Scontro verbale a Ballarò tra Denis Verdini e Marco Travaglio. Il direttore de "Il Fatto" accusa l'ex fedelissimo di Berlusconi di aver ammesso in televisione di aver preso dei soldi in nero e averci pagato le tasse: "Ma in quale altro Paese lei starebbe ancora in Parlamento?". Pronta la replica di Verdini: "Stamattina sono passato in farmacia a cercare le pasticche per l'ignoranza".
Sul ring televisivo di “Ballarò”, Denis Verdini incrocia le spade con il direttore de "Il Fatto quotidiano" Marco Travaglio. Un duello rusticano che all'ascoltatore può aver detto poco. Troppo distanti i due, a prevalere è stata l'incomunicabilità, con il secondo che afferma: "Con il curriculum giudiziario come il suo in Europa nessuno potrebbe sedere in Parlamento". E Verdini che accusa il giornalista di essere "un giustizialista, bravo solo a fare racconti fantasiosi e a puntare il dito contro gli altri".
Sulla famosa rottura del ventennale sodalizio con Silvo Berlusconi, il leader di Ala spiega: "l'ultima volta che ho visto Berlusconi è stato un anno fa", negando però di stare col governo "per fare gli interessi delle sue aziende".
Dunque, incalza Travaglio, "smettetela di fare gli amanti clandestini, fate coming out e dite che siete in maggioranza, senza fingere e nascondervi dietro le fioriere come ha fatto il senatore Falanga quando negava di avere partecipato alla riunione della maggioranza al ministero della Giustizia per discutere della prescrizione". Verdini ha chiarito di non volersi nascondere e che non voterà il provvedimento del governo che allunga la prescrizione: "perché la ruota gira e un giorno può capitare anche a lei il calvario che vivono molti italiani con i processi infiniti".
Il "coming out" richiesto da Travaglio c'è stato, quantomeno nella forma di un attestato di stima verso Renzi, che sarebbe una "grande novità", ovvero la continuazione di una certa idea di modernità un ventennio fa si affiancava a Berlusconi.
Stima dimostrata sia parlando di riforma costituzionale: "Ci batteremo per riforme che migliorano il Paese, faremo parte dei comitati per il Sì"; che nell'attaccare minoranza Pd: "Cuperlo dice sciocchezze - ha continuato - Parlano di noi e di Ala per non parlare di loro stessi. Vadano fino in fondo, risolvano i loro problemi. Io l'ho fatto, rompendo con Berlusconi. La smettano di nascondersi".
L'intervista si è chiusa, infine, con l'accusa di "trasformismo" da parte di Travaglio. "Si chiama democrazia parlamentare" la risposta Verdini. Hanno ragione entrambi: il trasformismo non è che una delle tante pratiche attuabili nella democrazia parlamentare, discutibile nei metodi non meno del "purismo" d'opposizione applicato dai Cinque Stelle.
Lo scambio di accuse reciproche però ha solo confermato l'esistenza di una parete di plexiglass, che nessuno dei due è riuscito a sfondare. Due mondi distanti, dicevamo, due mondi che difficilmente comunicheranno.
Sul ring televisivo di “Ballarò”, Denis Verdini incrocia le spade con il direttore de "Il Fatto quotidiano" Marco Travaglio. Un duello rusticano che all'ascoltatore può aver detto poco. Troppo distanti i due, a prevalere è stata l'incomunicabilità, con il secondo che afferma: "Con il curriculum giudiziario come il suo in Europa nessuno potrebbe sedere in Parlamento". E Verdini che accusa il giornalista di essere "un giustizialista, bravo solo a fare racconti fantasiosi e a puntare il dito contro gli altri".
Sulla famosa rottura del ventennale sodalizio con Silvo Berlusconi, il leader di Ala spiega: "l'ultima volta che ho visto Berlusconi è stato un anno fa", negando però di stare col governo "per fare gli interessi delle sue aziende".
Dunque, incalza Travaglio, "smettetela di fare gli amanti clandestini, fate coming out e dite che siete in maggioranza, senza fingere e nascondervi dietro le fioriere come ha fatto il senatore Falanga quando negava di avere partecipato alla riunione della maggioranza al ministero della Giustizia per discutere della prescrizione". Verdini ha chiarito di non volersi nascondere e che non voterà il provvedimento del governo che allunga la prescrizione: "perché la ruota gira e un giorno può capitare anche a lei il calvario che vivono molti italiani con i processi infiniti".
Il "coming out" richiesto da Travaglio c'è stato, quantomeno nella forma di un attestato di stima verso Renzi, che sarebbe una "grande novità", ovvero la continuazione di una certa idea di modernità un ventennio fa si affiancava a Berlusconi.
Stima dimostrata sia parlando di riforma costituzionale: "Ci batteremo per riforme che migliorano il Paese, faremo parte dei comitati per il Sì"; che nell'attaccare minoranza Pd: "Cuperlo dice sciocchezze - ha continuato - Parlano di noi e di Ala per non parlare di loro stessi. Vadano fino in fondo, risolvano i loro problemi. Io l'ho fatto, rompendo con Berlusconi. La smettano di nascondersi".
L'intervista si è chiusa, infine, con l'accusa di "trasformismo" da parte di Travaglio. "Si chiama democrazia parlamentare" la risposta Verdini. Hanno ragione entrambi: il trasformismo non è che una delle tante pratiche attuabili nella democrazia parlamentare, discutibile nei metodi non meno del "purismo" d'opposizione applicato dai Cinque Stelle.
Lo scambio di accuse reciproche però ha solo confermato l'esistenza di una parete di plexiglass, che nessuno dei due è riuscito a sfondare. Due mondi distanti, dicevamo, due mondi che difficilmente comunicheranno.
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