martedì, marzo 22, 2016
La denuncia arriva da Plan International, in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua che si celebra oggi. 

di Dario Cataldo

Nell’attuale epoca della globalizzazione, della comunicazione immediata e repentina, ancora si muore per la mancanza di acqua potabile. Il bene primario per eccellenza, causa purtroppo la morte di migliaia di innocenti, almeno 4 mila al giorno. Un dato sconcertante, rilasciato in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, che si celebra oggi, 22 marzo. La denuncia arriva dalla Organizzazione non governativa “Plan International”, attiva nel campo della cooperazione per lo sviluppo e aiuti umanitari.

La situazione è ancora più critica se consideriamo che 663 milioni di persone non beneficiano dell’acqua, con tutte le conseguenze del caso. Principalmente in termini di malnutrizione. In secondo luogo, la difficoltà ad accedere ad un bene così basilare comporta notevoli sforzi per l’approvvigionamento idrico che possa quanto meno tamponare l’emorragia, che serva per sopperire alle esigenze quotidiane familiari.

Secondo una nota rilasciata dall’Ong, sono donne e bambini che hanno l’onore del reperimento idrico, sottraendo tempo alle attività economiche nel primo caso ed escludendo l’istruzione nel secondo caso.

Le zone più colpite sono quelle più sfruttate dal punto di vista economico e capitalista: Africa e Asia. Gli abitanti dei luoghi della desolazione sono costretti a percorrere giornalmente diversi chilometri, sobbarcandosi il peso delle taniche d’acqua che supera spesso i 20 kg.

Inoltre, a causa di “El Niño” la siccità si è moltiplicata. Un esempio su tutti: il Corno d’Africa o l’Etiopia, in cui l’insufficienza acquifera ha messo in ginocchio circa 6 milioni di persone. L’Uganda, una tra le nazioni africane più martoriate, vanta primati mortificanti per il genere umano: ogni giorni donne e bambini devono camminare per 40 minuti per raggiungere il pozzo più vicino – oltre al tempo impiegato ad aspettare il proprio turno sul posto, che sfiora i 90 minuti.

Tra le soluzioni proposte dalle organizzazioni umanitarie c’è un progetto che prevede l’attivazione di un canale ferroviario che aiuterebbe 13 mila persone del solo distretto di Buyende in Uganda. Sono piccoli passi che però potrebbero incentivare il cambiamento. Intere famiglie attualmente sono costrette a far disertare i figli da scuola, creando un circolo vizioso senza speranza. La mancanza d’istruzione non contribuisce di certo a soluzioni per il futuro.


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