Uomo di esperienza, per un incarico rilevante. È il profilo di S.Em. il Card. Beniamino Stella, Prefetto della Congregazione per il Clero. Voluto fortemente da Papa Francesco, ha ricoperto ruoli di primo piano nell’ambito della diplomazia vaticana e come Nunzio Apostolico.
di Dario Cataldo
Il suo è un parere ascoltato, ben calibrato e ponderato. Ecco perché se traccia il prototipo del “religioso” secondo il Pontefice, c’è da prestare attenzione. Traendo spunto dall’Omelia per il Giubileo dei Sacerdoti, per la quale Bergoglio sottolinea la propensione del “pastore a conoscere solo due direzioni: il Signore e la gente”, il Porporato articolo il suo identikit.
Per svolgere il delicato incarico di guida spirituale, il prete dovrebbe prima di tutto essere misericordioso e capace di perdonare. Accogliente e disponibile, presente nelle vicende delle persone della sua comunità. Dunque non un uomo che svolga il “compitino” in modo passivo, magari guardando l’orologio o consultando l’agenda degli appuntamenti. Sostiene Stella che: “Un prete presente nelle vicende del popolo è capace di commuoversi di fronte ai drammi della vita”.
Questo comporta l’inclusione sia dei praticanti che di chi è lontano dalla Chiesa, di chi necessita un sostegno, una maggiore sensibilità e vicinanza. Ecco perché il Presule dichiara che: “Le relazioni del Papa con i non credenti sono esemplari per i pastori, che non possono dimenticare le pecore che non sono mai entrate nel gregge o che si sono allontanate da esso. Dobbiamo cercare queste pecore con gesti umani, nell’ora della malattia e della gioia. Se il parroco – continua il Cardinale – ha intuizione e sensibilità, non manca di bussare alla porta di chi ha bisogno. Il prete pastore non dimentica questa larga fetta di persone che magari non frequentano la Chiesa, ma si ricordano della fede della nonna o della mamma. E lì può trovare un aggancio concreto per entrare nei loro cuori”.
Altra nota dolente è la crisi vocazionale, la quale è più profonda nel Vecchio Continente piuttosto che nei paesi in via di sviluppo, in cui l’appiglio alla fede resta ancora una tappa fondamentale per cercare risposte concrete agli interrogativi della vita.
A tal proposito, il Presule esprime preoccupazione per una Europa sempre più refrattaria alla buona novella. “Tante iniziative nascono a livello di Conferenze episcopali. Incoraggiamo i vescovi a sostenere la pastorale vocazionale, centrandola in particolare sulla figura del sacerdote. Nel post-Concilio – continua Stella – abbiamo insistito tanto sulla vocazione alla santità dei laici, e forse le persone non si sentono più interpellate dalla vocazione sacerdotale. Dobbiamo invitare i giovani a pensare a questo servizio al Signore nel ministero ordinato”.
Specie nei giovani, l’allontanamento per svaghi effimeri rappresenta è solo fumo negli occhi, specchietti per le allodole che creano vuoti profondi. È compito del sacerdote impegnarsi per colmare un solco sempre più profondo. A lui il Santo Padre ha affidato la chiave di volta per riaccendere la fiammella che avvicina il popolo a Dio, attraverso quella luce fulgida che è Gesù Cristo.
di Dario Cataldo
Il suo è un parere ascoltato, ben calibrato e ponderato. Ecco perché se traccia il prototipo del “religioso” secondo il Pontefice, c’è da prestare attenzione. Traendo spunto dall’Omelia per il Giubileo dei Sacerdoti, per la quale Bergoglio sottolinea la propensione del “pastore a conoscere solo due direzioni: il Signore e la gente”, il Porporato articolo il suo identikit.
Per svolgere il delicato incarico di guida spirituale, il prete dovrebbe prima di tutto essere misericordioso e capace di perdonare. Accogliente e disponibile, presente nelle vicende delle persone della sua comunità. Dunque non un uomo che svolga il “compitino” in modo passivo, magari guardando l’orologio o consultando l’agenda degli appuntamenti. Sostiene Stella che: “Un prete presente nelle vicende del popolo è capace di commuoversi di fronte ai drammi della vita”.
Questo comporta l’inclusione sia dei praticanti che di chi è lontano dalla Chiesa, di chi necessita un sostegno, una maggiore sensibilità e vicinanza. Ecco perché il Presule dichiara che: “Le relazioni del Papa con i non credenti sono esemplari per i pastori, che non possono dimenticare le pecore che non sono mai entrate nel gregge o che si sono allontanate da esso. Dobbiamo cercare queste pecore con gesti umani, nell’ora della malattia e della gioia. Se il parroco – continua il Cardinale – ha intuizione e sensibilità, non manca di bussare alla porta di chi ha bisogno. Il prete pastore non dimentica questa larga fetta di persone che magari non frequentano la Chiesa, ma si ricordano della fede della nonna o della mamma. E lì può trovare un aggancio concreto per entrare nei loro cuori”.
Altra nota dolente è la crisi vocazionale, la quale è più profonda nel Vecchio Continente piuttosto che nei paesi in via di sviluppo, in cui l’appiglio alla fede resta ancora una tappa fondamentale per cercare risposte concrete agli interrogativi della vita.
A tal proposito, il Presule esprime preoccupazione per una Europa sempre più refrattaria alla buona novella. “Tante iniziative nascono a livello di Conferenze episcopali. Incoraggiamo i vescovi a sostenere la pastorale vocazionale, centrandola in particolare sulla figura del sacerdote. Nel post-Concilio – continua Stella – abbiamo insistito tanto sulla vocazione alla santità dei laici, e forse le persone non si sentono più interpellate dalla vocazione sacerdotale. Dobbiamo invitare i giovani a pensare a questo servizio al Signore nel ministero ordinato”.
Specie nei giovani, l’allontanamento per svaghi effimeri rappresenta è solo fumo negli occhi, specchietti per le allodole che creano vuoti profondi. È compito del sacerdote impegnarsi per colmare un solco sempre più profondo. A lui il Santo Padre ha affidato la chiave di volta per riaccendere la fiammella che avvicina il popolo a Dio, attraverso quella luce fulgida che è Gesù Cristo.
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