Chi sceglie di riavvicinarsi a Dio attraverso il Sacramento della Riconciliazione si senta accolto da confessori delicati e paterni e non faccia invece esperienza di una “sala di tortura”. È l’auspicio che Papa Francesco ha espresso durante la catechesi giubilare in una Piazza San Pietro gremita da decine di migliaia di persone. La riconciliazione, ha detto, favorisce la pace, i diritti delle persone, la solidarietà. Il servizio di Alessandro De Carolis:
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Radio Vaticana - Costruire ponti di riconciliazione. In casa, tra fratelli che non si parlano per faide e dissapori incancreniti. Nella società, perché su un ponte può passare una strada di pace. Costruirli fin dentro un confessionale, perché chi cerca il perdono di Dio deve trovarsi davanti un padre che lo favorisce e non un inquisitore che tormenta.
Dio non si rassegna
Una folla enorme, 80 mila persone sotto il sole dell’ultimo di aprile, ascolta il Papa ripetere una delle parole d’ordine dell’Anno Santo. La riconciliazione, dice subito, è “un aspetto importante della misericordia", ma non è così scontato farne esperienza:
“Spesso riteniamo che i nostri peccati allontanino il Signore da noi: in realtà, peccando, noi ci allontaniamo da Lui, ma Lui, vedendoci nel pericolo, ancora di più ci viene a cercare. Dio non si rassegna mai alla possibilità che una persona rimanga estranea al suo amore, a condizione però di trovare in lei qualche segno di pentimento per il male compiuto”.
Nostalgia e ritorno sincero
“Quando pecchiamo, noi voltiamo le spalle a Dio”, ma è Gesù che non le volta mai al peccatore e anzi, ripete una volta ancora Francesco, “viene a cercarci come un bravo pastore che non è contento fino a quando non ha ritrovato la pecora perduta”:
“Lasciamoci riconciliare con Dio! Questo Giubileo della Misericordia è un tempo di riconciliazione per tutti. Tante persone vorrebbero riconciliarsi con Dio ma non sanno come fare, o non si sentono degni, o non vogliono ammetterlo nemmeno a sé stessi. La comunità cristiana può e deve favorire il ritorno sincero a Dio di quanti sentono la sua nostalgia”.
Perdonare, non torturare
“Soprattutto”, rimarca il Papa, favoriscano l’abbraccio della riconciliazione tra l’uomo e Dio coloro che sono preposti ad amministrare questo Sacramento tra le pareti di un confessionale. L’appello di Francesco ai confessori non è nuovo, ma quello che riecheggia a questo punto in Piazza è, come le altre volte, molto accorato:
“Per favore, non mettere ostacoli alle persone che vogliono riconciliarsi con Dio. Il confessore deve essere un padre! E’ al posto di Dio Padre! Il confessore deve accogliere le persone che vengono da lui per riconciliarsi con Dio e aiutarli nel cammino di questa riconciliazione che stiamo facendo. E’ un ministero tanto bello: non è una sala di tortura né un interrogatorio, no, è il Padre che riceve, Dio Padre, Gesù, che riceve e accoglie questa persona e perdona”.
Un servizio alla pace
Inoltre, indica Francesco, “fare esperienza della riconciliazione con Dio permette di scoprire la necessità di altre forme di riconciliazione: nelle famiglie, nei rapporti interpersonali, nelle comunità ecclesiali, come pure nelle relazioni sociali e internazionali:
“Facciamo ponti di riconciliazione anche fra noi, incominciando dalla stessa famiglia. Quanti fratelli hanno litigato e si sono allontanati soltanto per l’eredità. Ma guarda, questo non va! Quest’anno è l’anno della riconciliazione, con Dio e fra noi! La riconciliazione infatti è anche un servizio alla pace, al riconoscimento dei diritti fondamentali delle persone, alla solidarietà e all’accoglienza di tutti”.
Radio Vaticana - Costruire ponti di riconciliazione. In casa, tra fratelli che non si parlano per faide e dissapori incancreniti. Nella società, perché su un ponte può passare una strada di pace. Costruirli fin dentro un confessionale, perché chi cerca il perdono di Dio deve trovarsi davanti un padre che lo favorisce e non un inquisitore che tormenta.
Dio non si rassegna
Una folla enorme, 80 mila persone sotto il sole dell’ultimo di aprile, ascolta il Papa ripetere una delle parole d’ordine dell’Anno Santo. La riconciliazione, dice subito, è “un aspetto importante della misericordia", ma non è così scontato farne esperienza:
“Spesso riteniamo che i nostri peccati allontanino il Signore da noi: in realtà, peccando, noi ci allontaniamo da Lui, ma Lui, vedendoci nel pericolo, ancora di più ci viene a cercare. Dio non si rassegna mai alla possibilità che una persona rimanga estranea al suo amore, a condizione però di trovare in lei qualche segno di pentimento per il male compiuto”.
Nostalgia e ritorno sincero
“Quando pecchiamo, noi voltiamo le spalle a Dio”, ma è Gesù che non le volta mai al peccatore e anzi, ripete una volta ancora Francesco, “viene a cercarci come un bravo pastore che non è contento fino a quando non ha ritrovato la pecora perduta”:
“Lasciamoci riconciliare con Dio! Questo Giubileo della Misericordia è un tempo di riconciliazione per tutti. Tante persone vorrebbero riconciliarsi con Dio ma non sanno come fare, o non si sentono degni, o non vogliono ammetterlo nemmeno a sé stessi. La comunità cristiana può e deve favorire il ritorno sincero a Dio di quanti sentono la sua nostalgia”.
Perdonare, non torturare
“Soprattutto”, rimarca il Papa, favoriscano l’abbraccio della riconciliazione tra l’uomo e Dio coloro che sono preposti ad amministrare questo Sacramento tra le pareti di un confessionale. L’appello di Francesco ai confessori non è nuovo, ma quello che riecheggia a questo punto in Piazza è, come le altre volte, molto accorato:
“Per favore, non mettere ostacoli alle persone che vogliono riconciliarsi con Dio. Il confessore deve essere un padre! E’ al posto di Dio Padre! Il confessore deve accogliere le persone che vengono da lui per riconciliarsi con Dio e aiutarli nel cammino di questa riconciliazione che stiamo facendo. E’ un ministero tanto bello: non è una sala di tortura né un interrogatorio, no, è il Padre che riceve, Dio Padre, Gesù, che riceve e accoglie questa persona e perdona”.
Un servizio alla pace
Inoltre, indica Francesco, “fare esperienza della riconciliazione con Dio permette di scoprire la necessità di altre forme di riconciliazione: nelle famiglie, nei rapporti interpersonali, nelle comunità ecclesiali, come pure nelle relazioni sociali e internazionali:
“Facciamo ponti di riconciliazione anche fra noi, incominciando dalla stessa famiglia. Quanti fratelli hanno litigato e si sono allontanati soltanto per l’eredità. Ma guarda, questo non va! Quest’anno è l’anno della riconciliazione, con Dio e fra noi! La riconciliazione infatti è anche un servizio alla pace, al riconoscimento dei diritti fondamentali delle persone, alla solidarietà e all’accoglienza di tutti”.
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