Si scava nella vita del giovane assassino della coppia di poliziotti. Scattati i primi arresti. Secondo la tv francese aveva già il telefono sotto controllo. La perquisizione dell'abitazione di Abballa, effettuata stamani, non ha portato alla scoperta di alcuna arma o ordigno.
Proseguono le indagini intorno a Larossi Abballa, il terrorista autore del duplice omicidio consumatosi nella serata di ieri a Magnanville, nell'hinterland parigino. Ora si scava nella vita di Abballa per risalire a nuove minacce o eventuali complici. Alle 5 di questa mattina la polizia avrebbe effettuato la perquisizione nel domicilio dell'uomo, al terzo piano di uno stabile in rue Roald Amundsen, a Mantes-la-Jolie, senza, però, ritrovare armi o esplosivi.
Spuntano inoltre nuovi dettagli sulla precedente condanna per "associazione a delinquere finalizzata alla preparazione di atti terroristici".
Il quotidiano Le Figaro ha intervistato, infatti, il giudice Marc Trevidic, che interrogò il giovane terrorista nel 2013, all'epoca dell'inchiesta sulla filiera jihadista franco-pakistana. Il caso coinvolgeva altri sei uomini, due dei quali si erano recati a Lahore per incontrare un emissario di Al Qaeda. Abballa era rimasto in Francia ed era considerato una figura minore.
"Era un tizio come se ne vedono tanti nei dossier sugli islamisti - ha raccontato il magistrato - Era imprevedibile, dissimulatore voleva fare il jihad, questo è certo. Si era allenato in Francia, non militarmente, ma fisicamente. Tuttavia all'epoca, a parte le cattive frequentazioni e lo jogging per tenersi in forma, non vi era molto contro di lui sul piano penale".
Al processo, Abballa aveva ammesso di esseri radicalizzato essenzialmente attraverso Internet: "Avevo bisogno di riconoscimento, non lavoravo e mi avevano appena bocciato al Cap (diploma professionale, ndr). Mi hanno cominciato a parlare di religione e mi ha confortato". Raggiunto da Le Parisien il suo avvocato difensore, Hervè Denis: "non era intelligente, né brillante".
Intanto, secondo la tv francese i-Télé, il killer, era già sotto inchiesta per legami con una filiera di jihadisti collegata alla Siria ed il suo telefono sotto controllo, mentre gli esperti informatici dell'antiterrorismo starebbero ancora studiandone le attività social.
Nella ricostruzione delle cerchie sociali vicine a Abballa, infine, sarebbero già scattati i primi arresti: si tratterebbe di una coppia di funzionari di polizia di Magnanville, senza legami di parentela col giovane. Regge ancora, però, l'ipotesi del lupo solitario, magari sciolto da una vera e propria filiera organizzativa alle sue spalle. I suoi stessi messaggi sul profilo facebook tradiscono, infatti, il carattere improvvisato della sua preparazione jihadista.
Proseguono le indagini intorno a Larossi Abballa, il terrorista autore del duplice omicidio consumatosi nella serata di ieri a Magnanville, nell'hinterland parigino. Ora si scava nella vita di Abballa per risalire a nuove minacce o eventuali complici. Alle 5 di questa mattina la polizia avrebbe effettuato la perquisizione nel domicilio dell'uomo, al terzo piano di uno stabile in rue Roald Amundsen, a Mantes-la-Jolie, senza, però, ritrovare armi o esplosivi.
Spuntano inoltre nuovi dettagli sulla precedente condanna per "associazione a delinquere finalizzata alla preparazione di atti terroristici".
Il quotidiano Le Figaro ha intervistato, infatti, il giudice Marc Trevidic, che interrogò il giovane terrorista nel 2013, all'epoca dell'inchiesta sulla filiera jihadista franco-pakistana. Il caso coinvolgeva altri sei uomini, due dei quali si erano recati a Lahore per incontrare un emissario di Al Qaeda. Abballa era rimasto in Francia ed era considerato una figura minore.
"Era un tizio come se ne vedono tanti nei dossier sugli islamisti - ha raccontato il magistrato - Era imprevedibile, dissimulatore voleva fare il jihad, questo è certo. Si era allenato in Francia, non militarmente, ma fisicamente. Tuttavia all'epoca, a parte le cattive frequentazioni e lo jogging per tenersi in forma, non vi era molto contro di lui sul piano penale".
Al processo, Abballa aveva ammesso di esseri radicalizzato essenzialmente attraverso Internet: "Avevo bisogno di riconoscimento, non lavoravo e mi avevano appena bocciato al Cap (diploma professionale, ndr). Mi hanno cominciato a parlare di religione e mi ha confortato". Raggiunto da Le Parisien il suo avvocato difensore, Hervè Denis: "non era intelligente, né brillante".
Intanto, secondo la tv francese i-Télé, il killer, era già sotto inchiesta per legami con una filiera di jihadisti collegata alla Siria ed il suo telefono sotto controllo, mentre gli esperti informatici dell'antiterrorismo starebbero ancora studiandone le attività social.
Nella ricostruzione delle cerchie sociali vicine a Abballa, infine, sarebbero già scattati i primi arresti: si tratterebbe di una coppia di funzionari di polizia di Magnanville, senza legami di parentela col giovane. Regge ancora, però, l'ipotesi del lupo solitario, magari sciolto da una vera e propria filiera organizzativa alle sue spalle. I suoi stessi messaggi sul profilo facebook tradiscono, infatti, il carattere improvvisato della sua preparazione jihadista.
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