A Roma, Milano, Bologna, Napoli e Torino rinnovati i consigli delle ex province abolite. La nuova formula, però, non chiama in causa i cittadini, ma sindaci e consiglieri comunali. Ad uscirne avvantaggiate sono state le coalizioni "tradizionali".
Un'elezione di secondo grado, nella quale sono i sindaci e i consiglieri comunali a votare per i membri dei consigli metropolitani. Questo è ciò che resta delle vecchie e discusse elezioni provinciali nelle grandi città del paese chiamate domenica a votare: Milano, Torino, Bologna, Roma e Napoli. Un'elezione passata quasi inosservata ma che apre strascichi di polemiche in vista della riforma del senato prevista nel referendum del prossimo 4 Dicembre.
La base è quella della riforma Delrio del 2014: un consiglio di durata quinquennale, nel quale la carica di sindaco spetta di diritto al primo cittadino del capoluogo. Il voto dei sindaci e consiglieri viene ponderato in base alla popolazione: ovvero in relazione alla fascia demografica in cui è inserito il loro Comune. Un sistema, in particolare secondo il Fatto Quotidiano, da ritenersi del tutto speculare a quello di dimensioni nazionali tra sindaci e consiglieri regionali che grazie alle riforme del ministro Maria Elena Boschi andrebbe ad occupare Palazzo Madama.
L'esito del voto "ristretto", regala una geografia metropolitana a vantaggio del centrosinistra, con possibili effetti sui due comuni conquistati dal M5S nelle scorse amministrative. A Roma su 24 seggi, 9 vanno ai 5 Stelle, 8 al centrosinistra e 7 al centrodestra; a Torino, invece, il centrosinistra è primo partito e supera 8 a 7 l'M5S, che pareggia grazie al seggio "automatico" della sindaca Appendino. Certo, i pentastellati restano una forza notevole e di maggioranza, ma non in senso assoluto, tanto che per la prima volta saranno forse costretti a cercare il dialogo con le parti, soprattutto per ciò che riguarda la principale prerogativa della città metropolitana: l'approvazione del bilancio.
Situazione simile a anche a Napoli: Luigi De Magistris governerà un consiglio in cui le forze di opposizione messe insieme superano i consiglieri legati al primo cittadino. La presenza di un sindaco Pd rende più semplice la situazione a Milano e Bologna, dove il partito di governo ha ottenuto la maggioranza assoluta.
"È l'effetto di quando alle urne vanno i politici e non i cittadini". Questo il commento della sindaca di Roma Virginia Raggi, che guarda preoccupata alla formazione della città metropolitana soprattutto per l'approvazione del bilancio:"Se voteranno contro, centrodestra e centrosinistra si prenderanno l'onere di far commissariare l'ente". In effetti già a Palazzo Valentini, si è creata una certa vicinanza fra destra e sinistra, commentando il risultato romano come di una debacle del 5 Stelle. La risposta di Emanuele Dessì, consigliere provinciale M5S: "È stata una chiamata alle armi, per cercare di superarci ma non ci sono riusciti. Se vogliono metterci in minoranza, Pd e centrodestra dovranno unirsi".
Un'elezione di secondo grado, nella quale sono i sindaci e i consiglieri comunali a votare per i membri dei consigli metropolitani. Questo è ciò che resta delle vecchie e discusse elezioni provinciali nelle grandi città del paese chiamate domenica a votare: Milano, Torino, Bologna, Roma e Napoli. Un'elezione passata quasi inosservata ma che apre strascichi di polemiche in vista della riforma del senato prevista nel referendum del prossimo 4 Dicembre.
La base è quella della riforma Delrio del 2014: un consiglio di durata quinquennale, nel quale la carica di sindaco spetta di diritto al primo cittadino del capoluogo. Il voto dei sindaci e consiglieri viene ponderato in base alla popolazione: ovvero in relazione alla fascia demografica in cui è inserito il loro Comune. Un sistema, in particolare secondo il Fatto Quotidiano, da ritenersi del tutto speculare a quello di dimensioni nazionali tra sindaci e consiglieri regionali che grazie alle riforme del ministro Maria Elena Boschi andrebbe ad occupare Palazzo Madama.
L'esito del voto "ristretto", regala una geografia metropolitana a vantaggio del centrosinistra, con possibili effetti sui due comuni conquistati dal M5S nelle scorse amministrative. A Roma su 24 seggi, 9 vanno ai 5 Stelle, 8 al centrosinistra e 7 al centrodestra; a Torino, invece, il centrosinistra è primo partito e supera 8 a 7 l'M5S, che pareggia grazie al seggio "automatico" della sindaca Appendino. Certo, i pentastellati restano una forza notevole e di maggioranza, ma non in senso assoluto, tanto che per la prima volta saranno forse costretti a cercare il dialogo con le parti, soprattutto per ciò che riguarda la principale prerogativa della città metropolitana: l'approvazione del bilancio.
Situazione simile a anche a Napoli: Luigi De Magistris governerà un consiglio in cui le forze di opposizione messe insieme superano i consiglieri legati al primo cittadino. La presenza di un sindaco Pd rende più semplice la situazione a Milano e Bologna, dove il partito di governo ha ottenuto la maggioranza assoluta.
"È l'effetto di quando alle urne vanno i politici e non i cittadini". Questo il commento della sindaca di Roma Virginia Raggi, che guarda preoccupata alla formazione della città metropolitana soprattutto per l'approvazione del bilancio:"Se voteranno contro, centrodestra e centrosinistra si prenderanno l'onere di far commissariare l'ente". In effetti già a Palazzo Valentini, si è creata una certa vicinanza fra destra e sinistra, commentando il risultato romano come di una debacle del 5 Stelle. La risposta di Emanuele Dessì, consigliere provinciale M5S: "È stata una chiamata alle armi, per cercare di superarci ma non ci sono riusciti. Se vogliono metterci in minoranza, Pd e centrodestra dovranno unirsi".
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