Con la fine del governo del Partito dei Lavoratori, il Brasile si affida da Temer del partito di centro, residuo della dittatura militare. Quali orizzonti, dunque, per il paese sudamericano? Possibile inserire la vicenda brasiliana all'interno del più vasto contesto continentale? Ne abbiamo parlato con il giornalista e scrittore Marco D'Eramo.
"Un governo al servizio del capitalismo feudale brasiliano". Con queste parole Marco D'Eramo, allievo del grande sociologo Bourdieu, firma storica de Il Manifesto, scrittore prolifico ed oggi impegnato con New Left Review e Micromega, ha descritto ai nostri microfoni il futuro che attende il Brasile con l'ascesa al potere di Michel Temer.
Con la destituzione decisa dal Senato della Presidente Dilma Rousseff soltanto ieri sera, il Brasile si apre a vivere una nuova fase della propria storia politica, con la fine dell'esperienza governativa del Partito dei Lavoratori, durata 13 anni, e caratterizzata dal cosiddetto "Lulismo". Un'esperienza politica che si mischia con la storia delle sinistre sudamericane, che dal 2000 hanno sì giocato un ruolo importante nel consolidamento delle istituzioni democratiche, ma sono anche scese spesso a patti con le grandi forze economiche dei rispettivi paesi.
Sono tante le occasioni mancate dal Brasile, ha spiegato D'Eramo, in un periodo economico e politico in cui si sarebbe potuto fare di più, sia a livello fiscale che retributivo, senza riuscire a lanciare una vera e propria classe media, finendo col creare "una generazione di giovani pieni di aspettative con sono andate deluse con la crisi economica" ed infilando il paese "nella traiettoria deleteria delle grandi opere".
In tutto questo Dilma? Secondo D'Eramo, a differenza di Lula, è stata priva di una certa comunicatività politica, figlia anche della sua origine sociale fortemente borghese, sebbene strenua oppositrice della giunta militare. Ma ha anche pagato la sue presenza all'interno di un sistema interamente e profondamente corrotto, come lo scandalo Petrobras sta dimostrando, nel quale, ergendosi a paladina dell'onestà, ne sarebbe stata a sua volta vittima, con migliaia di posti di lavoro persi a seguito dello scandalo e l'acuirsi di una crisi economica già molto forte: "Ha di fatto bloccato l'economia".
Intervista di Lorenzo Carchini
"Un governo al servizio del capitalismo feudale brasiliano". Con queste parole Marco D'Eramo, allievo del grande sociologo Bourdieu, firma storica de Il Manifesto, scrittore prolifico ed oggi impegnato con New Left Review e Micromega, ha descritto ai nostri microfoni il futuro che attende il Brasile con l'ascesa al potere di Michel Temer.
Con la destituzione decisa dal Senato della Presidente Dilma Rousseff soltanto ieri sera, il Brasile si apre a vivere una nuova fase della propria storia politica, con la fine dell'esperienza governativa del Partito dei Lavoratori, durata 13 anni, e caratterizzata dal cosiddetto "Lulismo". Un'esperienza politica che si mischia con la storia delle sinistre sudamericane, che dal 2000 hanno sì giocato un ruolo importante nel consolidamento delle istituzioni democratiche, ma sono anche scese spesso a patti con le grandi forze economiche dei rispettivi paesi.
In tutto questo Dilma? Secondo D'Eramo, a differenza di Lula, è stata priva di una certa comunicatività politica, figlia anche della sua origine sociale fortemente borghese, sebbene strenua oppositrice della giunta militare. Ma ha anche pagato la sue presenza all'interno di un sistema interamente e profondamente corrotto, come lo scandalo Petrobras sta dimostrando, nel quale, ergendosi a paladina dell'onestà, ne sarebbe stata a sua volta vittima, con migliaia di posti di lavoro persi a seguito dello scandalo e l'acuirsi di una crisi economica già molto forte: "Ha di fatto bloccato l'economia".
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