica che merita uno studio analitico sistematico. Parlare, ad esempio, di “mafia silente” in base ad un’idea di riconoscibilità di un metodo mafioso al di fuori dei territori storicamente d’insediamento della mafia non presuppone affatto né una modificazione nel modus operandi – “ancor oggi mafia si vede, si fa vedere, si fa riconoscere ed è in grado di usare la forza, la violenza, la minaccia e l’ intimidazione” – né alcun possibile scioglimento del nocciolo locale delle organizzazioni, come diretta conseguenza dell’espansione nel Centro-Nord. Quando parliamo di mafia al Nord, dunque, parliamo di strutture criminali “che costituiscono le proiezioni di organizzazioni che hanno con il territorio di origine un rapporto continuativo funzionale di dipendenza sulle scelte strategiche”.

Analogamente, la corruzione nel tempo è diventata un sistema complesso nel quale “la funzione stessa si è evoluta fino a diventare un rapporto di tipo individuale personale ancorché plurisoggettivo, in cui si sviluppano sistemi collusivi corruttivi con all’ interno tanti protagonisti”. In particolare, il caso romano ha portato alla luce un fenomeno corruttivo capillare nel quale, da un lato, c’è “un gruppo di banditi violenti che operano secondo metodi mafiosi, che comandano, corrompono, decidono, condizionano ed arruolano, dall’ altro c’è una rete di complici, ma di basso profilo, consiglieri comunali, funzionari pubblici e piccoli impiegati di piccole imprese e cooperative, che però facevano il bello e il cattivo tempo”.

L’azione tra soggetti è diventata, dunque, un fenomeno criminale sociale in cui sono interessate intere categorie sociali che comprano e vendono servizi. Comprendere appieno il significato di una simile evoluzione, ci permette di comprendere qual è il passaggio importante che oggi segna l’evoluzione nel rapporto stesso tra mafia e corruzione.

La mafia, infatti, corrompeva ieri come oggi, ciò che è cambiato è che esse si sono impadronite di quei sistemi complessi collusivi corruttivi che diventano fattore di alimentazione, di accumulazione del proprio potere criminale, e ciò perché è il fenomeno corruttivo stesso che ha subito questa evoluzione tendendo a diventare sistema.


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