Da Bruxelles arrivano tre notizie che si possono considerare positive per l’Italia.
di Daniele Chicca
WSI - Come anticipato su queste pagine, l’organo esecutivo dell’Unione Europea ha accolto le richieste del governo e per le circostanze eccezionali (spese per il terremoto, gestione della crisi dei migranti) ha concesso pertanto lo sforamento del deficit previsto nellamanovra finanziaria dell’anno prossimo. Inoltre la Commissione Ue sembra intenzionata a mettersi alle spalle le politiche di austerity con degli obiettivi ambiziosi di crescita a partire dall’anno prossimo.
Il tutto mentre la Germania è stata richiamata all’ordine per il suo avanzo commerciale in eccedenza.
Prima di sanzionare ufficialmente l’Italia, le autorità Ue vogliono vederci chiaro sul reale rapporto tra deficit e Pil italiano. L’idea è quella di aspettare di conoscere le cifre di fine 2016. Una mano al governo Renzi l’hanno data anche gli ultimi dati macro, che hanno evidenziato una crescita del Pil dello 0,3% nel terzo trimestre, spinta da produzione industriale e domanda interna.
Nonostante la manovra presenti delle criticità e resti a “rischio di non conformità” rispetto ai parametri del Patto di Stabilità, Bruxelles ha preferito “graziare” Renzi in vista del referendum costituzionale. Secondo le pagelle preparate ieri dalla Commissione, la deviazione dagli obiettivi di medio termine, in particolare relativi al deficit strutturale, è “significativa”, pari a uno 0,3% del Pil ossia un po’ più di 5 miliardi di euro.
Insomma, senza una correzione in corso d’opera l’Italia corre il pericolo di una procedura. Entro la prossima primavera se ne saprà di più. Evidentemente i funzionari Ue non se la sono sentite di punire l’Italia a ridosso di un voto così importante per il futuro del suo governo come quello sulla riforma costituzionale del 4 dicembre.
Conti al sicuro, ma solo temporaneamente
In pratica i conti pubblici sono al sicuro, ma solo per il momento. Stessa cosa per quanto riguarda l’altra questione calda, quella relativa al debito pubblico eccessivo. “Italia e Belgio non rispettano la regola del debito”, ha denunciato il commissario all’Euro, Valdis Dombrovskis, “la Commissione presenterà un rapporto al più presto”.
L’ex primo ministro della Lettonia desidera accelerare i tempi e preparare un rapporto completo nell’arco di un mese. Anche in questo caso si aggira nei palazzi di Roma lo spettro di una procedura. Il commissario europeo alla Finanza Pierre Moscovici ha condannato anche lui la violazione delle norme su deficit e debito, ma ha ricordato che “l’Italia va aiutata”.
Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker finalmente lo dice chiaramente: “Basta austerità, ora la crescita”. Juncker ha fatto presente la necessità di una “politica espansiva” orientata alla crescita e che di fatto mette nel cassetto l’austerità. L’obiettivo è un +0,5% del Pil nel 2017 (50 miliardi di euro).
Uno dei paesi che stimolerà la domanda interna e gli investimenti sarà la Germania, la quale ha ampi margini di bilancio. Berlino per una volta è stata quindi richiamata dalle autorità europee, non per il deficit, bensì per il suo surplus commerciale esagerato, che da tempo viene condannato dal governo italiano, da altri paesi della periferia meno virtuosa dell’Eurozona e persino da genitori dell’euro come Romano Prodi.
di Daniele Chicca
WSI - Come anticipato su queste pagine, l’organo esecutivo dell’Unione Europea ha accolto le richieste del governo e per le circostanze eccezionali (spese per il terremoto, gestione della crisi dei migranti) ha concesso pertanto lo sforamento del deficit previsto nellamanovra finanziaria dell’anno prossimo. Inoltre la Commissione Ue sembra intenzionata a mettersi alle spalle le politiche di austerity con degli obiettivi ambiziosi di crescita a partire dall’anno prossimo.
Il tutto mentre la Germania è stata richiamata all’ordine per il suo avanzo commerciale in eccedenza.
Prima di sanzionare ufficialmente l’Italia, le autorità Ue vogliono vederci chiaro sul reale rapporto tra deficit e Pil italiano. L’idea è quella di aspettare di conoscere le cifre di fine 2016. Una mano al governo Renzi l’hanno data anche gli ultimi dati macro, che hanno evidenziato una crescita del Pil dello 0,3% nel terzo trimestre, spinta da produzione industriale e domanda interna.
Nonostante la manovra presenti delle criticità e resti a “rischio di non conformità” rispetto ai parametri del Patto di Stabilità, Bruxelles ha preferito “graziare” Renzi in vista del referendum costituzionale. Secondo le pagelle preparate ieri dalla Commissione, la deviazione dagli obiettivi di medio termine, in particolare relativi al deficit strutturale, è “significativa”, pari a uno 0,3% del Pil ossia un po’ più di 5 miliardi di euro.
Insomma, senza una correzione in corso d’opera l’Italia corre il pericolo di una procedura. Entro la prossima primavera se ne saprà di più. Evidentemente i funzionari Ue non se la sono sentite di punire l’Italia a ridosso di un voto così importante per il futuro del suo governo come quello sulla riforma costituzionale del 4 dicembre.
Conti al sicuro, ma solo temporaneamente
L’ex primo ministro della Lettonia desidera accelerare i tempi e preparare un rapporto completo nell’arco di un mese. Anche in questo caso si aggira nei palazzi di Roma lo spettro di una procedura. Il commissario europeo alla Finanza Pierre Moscovici ha condannato anche lui la violazione delle norme su deficit e debito, ma ha ricordato che “l’Italia va aiutata”.
Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker finalmente lo dice chiaramente: “Basta austerità, ora la crescita”. Juncker ha fatto presente la necessità di una “politica espansiva” orientata alla crescita e che di fatto mette nel cassetto l’austerità. L’obiettivo è un +0,5% del Pil nel 2017 (50 miliardi di euro).
Uno dei paesi che stimolerà la domanda interna e gli investimenti sarà la Germania, la quale ha ampi margini di bilancio. Berlino per una volta è stata quindi richiamata dalle autorità europee, non per il deficit, bensì per il suo surplus commerciale esagerato, che da tempo viene condannato dal governo italiano, da altri paesi della periferia meno virtuosa dell’Eurozona e persino da genitori dell’euro come Romano Prodi.
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