Motivo? Racconta una mobilitazione di cittadini poveri e marginalizzati in cerca di giustizia che ricorda troppo la rivoluzione del 2011.
Nena News – Ancora un caso di censura in Egitto questa volta relativo al cinema: il comitato di controllo delle opere artistiche egiziane ha fatto sapere di aver vietato il film Razzia di Nabil Ayouch (la cui prima era fissata per il 16 aprile e l’uscita ufficiale il 18) perché, come citato dal sito di informazione Middle East Eye, “racconta una mobilitazione di cittadini poveri e marginalizzati in cerca di giustizia che ricorda troppo la rivoluzione del 2011”. Inoltre due dei personaggi del film, Joe (un restauratore ebreo, vittima di antisemitismo) e Hakim, (un falegname che lotta per affermare la sua omosessualità) sono rappresentati in una luce positiva “in grado di suscitare simpatia e compassione”.
Raggiunto telefonicamente, il regista ha confermato la notizia aggiungendo che “per il momento non c’è stato alcun divieto scritto ed ufficiale, ma questo potrebbe essere semplicemente un modo per far passare il caso sotto silenzio”.
Inizialmente, il film doveva essere una science-fiction socio-urbanistica in 3D sul mondo arabo del futuro in una crescente polarizzazione tra ricchi e poveri, ma il regista in corso d’opera ha cambiato la sceneggiatura (e rinunciato ai finanziamenti statali) concentrandosi sul diritto alle libertà: libertà d’espressione innanzitutto, ma anche libertà di seguire i propri sogni e le proprie inclinazioni in una personalissima rivoluzione individuale.
1982, montagne dell’Atlante: Abdallah è la prima vittima della riforma scolastica che impone un’arabizzazione forzata allo scopo di sradicare la lingua Tamazight e la sconfitta di questo insegnante simboleggia la sconfitta dell’intera società marocchina, ma anche di tutta l’area del Maghreb. Inizia propria da qui la cancellazione dai programmi scolastici di discipline come la sociologia o la filosofia e le conseguenze si vedono nella società attuale, incapace di ascoltare il punto di vista dell’Altro e di accettarne le differenze.
A Casablanca (e il film è anche un tributo post-coloniale alla città e alla sua architettura decò rispetto al film cult del 1942 con Humphrey Bogart e Ingrid Bergman, girato completamente in Arizona) troviamo Hakim, che sogna di diventare la regina delle notti marocchine su una scatenata colonna sonora dei Queen; l’ebreo Joe, simbolo e testimone di un passato comune pre-1948 quando gli ebrei facevano parte a pieno titolo dei Paesi Arabi (mostrato ancora una volta da moltissimi film, dalla trilogia alessandrina di Yousef Chahine al tunisino Un etè a la Goulette) e alcune strepitose figure femminili.
Il film, infatti scritto con Maryam Touzani che interpreta Salima, è un inno al ruolo delle donne e della loro lotta per strappare i propri diritti in uno spazio pubblico che diventa sempre più stretto e soffocante in una società sempre più patriarcale. Così l’adolescente Ines si ritrova in bilico tra sessualità ostentata e negata come un tabù in una citazione di Nawal Sadawi che negli anni Settanta scriveva: “Se una ragazza egiziana perde un occhio la sua famiglia non piange così tanto come se perdesse la sua verginità” in quanto “pre-condizione” per un buon contratto di matrimonio mentre Salima rivendica le sue libertà quando in abito corto e capelli al vento guarda da lontano una manifestazione islamista contro la riforma delle legge sull’eredità che rivendica la Shariyya, la legge religiosa come legge dello Stato.
Un mosaico di persone che Nabil Ayouche ha realmente incontrato e che voleva far dialogare tra loro, ognuno nel proprio personale atto di ribellione, un altro strepitoso affresco della società marocchina ed un altro film censurato: ancora una volta risuonano profetiche le parole di Nour Eddine Lakhmari, regista marocchino dello splendido noir Casanegra:“I nostri film sono bollati come falsi e offensivi. Ma la verità è che ogni governo odia vedersi allo specchio”. Nena News
GUARDA IL TRAILER
https://www.youtube.com/watch?v=kEeOsYiq4zI
di Monica Macchi
Nena News – Ancora un caso di censura in Egitto questa volta relativo al cinema: il comitato di controllo delle opere artistiche egiziane ha fatto sapere di aver vietato il film Razzia di Nabil Ayouch (la cui prima era fissata per il 16 aprile e l’uscita ufficiale il 18) perché, come citato dal sito di informazione Middle East Eye, “racconta una mobilitazione di cittadini poveri e marginalizzati in cerca di giustizia che ricorda troppo la rivoluzione del 2011”. Inoltre due dei personaggi del film, Joe (un restauratore ebreo, vittima di antisemitismo) e Hakim, (un falegname che lotta per affermare la sua omosessualità) sono rappresentati in una luce positiva “in grado di suscitare simpatia e compassione”.
Raggiunto telefonicamente, il regista ha confermato la notizia aggiungendo che “per il momento non c’è stato alcun divieto scritto ed ufficiale, ma questo potrebbe essere semplicemente un modo per far passare il caso sotto silenzio”.
Inizialmente, il film doveva essere una science-fiction socio-urbanistica in 3D sul mondo arabo del futuro in una crescente polarizzazione tra ricchi e poveri, ma il regista in corso d’opera ha cambiato la sceneggiatura (e rinunciato ai finanziamenti statali) concentrandosi sul diritto alle libertà: libertà d’espressione innanzitutto, ma anche libertà di seguire i propri sogni e le proprie inclinazioni in una personalissima rivoluzione individuale.
1982, montagne dell’Atlante: Abdallah è la prima vittima della riforma scolastica che impone un’arabizzazione forzata allo scopo di sradicare la lingua Tamazight e la sconfitta di questo insegnante simboleggia la sconfitta dell’intera società marocchina, ma anche di tutta l’area del Maghreb. Inizia propria da qui la cancellazione dai programmi scolastici di discipline come la sociologia o la filosofia e le conseguenze si vedono nella società attuale, incapace di ascoltare il punto di vista dell’Altro e di accettarne le differenze.
A Casablanca (e il film è anche un tributo post-coloniale alla città e alla sua architettura decò rispetto al film cult del 1942 con Humphrey Bogart e Ingrid Bergman, girato completamente in Arizona) troviamo Hakim, che sogna di diventare la regina delle notti marocchine su una scatenata colonna sonora dei Queen; l’ebreo Joe, simbolo e testimone di un passato comune pre-1948 quando gli ebrei facevano parte a pieno titolo dei Paesi Arabi (mostrato ancora una volta da moltissimi film, dalla trilogia alessandrina di Yousef Chahine al tunisino Un etè a la Goulette) e alcune strepitose figure femminili.
Il film, infatti scritto con Maryam Touzani che interpreta Salima, è un inno al ruolo delle donne e della loro lotta per strappare i propri diritti in uno spazio pubblico che diventa sempre più stretto e soffocante in una società sempre più patriarcale. Così l’adolescente Ines si ritrova in bilico tra sessualità ostentata e negata come un tabù in una citazione di Nawal Sadawi che negli anni Settanta scriveva: “Se una ragazza egiziana perde un occhio la sua famiglia non piange così tanto come se perdesse la sua verginità” in quanto “pre-condizione” per un buon contratto di matrimonio mentre Salima rivendica le sue libertà quando in abito corto e capelli al vento guarda da lontano una manifestazione islamista contro la riforma delle legge sull’eredità che rivendica la Shariyya, la legge religiosa come legge dello Stato.
Un mosaico di persone che Nabil Ayouche ha realmente incontrato e che voleva far dialogare tra loro, ognuno nel proprio personale atto di ribellione, un altro strepitoso affresco della società marocchina ed un altro film censurato: ancora una volta risuonano profetiche le parole di Nour Eddine Lakhmari, regista marocchino dello splendido noir Casanegra:“I nostri film sono bollati come falsi e offensivi. Ma la verità è che ogni governo odia vedersi allo specchio”. Nena News
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