Turchia, 1 gennaio 2008: se il buon giorno si vede dal mattino...
dal corrispondente de La Perfetta Letizia in Turchia
Ormai queste notizie fanno sempre meno audience: è cronaca annunciata. Non ci interessa qui descrivere il fatto in se stesso, ma inquadrarlo nel progetto di cui fa parte. Solo 4 giorni prima la stampa turca, raccontando l’incendio di più di una decina di chiese in India da parte di induisti, giustificava così l'accaduto: “I cristiani sono colpevoli di azione missionaria”. Non sembrava altro che l'invito a passare all'azione anche contro le chiese di Turchia, dove la semplice presenza delle chiese è concepita come proselitismo missionario (peccato che sembrano quasi dimenticarsi che le chiese in Turchia c’erano prima dello Stato Turco!). Già a novembre le guardie forestali turche avevano distrutto una storica cappella ortodossa a Istanbul.
Ieri 31 dicembre, un ragazzo di 22 anni, Murat T., ha ricevuto dei soldi e la mappa della chiesa di San Paolo ad Antalya perché fosse bruciata con il suo pastore Ramazan Arkan (nella foto). Si tratta di un edificio protestante. La stampa turca elogia l’intervento della polizia, sempre turca, che avrebbe sventato l’attentato, grazie ad intercettazioni telefoniche e precedenti del ragazzo.
L’evento dà occasione di riparlare dell’attività missionaria delle chiese in Turchia, anche se questa volta il suo pastore non è uno straniero ma un cittadino turco. Ormai in Turchia è il cristiano stesso ad essere identificato come missionario, il cristianesimo è concepito come un elemento estraneo alla cultura turca e quindi come un elemento da eliminare necessariamente, perché minaccia l’unità stessa del paese: sebbene quindi i cristiani in Turchia non siano nemmeno l’0.5%, la fobia verso di loro, perchè elementi destabilizzanti della società turca musulmana, ha raggiunto da tempo i limiti della vera e propria paranoia.
In Turchia ormai bruciare una chiesa o attentare alla vita di un missionario non è più reato; del resto si sa che secondo la legislazione turca per gli stranieri si possono fare molte eccezioni sul diritto (art. 16 della costituzione), e quindi figuratevi per i cristiani. Così Murat T. è stato rilasciato e semplicemente spedito a fare il militare, cosa che stava cercando proprio di evitare. Ovviamente poi non mancano giornalisti turchi, come Ergun Babahan, che riversano la colpa sugli altri: non sarebbe il loro islam immacolato a generare simili attentati, ma piuttosto un'Europa che vuole accusare la Turchia... sarebbe l'Europa ad organizzare i vari atti di violenza contro i cristiani in Turchia per macchiare l’immacolata Turchia! Per altri ancora il “capro espiatorio” di tutto è il PKK. Del resto secondo Erdogan è proprio l'Europa ad aiutare il PKK.
Ma di questo non ha certo colpa il governo turco, diranno i vescovi in Turchia e anche i rappresentati della comunità europea. Vescovi cristiani che sembrano sempre più parlare con la pistola alla testa, costretti a parlare così per non vedere chiuse in un momento tutte le loro chiese. Ma sentiamo proprio ieri cosa ha detto, per il ministero degli affari religiosi, il famoso prof. Ali Bardakoğlu, che incontrò il Papa lamentandosi della cultura dell’islamfobia: “E' un gioco dei missionari unire la festa del Natale con quella del primo dell’anno”, è un modo cioè di fare propaganda religiosa! Ma il professore non sa che il Natale cristiano si celebra il 25 dicembre e non è la festa del 1 gennaio: in Turchia non lo sa quasi nessuno, ma una simile ignoranza macchia il professore di ridicolo. Del resto, dallo stesso ministero, così come dal primo ministro, giungono chiari segnali secondo cui i principali nemici dello stato turco sarebbero i missionari cristiani ed i terroristi del PKK.
Lascio a voi pensare quale possa essere il futuro del cristianesimo in Turchia! Probabilmente lo stesso del PKK nel nord dell’Iraq... le bombe si possono lanciare in tanti modi! Ma è giusto paragonare i cristiani di Turchia a dei terroristi? Di questo ha certamente responsabilità anche il governo turco.
dal corrispondente de La Perfetta Letizia in Turchia
Ormai queste notizie fanno sempre meno audience: è cronaca annunciata. Non ci interessa qui descrivere il fatto in se stesso, ma inquadrarlo nel progetto di cui fa parte. Solo 4 giorni prima la stampa turca, raccontando l’incendio di più di una decina di chiese in India da parte di induisti, giustificava così l'accaduto: “I cristiani sono colpevoli di azione missionaria”. Non sembrava altro che l'invito a passare all'azione anche contro le chiese di Turchia, dove la semplice presenza delle chiese è concepita come proselitismo missionario (peccato che sembrano quasi dimenticarsi che le chiese in Turchia c’erano prima dello Stato Turco!). Già a novembre le guardie forestali turche avevano distrutto una storica cappella ortodossa a Istanbul.
Ieri 31 dicembre, un ragazzo di 22 anni, Murat T., ha ricevuto dei soldi e la mappa della chiesa di San Paolo ad Antalya perché fosse bruciata con il suo pastore Ramazan Arkan (nella foto). Si tratta di un edificio protestante. La stampa turca elogia l’intervento della polizia, sempre turca, che avrebbe sventato l’attentato, grazie ad intercettazioni telefoniche e precedenti del ragazzo.
L’evento dà occasione di riparlare dell’attività missionaria delle chiese in Turchia, anche se questa volta il suo pastore non è uno straniero ma un cittadino turco. Ormai in Turchia è il cristiano stesso ad essere identificato come missionario, il cristianesimo è concepito come un elemento estraneo alla cultura turca e quindi come un elemento da eliminare necessariamente, perché minaccia l’unità stessa del paese: sebbene quindi i cristiani in Turchia non siano nemmeno l’0.5%, la fobia verso di loro, perchè elementi destabilizzanti della società turca musulmana, ha raggiunto da tempo i limiti della vera e propria paranoia.
In Turchia ormai bruciare una chiesa o attentare alla vita di un missionario non è più reato; del resto si sa che secondo la legislazione turca per gli stranieri si possono fare molte eccezioni sul diritto (art. 16 della costituzione), e quindi figuratevi per i cristiani. Così Murat T. è stato rilasciato e semplicemente spedito a fare il militare, cosa che stava cercando proprio di evitare. Ovviamente poi non mancano giornalisti turchi, come Ergun Babahan, che riversano la colpa sugli altri: non sarebbe il loro islam immacolato a generare simili attentati, ma piuttosto un'Europa che vuole accusare la Turchia... sarebbe l'Europa ad organizzare i vari atti di violenza contro i cristiani in Turchia per macchiare l’immacolata Turchia! Per altri ancora il “capro espiatorio” di tutto è il PKK. Del resto secondo Erdogan è proprio l'Europa ad aiutare il PKK.
Ma di questo non ha certo colpa il governo turco, diranno i vescovi in Turchia e anche i rappresentati della comunità europea. Vescovi cristiani che sembrano sempre più parlare con la pistola alla testa, costretti a parlare così per non vedere chiuse in un momento tutte le loro chiese. Ma sentiamo proprio ieri cosa ha detto, per il ministero degli affari religiosi, il famoso prof. Ali Bardakoğlu, che incontrò il Papa lamentandosi della cultura dell’islamfobia: “E' un gioco dei missionari unire la festa del Natale con quella del primo dell’anno”, è un modo cioè di fare propaganda religiosa! Ma il professore non sa che il Natale cristiano si celebra il 25 dicembre e non è la festa del 1 gennaio: in Turchia non lo sa quasi nessuno, ma una simile ignoranza macchia il professore di ridicolo. Del resto, dallo stesso ministero, così come dal primo ministro, giungono chiari segnali secondo cui i principali nemici dello stato turco sarebbero i missionari cristiani ed i terroristi del PKK.
Lascio a voi pensare quale possa essere il futuro del cristianesimo in Turchia! Probabilmente lo stesso del PKK nel nord dell’Iraq... le bombe si possono lanciare in tanti modi! Ma è giusto paragonare i cristiani di Turchia a dei terroristi? Di questo ha certamente responsabilità anche il governo turco.
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