Sono scese in migliaia e vestite di nero le donne argentine per partecipare allo sciopero organizzato lo scorso mercoledì con lo scopo di chiedere giustizia per lo stupro e l'omicidio di Lucia Perez.
Radio Vaticana - La giovane adolescente di 16 anni è morta all’inizio di ottobre nella città di Mar del Plata dopo aver subito brutali violenze. Gli attivisti hanno chiesto alle donne di abbandonare i posti di lavoro per partecipare alla protesta a dimostrazione della loro importanza nell'economia produttiva argentina oltre che per dire basta alla violenza sulle donne. In media, in Argentina muore una donna ogni 36 ore a seguito di abusi.
Il Paese sudamericano ha adottato una legge anti-femminicidio nel 2012, con pene più severe per gli omicidi in cui il genere rappresenta la causa scatenante. Clarissa Guerrieri ha intervistato Roberto Da Rin, giornalista del Sole 24 Ore, esperto di America Latina:
R. – Questo ultimo caso di violenza che si è registrato è stato devastante! I sociologi e i criminologi notavano come non si possa ricordare un crimine così efferato e con tante violazioni su una sola persona. Quindi è particolarmente drammatico e devastante quello che è successo a Buenos Aires ad una donna, ad una ragazza di 16 anni. A livello politico, ovunque c’è stata una coesione senza precedenti e questo è un fatto positivo…
D. – La legge antifemminicidio del 2012 ha ridotto i casi di violenza?
R. – Parrebbe di no, perché dalle rivelazioni effettuate parrebbe che non sia stata efficace come si sarebbe sperato. Naturalmente c’è anche qualche dato contrastante al riguardo, perchè c’è chi sostiene che, invece, ci sia stata una diminuzione della violenza. Non dimentichiamo che c’è poi un gap, un divario incolmabile tra le denunce e i casi effettivamente patiti e quelli denunciati, ma non alla Polizia e agli organismi. Non si riesce mai ad avere un dato univoco e chiaro sulle violenze, perché – come sappiamo – molte violenze sono domestiche oppure peggio non vengono denunciate anche quando vengono fatte fuori dalle mura di casa.
D. – Le famiglie delle vittime temono ritorsioni o seguono dei programmi di protezione?
R. – Le famiglie delle vittime temono ritorsioni naturalmente, come è sempre stato in tutti i Paesi e quindi anche di Italia… Purtroppo in alcune regioni - in Calabria, in Sicilia e in Campania – il problema delle denunce non fatte per timori di ritorsioni della Camorra, della Mafia e dell’Ndrangheta è un problema ricorrente. A maggior ragione in America Latina e quindi in Argentina, dove – al di là della Capital Federal di Buenos Aires, sia della cerchia più ristretta e con consuetudini sociali più assimilabili a quelle dell’Europa e con un ceto medio relativamente diffuso - tutto ciò che avviene nelle grandi periferie, per non parlare poi delle favelas, che lì vengono chiamate “villa miseria”, è poco riscontrabile e naturalmente sfugge alle rivelazioni.
D. – Ci può parlare dello sciopero che si è diffuso in Argentina e che è partito da Buenos Aires?
R. – La reazione delle donne è stata forte, perché ci sono state queste manifestazioni “Ni una menos” e “ Miércoles Negro” – “Non una di più, non una violazione in più” e “Mercoledì nero”: queste sono state le due maniere in cui si è comunicato lo sdegno in molte città argentine e in molte città latinoamericane, perché manifestazioni ci sono state anche in Cile, in Messico, in Uruguay e in Europa, a Madrid e a Barcellona. Per fortuna è stato dato risalto e soprattutto seguito internazionale, a questa vicenda accaduta a Mar de La Plata, che è una città a 400 chilometri a sud di Buenos Aires.
Radio Vaticana - La giovane adolescente di 16 anni è morta all’inizio di ottobre nella città di Mar del Plata dopo aver subito brutali violenze. Gli attivisti hanno chiesto alle donne di abbandonare i posti di lavoro per partecipare alla protesta a dimostrazione della loro importanza nell'economia produttiva argentina oltre che per dire basta alla violenza sulle donne. In media, in Argentina muore una donna ogni 36 ore a seguito di abusi.
Il Paese sudamericano ha adottato una legge anti-femminicidio nel 2012, con pene più severe per gli omicidi in cui il genere rappresenta la causa scatenante. Clarissa Guerrieri ha intervistato Roberto Da Rin, giornalista del Sole 24 Ore, esperto di America Latina:
R. – Questo ultimo caso di violenza che si è registrato è stato devastante! I sociologi e i criminologi notavano come non si possa ricordare un crimine così efferato e con tante violazioni su una sola persona. Quindi è particolarmente drammatico e devastante quello che è successo a Buenos Aires ad una donna, ad una ragazza di 16 anni. A livello politico, ovunque c’è stata una coesione senza precedenti e questo è un fatto positivo…
D. – La legge antifemminicidio del 2012 ha ridotto i casi di violenza?
R. – Parrebbe di no, perché dalle rivelazioni effettuate parrebbe che non sia stata efficace come si sarebbe sperato. Naturalmente c’è anche qualche dato contrastante al riguardo, perchè c’è chi sostiene che, invece, ci sia stata una diminuzione della violenza. Non dimentichiamo che c’è poi un gap, un divario incolmabile tra le denunce e i casi effettivamente patiti e quelli denunciati, ma non alla Polizia e agli organismi. Non si riesce mai ad avere un dato univoco e chiaro sulle violenze, perché – come sappiamo – molte violenze sono domestiche oppure peggio non vengono denunciate anche quando vengono fatte fuori dalle mura di casa.
D. – Le famiglie delle vittime temono ritorsioni o seguono dei programmi di protezione?
R. – Le famiglie delle vittime temono ritorsioni naturalmente, come è sempre stato in tutti i Paesi e quindi anche di Italia… Purtroppo in alcune regioni - in Calabria, in Sicilia e in Campania – il problema delle denunce non fatte per timori di ritorsioni della Camorra, della Mafia e dell’Ndrangheta è un problema ricorrente. A maggior ragione in America Latina e quindi in Argentina, dove – al di là della Capital Federal di Buenos Aires, sia della cerchia più ristretta e con consuetudini sociali più assimilabili a quelle dell’Europa e con un ceto medio relativamente diffuso - tutto ciò che avviene nelle grandi periferie, per non parlare poi delle favelas, che lì vengono chiamate “villa miseria”, è poco riscontrabile e naturalmente sfugge alle rivelazioni.
D. – Ci può parlare dello sciopero che si è diffuso in Argentina e che è partito da Buenos Aires?
R. – La reazione delle donne è stata forte, perché ci sono state queste manifestazioni “Ni una menos” e “ Miércoles Negro” – “Non una di più, non una violazione in più” e “Mercoledì nero”: queste sono state le due maniere in cui si è comunicato lo sdegno in molte città argentine e in molte città latinoamericane, perché manifestazioni ci sono state anche in Cile, in Messico, in Uruguay e in Europa, a Madrid e a Barcellona. Per fortuna è stato dato risalto e soprattutto seguito internazionale, a questa vicenda accaduta a Mar de La Plata, che è una città a 400 chilometri a sud di Buenos Aires.
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