lunedì, marzo 14, 2022
Un progetto europeo a partecipazione italiana studia come smaltire le plastiche usando insetti e lombrichi

GreenReport - Il progetto “Development of innovative biotic symbiosis for plastic biodegradation and synthesis to solve their end of life challenges in the agriculture and food industries” (RECOVER), finanziato dall’Unione Europea, punta a studiare la biodegradazione della plastica usata nel packaging industriale e nelle attività agricole sfruttando l’attività di insetti, lombrichi e funghi. Gli insetti e i microorganismi sono stati selezionati studiandone le caratteristiche in natura e potenziandoli poi con enzimi che li rendono maggiormente in grado di assorbire le quantità di plastica necessaria. Tra gli organismi selezionati ci sono il verme rosso californiano (Eisenia foetida), il lombrico comune (Lumbricus Terrestris), la tarma della farina (Tenebrio molitor) e la tarma della cera (Galleria mellonella).

Al Dipartimento di ingegneria civile e industriale dellUniversità di Pisa (Dici), che partecipa al consorzio RECOVER che include partners con sede in Italia, Germania, Spagna, Belgio, Gran Bretagna e Portogallo, spiegano che «Lo scopo è quello di progettare sistemi innovativi di compostaggio dove le plastiche differenziate in modo errato possano venire letteralmente “mangiate” da questi organismi».

Il gruppo di ricerca in ingegneria chimica dell’ateneo Pisano si occupa di verificare la biodegradazione dei diversi materiali post trattamento, e di sviluppare la logistica e la progettazione degli impianti di compostaggio del futuro e Patrizia Cinelli, docente di fondamenti chimici delle tecnologie al DICI, spiega che:

 «Nel settore agroalimentare si ricicla solo circa il 30% della plastica impiegata nel packaging o in agricoltura. La maggior parte finisce dispersa nell’ambiente o nei termovalorizzatori. In questo scenario, l’analisi dei tempi e dei modi di biodegradazione della plastica dispersa nell’ambiente assume una grande rilevanza: dobbiamo capire in quanto tempo si biodegrada, e se facendolo ha un impatto sull’inquinamento del suolo. Il riciclo è difficile, perché richiede che le varie plastiche siano separate, e spesso quelle usate per gli imballaggi del cibo ne contengono residui. 

Parte del lavoro di RECOVER consiste nell’individuare le plastiche più adatte ad essere biodegradate, definendo metodi adatti a raccoglierle e pretrattarle, per poterle poi “dare in pasto” a enzimi e microorganismi. In una ulteriore fase di sviluppo del progetto. dallo scheletro degli insetti verrà estratta la chitina, da cui si produce anche il chitosano, con note proprietà anti-microbiche valorizzabili in prodotti per imballaggio attivo, agricolo, e cura della persona, mentre dai residui organici degli insetti e dei lombrichi si potrà produrre biofertilizzante. 

La sfida è quindi quella di progettare processi di compostaggio condotti da enzimi e microorganismi in grado di trattare in modo adeguato le frazioni di plastica e microplastica che arrivano al compostaggio insieme al rifiuto organico derivanti principalmente dalla produzione e commercializzazione degli alimenti, e dalle pratiche agricole. La messa a punto di una catena di smaltimento virtuosa non toglie che del lavoro debba essere fatto per ridurre al minimo l’impiego di plastica nel packaging e gli sprechi alimentari, ma almeno avremo a nostra disposizione uno strumento in più per limitare gli immensi danni all’ambiente che ora provoca la dispersione della plastica nel suolo e nel mare».


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