Iraq - Patriarcato caldeo: i sacerdoti non devono favorire o addirittura organizzare l'esodo dei cristiani
Il Patriarca caldeo Luis Raphael I Sako interviene per caldeggiare il clero a non incoraggiare i fedeli a lasciare il paese: i cristiani sono potenziali vittime delle manovre di chi coltiva interessi intorno ai flussi migratori.
Baghdad (Agenzia Fides) – La Chiesa in quanto tale, e in particolare i sacerdoti, non devono in alcun modo essere coinvolti direttamente in operazioni e programmi che pianificano e organizzano l'esodo dei cristiani iracheni verso paesi stranieri, e chiunque continua a ignorare tale richiamo si assumerà la responsabilità delle sue scelte anche davanti all'autorità patriarcale. Così il Patriarcato di Babilonia dei Caldei ha messo in guardia gli operatori pastorali, e in particolar modo il clero patriarcale, dal coinvolgersi direttamente e in forma operativa nell'organizzazione dell'espatrio dei cristiani iracheni che continuano ad abbandonare il proprio Paese, seguendo le rotte migratorie che dal Medio Oriente conducono anche all'Europa e all'America.
La questione delicata è stata dscussa dai Vescovi caldei in una recente riunione, svoltasi a Erbil, sotto la presidenza del Patriarca Luis Raphael I. Durante il loro confronto – così si legge nel comunicato finale dell'incontro - i membri dell'Episcopato caldeo hanno anche denunciato le operazioni ambigue messe in atto da individui e gruppi non direttamente collegati con la Chiesa, che pure cercano di sfruttare la drammatica condizione vissuta da molti rifugiati cristiani per perseguire “interessi economici, politici e mediatici”. Nel rispetto delle libere scelte di chi tenta di espatriare per assicurare un futuro più sereno alla propria famiglia, i Vescovi iracheni mettono in guardia i cristiani dai pericoli che spesso incombono su fenomeni migratori gestiti illegalmente da trafficanti e organizzazioni senza scrupoli.
Potenziali vittime delle manovre di chi coltiva interessi intorno ai flussi migratori dei cristiani iracheni sono soprattutto le popolazioni cristiane fuggite da Mosul e dalla Piana di Ninive con l'arrivo dei jihadisti dell'auto-proclamato Stato Islamico (Daesh), che adesso vivono in condizioni precarie a Erbil e in altre aree del Kurdistan iracheno. Nel comunicato, pervenuto all'Agenzia Fides, i Vescovi caldei ribadiscono che la liberazione delle regioni irachene occupate dai jihadisti del Daesh non può essere ovviamente responsabilità della Chiesa, ma non è nemmeno nelle sole mani delle forze politiche locali o del governo di Baghdad, e potrà essere favorita solo con il coinvolgimento delle potenze regionali e globali. (GV)
La questione delicata è stata dscussa dai Vescovi caldei in una recente riunione, svoltasi a Erbil, sotto la presidenza del Patriarca Luis Raphael I. Durante il loro confronto – così si legge nel comunicato finale dell'incontro - i membri dell'Episcopato caldeo hanno anche denunciato le operazioni ambigue messe in atto da individui e gruppi non direttamente collegati con la Chiesa, che pure cercano di sfruttare la drammatica condizione vissuta da molti rifugiati cristiani per perseguire “interessi economici, politici e mediatici”. Nel rispetto delle libere scelte di chi tenta di espatriare per assicurare un futuro più sereno alla propria famiglia, i Vescovi iracheni mettono in guardia i cristiani dai pericoli che spesso incombono su fenomeni migratori gestiti illegalmente da trafficanti e organizzazioni senza scrupoli.
Potenziali vittime delle manovre di chi coltiva interessi intorno ai flussi migratori dei cristiani iracheni sono soprattutto le popolazioni cristiane fuggite da Mosul e dalla Piana di Ninive con l'arrivo dei jihadisti dell'auto-proclamato Stato Islamico (Daesh), che adesso vivono in condizioni precarie a Erbil e in altre aree del Kurdistan iracheno. Nel comunicato, pervenuto all'Agenzia Fides, i Vescovi caldei ribadiscono che la liberazione delle regioni irachene occupate dai jihadisti del Daesh non può essere ovviamente responsabilità della Chiesa, ma non è nemmeno nelle sole mani delle forze politiche locali o del governo di Baghdad, e potrà essere favorita solo con il coinvolgimento delle potenze regionali e globali. (GV)
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