Il Libano verso il vuoto di potere. La crisi rischia di trasformarsi in guerra. Attesa e paura a Beirut
di Erminia Calabrese
PeaceReporter
Era l’ultima occasione, oggi. L’ultima occasione per il Libano di avere un presidente. L’ultima occasione per uscire dallo stallo e dalla crisi. Il parlamento libanese, facendosi beffa dei cittadini che rappresenta, oggi si è lasciato sfuggire anche quella possibilità. L’ultima appunto, e la più importante, che ora si è trasformata nella più pericolosa.
Sessione rinviata al 30 novembre, ha annunciato Berri, senza neanche sapere forse cosa volesse dire questo per quattro milioni di persone, incollate agli schermi ad aspettare il nome del nuovo capo di Stato. Il Libano, a partire da mezzanotte, non avrà un presidente. Vuoto di potere.
I libanesi oggi hanno paura. E molti di loro non sanno più se il termine classe politica sia ancora valido per chi li governa o dovrebbero forse inventare un alto termine che ha più a che fare con la fantascienza che con la normalità. E stavolta non importa quale sia la comunità o il partito politico d’appartenenza, la paura e l’insoddisfazione sono globali. I tank Renault dell’esercito libanese, dono della Francia protettrice, oggi sono dispiegati dappertutto così come anche i soldati, alcuni di loro venuti di rinforzo dal sud del paese, come se lì invece si vivesse in pace. Le strade e gli incroci di Beirut ovest, dove quartieri sunniti e sciiti si incontrano, sono separati da barriere umane di militari che a stento mantengono l’ordine. Tutto ciò per prevenire l’inferno, cioè la caduta in una serie di violenze che potrebbe riportare il paese ad una nuova guerra civile. Ma dopo questa giornata tutto sembra esser diventato più difficile. La maggior parte della gente oggi aspetta e conta le ore che la separano da mezzanotte. La maggior parte della gente ha paura proprio perché non sa quello che potrebbe accadere a mezzanotte o dopo.
Samar 23 anni, del partito delle Forze Libanesi, ha appena lasciato la piazza e racconta: “Per ora non c’è niente, aspettiamo la mezzanotte, quando Lahoud si dimetterà, e vedremo a chi passerà il comando del paese. Aspettiamo, certo, ma noi in realtà avremo voluto che il nuovo presidente fosse stato già eletto oggi”. “Questo paese fa paura davvero. Non sai mai quel che può succedere. Ma non penso che ci sarà una nuova guerra civile , credo che ci saranno delle piccole scaramucce e per questo la maggior parte della gente è chiusa in casa”, aggiunge Emile, 28 anni, sostenitore di Nasrallah e Aoun. “Non pensavo di arrivare a vivere di nuovo una situazione di crisi del genere, questa volta ho di nuovo paura come la ebbi nel 1975”, racconta Amin, 54 anni, un vecchio comunista libanese. Quello che fa paura è proprio il vuoto, e tutti gli scenari possibili che la scadenza del mandato di Lahoud, e il vuoto di potere, potrebbero evocare a torto o a ragione. Un governo militare, quello che sembra più plausibile, dove il comando passerebbe nelle mani del capo dell’esercito Michel Sleimane, potrebbe non essere accettato dalla maggioranza e generare così violenze. “Aspettiamo la mezzanotte, ma penso che Lahoud passerà il comando al capo dell’esercito, e questo mi preoccupa”, ripete Hassan, responsabile del partito di Aoun nel quartiere di Tayyoune, sud di Beirut. “Io non sono preoccupato, in Libano vedrete che un minuto prima della mezzanotte troveranno un accordo” ripete ottimista Elie, 30 anni, responsabile delle Falange Libanesi nella città di Byblos. E così stasera staremo tutti ad aspettare, mentre le telefonate dall’Europa ai vari deputati si moltiplicheranno ancora.
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