venerdì, settembre 23, 2016
Sanzioni, controlli e multe per cattolici che mantengono rapporti con il Vaticano. Questo è la panoramica del documento che regolamenta le attività religiose in Cina.

di Dario Cataldo

Uno scenario surreale per chi predica la non discriminazione; purtroppo, la libertà di culto in certi frangenti del globo resta una mera utopia. Con la nuova bozza in merito alle attività religiose, che dovrebbe sostituire i regolamenti del 2004, a cambiare sono diversi temi. Innanzitutto le dimensioni, che da 48 articoli arrivano a 74 distribuiti in 9 capitoli. A seguire gli obblighi, ferrei e intransigentiper chi infrange le regole.

Si pensi alla multa fino a 200 mila yuan - oltre 27 mila euro - per coloro i quali non rispettano le osservanze sulla costruzione di edifici di culto, sull'uso di internet per scopi religiosi, sull'esposizione di statue sacre o sul personale addetto ad officiare la Liturgia. Se commisurata al salario minimo di un operaio - poco meno di 300 euro mensili - si comprende l'iniquità dell'intervento.

Un'impalcatura che, seppur nello stato embrionale di bozza, conferma la vecchia ideologia di stampo comunista che cerca di penalizzare le religioni, intese come "l'oppio dei popoli". Un rigido controllo dunque, per statalizzare tutte le attività di culto, punibili se in contraddizione con il sistema.

Serrati controlli per Vescovi e sacerdoti cinesi, ai quali è imposta la registrazione presso i registri dei dipartimenti degli affari religiosi della nazione. Una capillare azione volta ad una totale supervisione della fede. I rapporti con il Vaticano restano un Tabù, se non autorizzati.

Di certo, la speranza è che la bozza possa subire modifiche meno restrittive perché in tali condizioni si conferma come uno strumento di regime, senza se e senza ma.


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