Piaga che riguarda oggi una persona su 9, mentre un adulto su 8 è obeso. Un paradosso anche italiano.
GreenReport -Sono bastati appena tre anni, e ne abbiamo persi dieci di (già lenti) progressi: la fame è tornata ad aumentare nel mondo dal 2015, e secondo il rapporto appena pubblicato dall’Onu affligge una persona su nove (dati 2017). 821 milioni di bambini, donne e uomini costretti a non avere altra prospettiva rispetto ai loro piatti – e ai loro stomaci – vuoti: si tratta di 6 milioni di persone in più rispetto al 2016. Una realtà che evoca immagini lontane, mentre pigramente scorrono cronache quotidiane che parlano di aiutare queste persone (solo) a casa loro, quando invece la fame che soffrono affonda lunghe radici a casa nostra: con grande chiarezza il rapporto annuale delle Nazioni unite spiega che i cambiamenti climatici sono «tra i fattori chiave dietro l’aumento della fame, insieme ai conflitti e alle crisi economiche».
L’accresciuta variabilità del clima influenza l’andamento delle piogge e le stagioni agricole, accompagnandosi sempre più a estremi climatici come siccità e alluvioni. I cambiamenti climatici – spiega l’Onu – stanno già minando la produzione di importanti colture come grano, riso e mais nelle regioni tropicali e temperate e, senza costruire resilienza climatica, si prevede che la situazione peggiorerà con l’aumentare delle temperature. Le analisi del rapporto mostrano che la prevalenza e il numero di persone sottonutrite tendono ad essere più alti nei paesi altamente esposti agli eventi climatici estremi; anche le anomalie della temperatura sulle aree di coltivazione agricola hanno continuato a essere superiori alla media nel periodo 2011-2016, portando a periodi più frequenti di caldo estremo negli ultimi cinque anni. Anche la natura delle stagioni delle piogge sta cambiando, inizio tardivo o precoce delle stagioni piovose e ineguale distribuzione delle precipitazioni in una stagione.
Il danno alla produzione agricola contribuisce a ridurre la disponibilità di cibo, con catastrofici effetti a catena. Gli sbarchi di migranti in fuga da fame e conflitti, spesso, sono solo l’ultimo e il più piccolo degli anelli che compongono questa catena, anche se oggi vi si catalizza gran parte della pubblica attenzione. «Se vogliamo raggiungere un mondo senza fame e malnutrizione in tutte le sue forme entro il 2030, è imperativo accelerare e aumentare gli interventi per rafforzare la capacità di recupero e adattamento dei sistemi alimentari e dei mezzi di sussistenza delle popolazioni in risposta alla variabilità climatica e agli eventi meteorologici estremi», hanno concluso i responsabili delle cinque organizzazioni delle Nazioni unite autrici del rapporto (Fao, Ifad, Unicef, Wfp, Oms).
Poi c’è l’altro lato della fame, un’emergenza alimentare di segno opposto che continua a crescere nel mondo: quella dell’obesità. Mentre una persona su 9 al mondo soffre la fame, un adulto su 8 è obeso. Anche l’Italia non sfugge a questo bruciante paradosso. I dati messi in fila dall’Onu mostrano che mentre circa 600mila persone sono esposte a gravi insicurezze alimentari, 11,6 milioni di adulti sono obesi (e al contempo lo spreco di cibo è a livelli più che allarmanti). Numeri che possono rappresentare sia un aspetto dalla crescente disuguaglianza che caratterizza il nostro Paese e non solo, sia come due facce della medesima povertà. Come ricorda infatti l’Onu la denutrizione e l’obesità coesistono in molti paesi e possono anche essere visti fianco a fianco nella stessa famiglia: uno scarso accesso al cibo nutriente a causa del suo costo più elevato, lo stress di vivere con insicurezza alimentare e gli adattamenti fisiologici alla privazione del cibo aiutano a spiegare perché le famiglie con insicurezza alimentare possono avere un maggiore rischio di sovrappeso e obesità.
Quale che sia la causa, mai come ora – conclude Winnie Byanyima, direttrice della ong Oxfam International – abbiamo comunque «la certezza che la fame è un prodotto dell’azione umana che alimenta povertà e disuguaglianze, guerre, malgoverno, sprechi e cambiamento climatico. Per sconfiggere definitivamente questo inaccettabile stato di cose, ci vuole lo stesso impegno politico che stiamo mettendo nel lasciare intere comunità morire di fame. Dobbiamo fare di più per spingere i nostri governi a lavorare affinché ogni cittadino possa avere accesso, in modo sicuro e economico, al cibo necessario per sopravvivere. Questo significa raddoppiare gli sforzi per risolvere i conflitti, ridurre il consumo di energie fossili e sostenere l’adattamento dei Paesi poveri ai cambiamenti climatici. Sappiamo cosa va fatto. È solo questione di volontà politica».
di Luca Aterini
GreenReport -Sono bastati appena tre anni, e ne abbiamo persi dieci di (già lenti) progressi: la fame è tornata ad aumentare nel mondo dal 2015, e secondo il rapporto appena pubblicato dall’Onu affligge una persona su nove (dati 2017). 821 milioni di bambini, donne e uomini costretti a non avere altra prospettiva rispetto ai loro piatti – e ai loro stomaci – vuoti: si tratta di 6 milioni di persone in più rispetto al 2016. Una realtà che evoca immagini lontane, mentre pigramente scorrono cronache quotidiane che parlano di aiutare queste persone (solo) a casa loro, quando invece la fame che soffrono affonda lunghe radici a casa nostra: con grande chiarezza il rapporto annuale delle Nazioni unite spiega che i cambiamenti climatici sono «tra i fattori chiave dietro l’aumento della fame, insieme ai conflitti e alle crisi economiche».
L’accresciuta variabilità del clima influenza l’andamento delle piogge e le stagioni agricole, accompagnandosi sempre più a estremi climatici come siccità e alluvioni. I cambiamenti climatici – spiega l’Onu – stanno già minando la produzione di importanti colture come grano, riso e mais nelle regioni tropicali e temperate e, senza costruire resilienza climatica, si prevede che la situazione peggiorerà con l’aumentare delle temperature. Le analisi del rapporto mostrano che la prevalenza e il numero di persone sottonutrite tendono ad essere più alti nei paesi altamente esposti agli eventi climatici estremi; anche le anomalie della temperatura sulle aree di coltivazione agricola hanno continuato a essere superiori alla media nel periodo 2011-2016, portando a periodi più frequenti di caldo estremo negli ultimi cinque anni. Anche la natura delle stagioni delle piogge sta cambiando, inizio tardivo o precoce delle stagioni piovose e ineguale distribuzione delle precipitazioni in una stagione.
Il danno alla produzione agricola contribuisce a ridurre la disponibilità di cibo, con catastrofici effetti a catena. Gli sbarchi di migranti in fuga da fame e conflitti, spesso, sono solo l’ultimo e il più piccolo degli anelli che compongono questa catena, anche se oggi vi si catalizza gran parte della pubblica attenzione. «Se vogliamo raggiungere un mondo senza fame e malnutrizione in tutte le sue forme entro il 2030, è imperativo accelerare e aumentare gli interventi per rafforzare la capacità di recupero e adattamento dei sistemi alimentari e dei mezzi di sussistenza delle popolazioni in risposta alla variabilità climatica e agli eventi meteorologici estremi», hanno concluso i responsabili delle cinque organizzazioni delle Nazioni unite autrici del rapporto (Fao, Ifad, Unicef, Wfp, Oms).
Poi c’è l’altro lato della fame, un’emergenza alimentare di segno opposto che continua a crescere nel mondo: quella dell’obesità. Mentre una persona su 9 al mondo soffre la fame, un adulto su 8 è obeso. Anche l’Italia non sfugge a questo bruciante paradosso. I dati messi in fila dall’Onu mostrano che mentre circa 600mila persone sono esposte a gravi insicurezze alimentari, 11,6 milioni di adulti sono obesi (e al contempo lo spreco di cibo è a livelli più che allarmanti). Numeri che possono rappresentare sia un aspetto dalla crescente disuguaglianza che caratterizza il nostro Paese e non solo, sia come due facce della medesima povertà. Come ricorda infatti l’Onu la denutrizione e l’obesità coesistono in molti paesi e possono anche essere visti fianco a fianco nella stessa famiglia: uno scarso accesso al cibo nutriente a causa del suo costo più elevato, lo stress di vivere con insicurezza alimentare e gli adattamenti fisiologici alla privazione del cibo aiutano a spiegare perché le famiglie con insicurezza alimentare possono avere un maggiore rischio di sovrappeso e obesità.
Quale che sia la causa, mai come ora – conclude Winnie Byanyima, direttrice della ong Oxfam International – abbiamo comunque «la certezza che la fame è un prodotto dell’azione umana che alimenta povertà e disuguaglianze, guerre, malgoverno, sprechi e cambiamento climatico. Per sconfiggere definitivamente questo inaccettabile stato di cose, ci vuole lo stesso impegno politico che stiamo mettendo nel lasciare intere comunità morire di fame. Dobbiamo fare di più per spingere i nostri governi a lavorare affinché ogni cittadino possa avere accesso, in modo sicuro e economico, al cibo necessario per sopravvivere. Questo significa raddoppiare gli sforzi per risolvere i conflitti, ridurre il consumo di energie fossili e sostenere l’adattamento dei Paesi poveri ai cambiamenti climatici. Sappiamo cosa va fatto. È solo questione di volontà politica».
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