L’ondata di legalizzazione ha prodotto risultati notevoli: richiesta in forte aumento dei farmaci a base di marijuana a discapito di quelli tradizionali
GreenReport - La cannabis per uso medico continua ad occupare prepotentemente la scena nel dibattito di tante realtà a livello mondiale. Un cammino costante verso un pieno utilizzo di questa pianta, che vede ancora i vari Paesi procedere in ordine sparso; ma che va ad assumere un’importanza enorme in quelle realtà dove il processo è già in fase avanzata. Come negli Usa, ad esempio.
Qui la cannabis medica è legalizzata in 28 differenti Stati: sono 8 quelli che, invece, ne hanno liberalizzato anche l’uso ricreativo.
Due strade distinte da non confondere, perché l’uso terapeutico è un qualcosa che nasce dalle necessità di molti pazienti di curarsi con farmaci cannabinoidi per vedere alleviate, in parte, le proprie sofferenze.
A questo riguardo negli Usa è stato riscontrato come l’utilizzo della cannabis medica sia cresciuto, in quelle realtà dove è legale, molto più rispetto a quello dei farmaci tradizionali, che al contrario ha subito un pressoché proporzionale calo. Una sorta di passaggio di consegne, che potrebbe anche crescere ulteriormente man mano che altri stati intraprenderanno lo stesso percorso di liberalizzazione. Più nello specifico, uno studio pubblicato sul Journal of Psychopharmacology realizzato prendendo in considerazione i cittadini adulti dello stato del New England (realtà dove è stata da poco approvata anche la possibilità di usufruire della cannabis per uso ricreativo) ha evidenziato come circa il 77% di coloro i quali assumevano abitualmente oppiacei abbia diminuito il consumo degli stessi in favore della cannabis terapeutica.
Stessa cosa per quanto concerne le persone che assumevano con frequenza ansiolitici; il 72% circa di questi adulti ha virato sulla marijuana. Percorso intrapreso anche dal 65% di coloro i quali prendevano regolarmente sonniferi per dormire.
Si tratta di uno studio che va dunque a sancire una verità evidente negli Usa: la cannabis per uso medico è sempre più in antitesi con i farmaci tradizionali. Due realtà in concorrenza. Le conferme arrivano anche da altri stati federali dove la marijuana per uso medico è stata legalizzata. In particolare negli ultimi anni è cresciuta la percentuale di adulti che, nel corso di 12 mesi, si sono rivolti a farmaci a base di cannabis: nel 2016, oltre il 13% della popolazione (si parla ovviamente soltanto degli stati USA dove la cannabis medica è legale).
La marijuana potrebbe quindi diventare una seria concorrente per i farmaci tradizionali; e sono tante le realtà nel mondo che stanno iniziando ad aprire all’uso terapeutico. Ad esempio la Scozia, dove il Partito Nazionale si sta facendo promotore di una battaglia per la depenalizzazione della cannabis medica in tutto il Regno Unito. Territorio nel quale, ad oggi, la cannabis viene etichettata quale sostanza di fascia B, al fianco di anfetamine e altre droghe leggere.
Non solo Usa e Scozia. Tantissimi altri Paesi hanno già sperimentato aperture in termini di uso medico o si apprestano a farlo. È il caso del Canada, dove il Primo ministro Justin Trudeau ha presentato al Parlamento una proposta di legge finalizzata a legalizzare l’uso personale della cannabis, visto che quello terapeutico è già garantito da tempo e prevede l’autocoltivazione, in casa, per tutti i pazienti che abbiano regolare prescrizione medica.
Un modello indicato da molti come esempio da seguire; anche dalla stessa Italia, dove la cannabis medica è legale da tempo, ma dove a mancare è un’armonizzazione a livello nazionale, visto che le singole regioni sono autonome in materia.
Qualcosa è cambiato negli ultimi mesi, da quando lo Stato ha deciso di produrre, all’interno di un progetto pilota, cannabis per uso medico; la si è iniziata a distribuire (a inizio 2017) nelle farmacie ospedaliere del Paese.
Una prima grande apertura per l’Italia e un punto dal quale partire; magari per arrivare tra qualche anno, anche se il percorso appare non semplice, allo stesso livello dello stato Usa del New England. Dove la cannabis medica, sostanza completamente naturale, è ormai utilizzata in sostituzione di farmaci tradizionali.
GreenReport - La cannabis per uso medico continua ad occupare prepotentemente la scena nel dibattito di tante realtà a livello mondiale. Un cammino costante verso un pieno utilizzo di questa pianta, che vede ancora i vari Paesi procedere in ordine sparso; ma che va ad assumere un’importanza enorme in quelle realtà dove il processo è già in fase avanzata. Come negli Usa, ad esempio.
Qui la cannabis medica è legalizzata in 28 differenti Stati: sono 8 quelli che, invece, ne hanno liberalizzato anche l’uso ricreativo.
Due strade distinte da non confondere, perché l’uso terapeutico è un qualcosa che nasce dalle necessità di molti pazienti di curarsi con farmaci cannabinoidi per vedere alleviate, in parte, le proprie sofferenze.
A questo riguardo negli Usa è stato riscontrato come l’utilizzo della cannabis medica sia cresciuto, in quelle realtà dove è legale, molto più rispetto a quello dei farmaci tradizionali, che al contrario ha subito un pressoché proporzionale calo. Una sorta di passaggio di consegne, che potrebbe anche crescere ulteriormente man mano che altri stati intraprenderanno lo stesso percorso di liberalizzazione. Più nello specifico, uno studio pubblicato sul Journal of Psychopharmacology realizzato prendendo in considerazione i cittadini adulti dello stato del New England (realtà dove è stata da poco approvata anche la possibilità di usufruire della cannabis per uso ricreativo) ha evidenziato come circa il 77% di coloro i quali assumevano abitualmente oppiacei abbia diminuito il consumo degli stessi in favore della cannabis terapeutica.
Stessa cosa per quanto concerne le persone che assumevano con frequenza ansiolitici; il 72% circa di questi adulti ha virato sulla marijuana. Percorso intrapreso anche dal 65% di coloro i quali prendevano regolarmente sonniferi per dormire.
Si tratta di uno studio che va dunque a sancire una verità evidente negli Usa: la cannabis per uso medico è sempre più in antitesi con i farmaci tradizionali. Due realtà in concorrenza. Le conferme arrivano anche da altri stati federali dove la marijuana per uso medico è stata legalizzata. In particolare negli ultimi anni è cresciuta la percentuale di adulti che, nel corso di 12 mesi, si sono rivolti a farmaci a base di cannabis: nel 2016, oltre il 13% della popolazione (si parla ovviamente soltanto degli stati USA dove la cannabis medica è legale).
La marijuana potrebbe quindi diventare una seria concorrente per i farmaci tradizionali; e sono tante le realtà nel mondo che stanno iniziando ad aprire all’uso terapeutico. Ad esempio la Scozia, dove il Partito Nazionale si sta facendo promotore di una battaglia per la depenalizzazione della cannabis medica in tutto il Regno Unito. Territorio nel quale, ad oggi, la cannabis viene etichettata quale sostanza di fascia B, al fianco di anfetamine e altre droghe leggere.
Un modello indicato da molti come esempio da seguire; anche dalla stessa Italia, dove la cannabis medica è legale da tempo, ma dove a mancare è un’armonizzazione a livello nazionale, visto che le singole regioni sono autonome in materia.
Qualcosa è cambiato negli ultimi mesi, da quando lo Stato ha deciso di produrre, all’interno di un progetto pilota, cannabis per uso medico; la si è iniziata a distribuire (a inizio 2017) nelle farmacie ospedaliere del Paese.
Una prima grande apertura per l’Italia e un punto dal quale partire; magari per arrivare tra qualche anno, anche se il percorso appare non semplice, allo stesso livello dello stato Usa del New England. Dove la cannabis medica, sostanza completamente naturale, è ormai utilizzata in sostituzione di farmaci tradizionali.
di Marcello Angelini
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