giovedì, settembre 22, 2016
Si discuta pure lo stile, la mozione già pronta o la politica del No "cosmico", ma non la coerenza del Movimento che, almeno su questo tema, non si è mai nascosto. Il giorno dopo di una vicenda che ci dice molto del nostro paese.

di Lorenzo Carchini

Ieri è arrivata l'attesa conferma. Roma 2024 non si farà o, comunque, non con il benestare della sindaca capitolina Virginia Raggi. Un pomeriggio fatto di notizie e voci di corridoio che si sono rincorse, dallo studiolo ove gli dei dell'Olimpo sportivo hanno atteso invano per 40 minuti che la Prima Cittadina facesse il suo ingresso. Fino all'amaro ritiro al Palazzo H, in buon ordine.

L'ha fatta da padrona, la Raggi ieri, nel bene e nel male. Uno schiaffo a chi lo sport da anni lo comanda, ma soprattutto, non ce ne vogliano i bravi Malagò e Pancalli, ad un modo di intendere lo sport come "attività patronale" della quale un manipolo di oligarchi si è impadronito da almeno un ventennio senza mai farsi da parte, giocando ad una House of Cards all'italiana, con fronde interne, vendette, poltronissime ed Ercolini sempre in piedi ad ogni cambio di vento.

Torniamo con la memoria a Italia '90, cerchiamo in tribuna d'onore, all'inaugurazione, qualche volto noto. Eccoli, già tutti lì, ancora fresco qualcuno (Montezemolo), meno qualcun'altro (Carraro, Pescante). La squadra era pronta e i termini usati per l'evento furono piuttosto simili a quelli di oggi: "Il Mondiale sarà l'occasione più opportuna per dimostrare non solo le nostre capacità organizzative ma anche l’alto livello tecnologico raggiunto in tutti i settori della vita nazionale".

Parola di Carraro, oggi nel CIO, esperto navigatore dei mari in tempesta. Uomini giusti per tutte le stagioni. Esperti, senz'altro. Con scheletri nell'armadio, non meno di qualunque politico o imprenditore che abbia svolto seriamente il mestiere.

La verità è che non c'è mai stato margine di manovra con la Raggi e le polemiche sulla giunta hanno, se possibile, ispessito quel muro contro cui Malagò ha finito per scontrarsi. La sindaca, da tutto ciò, ottiene una doppia vittoria. Il 70% dei cittadini votanti, che l'ha preferita, con ogni probabilità era ostile all'idea delle Olimpiadi, e così è stata rispettata la loro volontà. D'altra, proprio con questo comportamento unilaterale (e sui modi ci sarebbe molto di che discutere), ha ricompattato i 5 Stelle dopo un Settembre di polemiche.

Non diversamente dall'atteggiamento, anche i termini della conferenza stampa sono stati precisi e studiati: "Scelta di responsabilità". Fa sorridere come la parola d'ordine che aveva accompagnato la (saggia) scelta dell'allora premier Monti di non candidare Roma nel 2020, possa oggi provocare travasi di bile a destra e a sinistra, che proprio con quei termini si erano nascosti come bambini dietro le sottane delle madri, nel periodo delle manovre "lacrime e sangue".

"Ci hanno preso in giro" gridano da Palazzo H, ma se fosse stato il Coni stesso ad insistere su un tema per il quale era evidente non ci fossero spiragli? La minaccia del danno erariale è soltanto l'ultimo atto di una scenetta stilisticamente patetica che, come spesso torniamo a dire, ci racconta qualcosa sulla nostra società politica. E la richiesta, sottovoce, di un intervento di Renzi appare quantomeno improbabile: in questo momento non ne avrebbe la forza, troppi i fronti aperti ed un ulteriore intervento su Roma sarebbe controproducente.


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