giovedì, maggio 19, 2016
Traumatizzata, ma in buone condizioni. È la giovane ritrovata ieri nel nord est della Nigeria, nella foresta di Sambisa, considerata la roccaforte dei Boko Haram: faceva parte delle 276 studentesse di Chibok, nello Stato del Borno, presa d’assalto dal gruppo estremista nell’aprile del 2014.

Radio Vaticana - Poche ore dopo il sequestro, decine di ragazze riuscirono a fuggire, ma di oltre 200 non si seppe più nulla. La diciannovenne è stata ritrovata da un gruppo di milizie civili: con lei c’era un bambino di pochi mesi ed un uomo, arrestato perché ritenuto il jihadista a cui la giovane sarebbe stata data in sposa dai miliziani. Forse già in giornata potrebbe essere trasferita ad Abuja per incontrare il presidente Muhammadu Buhari. Della vicenda Giada Aquilino ha parlato col padre comboniano Efrem Tresoldi, direttore della rivista Nigrizia: ascolta.

R. – La cosa importante che penso ci dica questa liberazione è che la ragazza ha rivelato che le giovani rapite sarebbero tutte nella foresta di Sambisa, al confine con il Camerun. Questo dovrebbe dare un incentivo al governo di Muhammadu Buhari di portare avanti con più decisione la loro liberazione. Pare che ci siano tutte, eccetto sei che sono morte, secondo la rivelazione di Amina, la ragazza ritrovata.

D. – È possibile che la giovane fosse stata data forzatamente in sposa ad un miliziano?

R. – È la condizione a cui vengono sottoposte le ragazze: forzate a sposare i loro rapitori. Quindi è molto probabile. Quello che però bisognerebbe dire è che la campagna organizzata dalle “#Bring back our girls” in Nigeria - con il sostegno internazionale anche di Michelle Obama e Malala, la ragazza pakistana attivista - ha criticato aspramente il nuovo governo di Buhari: il presidente aveva infatti promesso che la sconfitta del movimento terrorista Boko Haram non sarebbe avvenuta senza la liberazione delle ragazze. E questo lo ha detto l’anno scorso quando si è insediato come presidente, nel maggio 2015. Ma da allora non c’è stato alcun progresso. Speriamo quindi che questa liberazione possa spingere il governo di Buhari a fare qualcosa di più serio per liberarle.
 
D. – Il medico del villaggio dov’è rientrata la ragazza ha detto che la giovane è traumatizzata, ha un bambino – probabilmente suo – e forse è vittima di violenza sessuale: come agiscono gli estremisti?

R. – Per loro non c’è alcun rispetto per le persone. Si può immaginare che queste ragazzine siano state vittime di violenza sessuale, viste le maniere che i miliziani hanno usato finora, servendosi addirittura di bambine e bambini come kamikaze, imbottendoli di dinamite, così da farli saltare in aria causando la morte di decine di migliaia di persone proprio nello Stato del Borno, nel nord est del Paese.

D. – In che fase è la lotta ai Boko Haram?

R. – Il presidente Buhari si è detto disposto a parlare con la leadership di Boko Haram: proposta che è stata rifiutata dai leader del movimento terrorista perché considerata “senza senso”. L’altra cosa che il governo di Buhari ha fatto, e che potrebbe dare qualche risultato, è che a gennaio ha promesso di istituire una commissione di investigazione sui rapporti tra il governo centrale di Abuja, lo Stato di Borno in questo caso e gli Stati del nord est della Nigeria. Pare infatti che non ci sia stata in passato una comunicazione tra l’intelligence centrale e gli Stati nord orientali e questo ha comportato soprattutto ritardi nell’intervenire contro gli attacchi di Boko Haram. Addirittura in alcuni casi c’è il sospetto che settori militari nigeriani siano complici e in combutta con Boko Haram, perché alle volte l’allarme è stato dato in tempo, ma l’intervento delle forze dell’ordine e dell’esercito è arrivato molto in ritardo.


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