L’annuncio davanti alle porte chiuse della basilica. Le autorità israeliane vogliono confiscare beni e conti bancari delle Chiese. In discussione una legge che permetterebbe l'esproprio dei terreni. “Ciò ci ricorda tutte le leggi di simil natura che furono attuate contro gli ebrei in tempi bui dell’Europa”. (Foto di Nadim Asfour (Custodia di Terra Santa)
Gerusalemme (AsiaNews) - Sono ancora chiuse le porte della basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme, sbarrate da ieri in segno di protesta contro la “sistematica campagna contro le Chiese e la comunità cristiana della Terra Santa, in flagrante violazione dell’esistente Status Quo”. Ieri, l’annuncio dei capi delle tre Chiese responsabili del santuario, davanti all’ingresso sigillato.
I tre leader cristiani – il patriarca armeno Nourhan Manougian, il patriarca greco-ortodosso Teofilo III e il custode di Terra Santa, fra Francesco Patton – hanno accusato Israele di aver spinto la propria offensiva “a un livello senza precedenti”.
Uno dei motivi della protesta è l’imposizione della tassa municipale di Gerusalemme detta “Arnona”. Secondo gli accordi fra le comunità cristiane e le autorità civili israeliane, le Chiese sono esentate dal pagamento dell’imposta. Il 14 febbraio i leader cristiani avevano reagito alla richiesta del sindaco della Città Santa di pagare le tasse, ricordando i “miliardi” che le Chiese dell’area investono in “costruzione di scuole, ospedali, e case, molte delle quali per anziani e svantaggiati”.
Ieri, i tre leader hanno denunciato “la scandalosa collezione di notifiche e ordini di sequestro di proprietà, risorse e conti bancari delle Chiese, per presupposti debiti di tasse municipali punitive” emessa negli ultimi giorni dal municipio di Gerusalemme. I sequestri, che i capi delle Chiese hanno definito un “tentativo di indebolire la presenza cristiana a Gerusalemme”, avrà come “più grandi vittime” le “famiglie povere che dovranno andare avanti senza cibo e casa, mentre i bambini non potranno andare a scuola”.
Essi si sono scagliati anche contro la proposta di legge per la nazionalizzazione dei terreni delle Chiese, da essi definita “discriminatoria e razzista”. La discussione del comitato ministeriale era prevista ieri, ma è stata rimandata. Secondo i tre leader, la norma “abominevole” avrebbe come oggetto solo le proprietà delle comunità cristiane in Terra Santa e “renderebbe possibile l’espropriazione dei terreni delle Chiese”. “Ciò ci ricorda tutte le leggi di simile natura che furono attuate contro gli ebrei in tempi bui dell’Europa”, hanno continuato i capi delle Chiese, per poi ribadire: “Siamo uniti, fermi e risoluti a proteggere i nostri diritti e le nostre proprietà”.
Gerusalemme (AsiaNews) - Sono ancora chiuse le porte della basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme, sbarrate da ieri in segno di protesta contro la “sistematica campagna contro le Chiese e la comunità cristiana della Terra Santa, in flagrante violazione dell’esistente Status Quo”. Ieri, l’annuncio dei capi delle tre Chiese responsabili del santuario, davanti all’ingresso sigillato.
I tre leader cristiani – il patriarca armeno Nourhan Manougian, il patriarca greco-ortodosso Teofilo III e il custode di Terra Santa, fra Francesco Patton – hanno accusato Israele di aver spinto la propria offensiva “a un livello senza precedenti”.
Uno dei motivi della protesta è l’imposizione della tassa municipale di Gerusalemme detta “Arnona”. Secondo gli accordi fra le comunità cristiane e le autorità civili israeliane, le Chiese sono esentate dal pagamento dell’imposta. Il 14 febbraio i leader cristiani avevano reagito alla richiesta del sindaco della Città Santa di pagare le tasse, ricordando i “miliardi” che le Chiese dell’area investono in “costruzione di scuole, ospedali, e case, molte delle quali per anziani e svantaggiati”.
Ieri, i tre leader hanno denunciato “la scandalosa collezione di notifiche e ordini di sequestro di proprietà, risorse e conti bancari delle Chiese, per presupposti debiti di tasse municipali punitive” emessa negli ultimi giorni dal municipio di Gerusalemme. I sequestri, che i capi delle Chiese hanno definito un “tentativo di indebolire la presenza cristiana a Gerusalemme”, avrà come “più grandi vittime” le “famiglie povere che dovranno andare avanti senza cibo e casa, mentre i bambini non potranno andare a scuola”.
Essi si sono scagliati anche contro la proposta di legge per la nazionalizzazione dei terreni delle Chiese, da essi definita “discriminatoria e razzista”. La discussione del comitato ministeriale era prevista ieri, ma è stata rimandata. Secondo i tre leader, la norma “abominevole” avrebbe come oggetto solo le proprietà delle comunità cristiane in Terra Santa e “renderebbe possibile l’espropriazione dei terreni delle Chiese”. “Ciò ci ricorda tutte le leggi di simile natura che furono attuate contro gli ebrei in tempi bui dell’Europa”, hanno continuato i capi delle Chiese, per poi ribadire: “Siamo uniti, fermi e risoluti a proteggere i nostri diritti e le nostre proprietà”.
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