L’Avana sta dando l’addio a Fidel Castro.
Radio Vaticana - Migliaia le persone alla cerimonia a Plaza de la Rivolucion che si sono stretti attorno al presidente e fratello del lider maximo, Raul, che ha ringraziato il popolo cubano e il mondo per la solidarietà e il rispetto. Il servizio dj Francesca Sabatinelli: ascolta
Le sue parole risuonano ancora in questa piazza. Raul così ricorda il Fratello Fidel, lo fa da Plaza de la Revolucion, davanti a migliaia di persone che tributano un’ovazione al presidente che a sua volta ringrazia per la solidarietà e il rispetto arrivati da tutto il mondo. Sul palco si alternano i leader arrivati all’Avana per rendere omaggio a Castro, c’è il presidente del sudafrica Zuma, il premier greco Tsipras, unica presenta ad alto livello da parte europea, e poi tutti i leader sudamericani, tra loro il più applaudito il venezuelano Maduro. I cubani si stanno incamminando così verso domenica, giorno dei funerali del lider maximo, ai quali non prenderanno parte i grandi, né Obama né Putin, al loro posto verranno inviate delegazioni. Mancheranno anche la premier inglese May, e il canadese Trudeau.
Nelle prossime ore oi le ceneri di Castro verranno trasportate a Santiago de Cuba per i funerali.
Intanto ci si interroga sui cambiamenti degli equilibri internazionali che la scomparsa di Castro potrà provocare. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Luigi Bonanate, docente emerito di Relazioni Internazionali all’Università di Torino: ascolta
R. – Il problema grosso della morte di Fidel – che era politicamente già morto da circa un decennio – consiste però nel fatto che la sua morte sia praticamente coincisa con l’elezione del prossimo Presidente degli Stati Uniti, Trump. La condizione attuale di Cuba è in lento miglioramento. Raul è stato tutto sommato un miglior semi-Presidente di quanto forse molti di noi si aspettassero all’inizio. Dall’altro lato del mare c’è non solo la Florida, con gli esuli cubani, e poi un po’ più lontano dalla Florida c’è Washington, dove ci sarà questo nuovo Presidente. Non andiamo subito alla conclusione: è morto Fidel, è arrivato Trump, dunque adesso si induriranno le relazioni tra i due Paesi. E’ una delle possibilità, certo, ma non corriamo troppo.
D. - Potrebbe ricostituirsi quel fronte di Paesi latino-americani schierati contro Washington?
R. – L’antimperialismo di una volta... In America Latina stiamo assistendo a una pagina un po’ ambigua, diciamo così. Perché dopo l’ondata dell’antimperialismo, c’è stata questa salita al potere progressiva di governi di centro-sinistra, che sembrava andassero bene, che avessero migliorato molto le cose… Ma, invece, uno per uno stanno cadendo: Chavez prima; in Brasile, purtroppo, non vediamo la fine di questa crisi; la Bachelet in Cile, che era anche lei molto apprezzata, sta crollando e sembra che non abbia mantenuto le sue promesse. Più che un fronte antiamericano, direi che adesso sarebbe il momento che l’America, ma tutti noi, cercassimo di fare qualcosa per aiutare l’America Latina. Il problema non è più solo finanziario, come poteva essere una volta: adesso si tratta di cultura politica, cioè di capacità di costruire istituzioni comuni, dare vita a intese e a scambi reciproci molto più alti... L’America Latina ha una grande tradizione eurocentrica: dovremmo non farla cadere nelle braccia di nessuno, ma aiutarla tutti quanti.
Radio Vaticana - Migliaia le persone alla cerimonia a Plaza de la Rivolucion che si sono stretti attorno al presidente e fratello del lider maximo, Raul, che ha ringraziato il popolo cubano e il mondo per la solidarietà e il rispetto. Il servizio dj Francesca Sabatinelli: ascolta
Le sue parole risuonano ancora in questa piazza. Raul così ricorda il Fratello Fidel, lo fa da Plaza de la Revolucion, davanti a migliaia di persone che tributano un’ovazione al presidente che a sua volta ringrazia per la solidarietà e il rispetto arrivati da tutto il mondo. Sul palco si alternano i leader arrivati all’Avana per rendere omaggio a Castro, c’è il presidente del sudafrica Zuma, il premier greco Tsipras, unica presenta ad alto livello da parte europea, e poi tutti i leader sudamericani, tra loro il più applaudito il venezuelano Maduro. I cubani si stanno incamminando così verso domenica, giorno dei funerali del lider maximo, ai quali non prenderanno parte i grandi, né Obama né Putin, al loro posto verranno inviate delegazioni. Mancheranno anche la premier inglese May, e il canadese Trudeau.
Nelle prossime ore oi le ceneri di Castro verranno trasportate a Santiago de Cuba per i funerali.
Intanto ci si interroga sui cambiamenti degli equilibri internazionali che la scomparsa di Castro potrà provocare. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Luigi Bonanate, docente emerito di Relazioni Internazionali all’Università di Torino: ascolta
R. – Il problema grosso della morte di Fidel – che era politicamente già morto da circa un decennio – consiste però nel fatto che la sua morte sia praticamente coincisa con l’elezione del prossimo Presidente degli Stati Uniti, Trump. La condizione attuale di Cuba è in lento miglioramento. Raul è stato tutto sommato un miglior semi-Presidente di quanto forse molti di noi si aspettassero all’inizio. Dall’altro lato del mare c’è non solo la Florida, con gli esuli cubani, e poi un po’ più lontano dalla Florida c’è Washington, dove ci sarà questo nuovo Presidente. Non andiamo subito alla conclusione: è morto Fidel, è arrivato Trump, dunque adesso si induriranno le relazioni tra i due Paesi. E’ una delle possibilità, certo, ma non corriamo troppo.
D. - Potrebbe ricostituirsi quel fronte di Paesi latino-americani schierati contro Washington?
R. – L’antimperialismo di una volta... In America Latina stiamo assistendo a una pagina un po’ ambigua, diciamo così. Perché dopo l’ondata dell’antimperialismo, c’è stata questa salita al potere progressiva di governi di centro-sinistra, che sembrava andassero bene, che avessero migliorato molto le cose… Ma, invece, uno per uno stanno cadendo: Chavez prima; in Brasile, purtroppo, non vediamo la fine di questa crisi; la Bachelet in Cile, che era anche lei molto apprezzata, sta crollando e sembra che non abbia mantenuto le sue promesse. Più che un fronte antiamericano, direi che adesso sarebbe il momento che l’America, ma tutti noi, cercassimo di fare qualcosa per aiutare l’America Latina. Il problema non è più solo finanziario, come poteva essere una volta: adesso si tratta di cultura politica, cioè di capacità di costruire istituzioni comuni, dare vita a intese e a scambi reciproci molto più alti... L’America Latina ha una grande tradizione eurocentrica: dovremmo non farla cadere nelle braccia di nessuno, ma aiutarla tutti quanti.
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