Angela e Fabrizio Nencioni, le loro figlie Nadia e Caterina, lo studente di architettura Dario Capolicchio la notte fra il 26 e il 27 maggio del 1993 persero la vita per una bomba che provocò anche 41 feriti, distrusse la storica Torre de' Pulci dove ha sede l'Accademia dei Georgofili e causò ingenti danni a tutto il patrimonio culturale e abitativo circostante, lasciando moltissime famiglie senza un tetto. Come ogni anno da quella notte Firenze ricorda le sue vittime.
Dalle porte polverizzate dei palazzi scoperchiati uscivano, trasportate a spalla dai vigili del fuoco e dai carabinieri, decine di persone ferite, terrorizzate, incapaci di rendersi conto di come alle 1.05 di una notte calda e tranquilla la loro casa e l'intero centro di Firenze potessero essere stati squassati da una spaventosa esplosione. "E' gas, è gas" dicevano i pompieri per non aggiungere panico su panico.
Fu una notte di terrore, come Firenze non viveva forse dal novembre del '66, quando l'Arno tracimò. L'intera via Lambertesca, che unisce Por Santa Maria agli Uffizi, la Firenze che tutti conoscono, sembrava uscita da un bombardamento: divelte le saracinesche dei negozi, abbattute le finestre, precipitati i tetti e i soffitti.
Due lampi bianchi e subito la fiammata dell'esplosione, squarciando la notte. Un Fiorino Fiat bianco imbottito di esplosivo salta in aria. La Torre dei Pulci, che ospitava l'antica Accademia dei Georgofili, viene aperta fino al soffitto. Lo scoppio risucchiava la famiglia di Fabrizio Nencioni, ispettore dei vigili urbani, e di Angela Fiume, custode dell' Accademia. Se ne andavano in un lampo di fuoco insieme alle due bambine, Nadia e Caterina. A lungo si sarebbe scavato con le mani e i badili, nel tentativo di trovare i corpi.
Le strade antiche e strette amplificarono l'effetto dell'esplosione. Il palazzo dirimpettaio non poteva che restarne coinvolto. Qui si trovava un giovane coppia. Francesca Chelli, all'epoca 22 anni, spezzina, studentessa di architettura, riuscì a scappare, coperta di ustioni. Il compagno, Dario Capolicchio fu invece risucchiato dalle fiamme. Alcuni testimoni diranno di aver visto una figura barcollare verso la finestra, avviluppata dalle fiamme, che tenta di sporgersi, alza le braccia, cade all'indietro, forse arrendendosi al dolore e all'imminente condanna.
Intanto nella città era il caos. Poliziotti che correvano urlando. Vigili che non sapevano dove guardare. Richieste di aiuto. Otto palazzi intorno all'epicentro sconvolti dall'onda d'urto e successivamente sgomberati. Una città ferita e le sirene che la attraversavano.
Profetica sarebbe stata la poesia composta dalla piccola Nadia, solo tre giorni prima.
"Il pomeriggio
se ne va
Il tramonto si avvicina
un momento stupendo
Il sole sta andando via (a letto)
E' già sera tutto è finito"
(Nadia Nencioni)
Oggi sovvengono i 23 anni da quella notte infame ed ancora aspettiamo risposte. Tanti nomi sono passati, come una macabra passerella: Riina, Graviano, Bagarella e Provenzano; Francesco Tagliavia, condannato in appello; i nomi del pentito Gaspare Monticciolo. La pazienza è la virtù dei forti ed in questo paese la società civile è forte.
di Lorenzo Carchini
Dalle porte polverizzate dei palazzi scoperchiati uscivano, trasportate a spalla dai vigili del fuoco e dai carabinieri, decine di persone ferite, terrorizzate, incapaci di rendersi conto di come alle 1.05 di una notte calda e tranquilla la loro casa e l'intero centro di Firenze potessero essere stati squassati da una spaventosa esplosione. "E' gas, è gas" dicevano i pompieri per non aggiungere panico su panico.
Fu una notte di terrore, come Firenze non viveva forse dal novembre del '66, quando l'Arno tracimò. L'intera via Lambertesca, che unisce Por Santa Maria agli Uffizi, la Firenze che tutti conoscono, sembrava uscita da un bombardamento: divelte le saracinesche dei negozi, abbattute le finestre, precipitati i tetti e i soffitti.
Due lampi bianchi e subito la fiammata dell'esplosione, squarciando la notte. Un Fiorino Fiat bianco imbottito di esplosivo salta in aria. La Torre dei Pulci, che ospitava l'antica Accademia dei Georgofili, viene aperta fino al soffitto. Lo scoppio risucchiava la famiglia di Fabrizio Nencioni, ispettore dei vigili urbani, e di Angela Fiume, custode dell' Accademia. Se ne andavano in un lampo di fuoco insieme alle due bambine, Nadia e Caterina. A lungo si sarebbe scavato con le mani e i badili, nel tentativo di trovare i corpi.
Le strade antiche e strette amplificarono l'effetto dell'esplosione. Il palazzo dirimpettaio non poteva che restarne coinvolto. Qui si trovava un giovane coppia. Francesca Chelli, all'epoca 22 anni, spezzina, studentessa di architettura, riuscì a scappare, coperta di ustioni. Il compagno, Dario Capolicchio fu invece risucchiato dalle fiamme. Alcuni testimoni diranno di aver visto una figura barcollare verso la finestra, avviluppata dalle fiamme, che tenta di sporgersi, alza le braccia, cade all'indietro, forse arrendendosi al dolore e all'imminente condanna.
Intanto nella città era il caos. Poliziotti che correvano urlando. Vigili che non sapevano dove guardare. Richieste di aiuto. Otto palazzi intorno all'epicentro sconvolti dall'onda d'urto e successivamente sgomberati. Una città ferita e le sirene che la attraversavano.
Profetica sarebbe stata la poesia composta dalla piccola Nadia, solo tre giorni prima.
"Il pomeriggio
se ne va
Il tramonto si avvicina
un momento stupendo
Il sole sta andando via (a letto)
E' già sera tutto è finito"
(Nadia Nencioni)
Oggi sovvengono i 23 anni da quella notte infame ed ancora aspettiamo risposte. Tanti nomi sono passati, come una macabra passerella: Riina, Graviano, Bagarella e Provenzano; Francesco Tagliavia, condannato in appello; i nomi del pentito Gaspare Monticciolo. La pazienza è la virtù dei forti ed in questo paese la società civile è forte.
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