martedì, gennaio 29, 2008
Mentre l’Unione europea si prepara a prendere una decisione sul suo ruolo in Kosovo, Amnesty International chiede che i crimini di guerra e contro l’umanità commessi durante il conflitto della fine degli anni ’90 non siano lasciati impuniti.

da Amnesty International

In occasione del lancio di un suo nuovo rapporto, l’organizzazione per i diritti umani ha sollecitato le autorità internazionali e kosovare a concludere e rendere pubblico l’esame dei risultati ottenuti dagli organi di giustizia locali e internazionali nella punizione dei responsabili dei crimini di guerra, contro l’umanità e interetnici e a mettere a disposizione le sentenze e gli atti processuali relativi.

“A sette anni dall’inizio degli sforzi delle Nazioni Unite per ricostruire il sistema giudiziario kosovaro, centinaia di casi di crimini di guerra, contro l’umanità (inclusi lo stupro e le sparizioni forzate) e interetnici rimangono irrisolti. Centinaia di casi sono stati chiusi per mancanza di prove, che non sono state acquisite in modo rapido né efficace. I parenti di alcune delle persone scomparse sono stati ascoltati più volte dalla polizia e dai pubblici ministeri internazionali ma, ad oggi, non riscontriamo progressi nei procedimenti”- ha dichiarato Sian Jones, ricercatore di Amnesty International sul Kosovo.

Una delegazione di Amnesty International, in visita in Kosovo nel novembre e dicembre scorso, ha incontrato esponenti del Gruppo di programmazione dell’Unione europea, della Missione delle Nazioni Unite Unmik (inclusi i responsabili della polizia e del sistema giudiziario) e delle Organizzazioni non governative locali e internazionali che monitorano l’attività degli organi di giustizia internazionale. I delegati hanno constatato che i processi continuano a subire ritardi a causa della carenza di giudici e pubblici ministeri internazionali, dell’eccessiva mole di lavoro arretrato, della mancanza di un sistema efficace di protezione dei testimoni e di servizi a supporto delle vittime di stupro e di altri crimini di natura sessuale.

Dopo il conflitto del 1999, in quella che all’epoca era una provincia della Repubblica Federale di Jugoslavia, il sistema giudiziario civile e penale ha subito un collasso. Sebbene la giurisdizione del Tribunale penale per l’ex Jugoslavia sia stata estesa anche ai crimini commessi in territorio kosovaro, è stato subito chiaro che esso avrebbe trattato solo un numero limitato di casi. Le Nazioni Unite, conseguentemente, hanno elaborato il Programma giudici e pubblici ministeri internazionali, con l’obiettivo di incorporare un piccolo gruppo di giudici e pubblici ministeri internazionali nel sistema penale locale.

Nel suo rapporto Kosovo (Serbia): una sfida per rimediare al fallimento della missione Onu sulla giustizia, Amnesty International analizza i risultati del Programma alla luce di quanto prevedono le norme e gli standard internazionali sul diritto a un equo processo e sul diritto delle vittime a ottenere giustizia e una piena riparazione. Secondo Amnesty International, l’esperienza del Kosovo è una lezione da tenere presente qualora si volessero in futuro sviluppare iniziative simili. Ha innanzitutto mostrato la necessità di integrare con una componente internazionale un sistema giudiziario nazionale reso incapace di operare dal collasso subito in seguito a un conflitto.

“Purtroppo, sette anni di Programma giudici e pubblici ministeri internazionali hanno disatteso le aspettative. I giudici e i pubblici ministeri locali non hanno ancora acquisito una competenza adeguata sui casi di crimini internazionali. Vi sono ritardi nella riforma del sistema giudiziario, indispensabile per poter trattare questa tipologia di crimini. Infine, la mancata individuazione di un termine finale per il suo ripristino, non gli permette di affrancarsi dal supporto dei giudici e pubblici ministeri internazionali” - ha commentato Said Jones.

A parere di Amnesty International, quella di “internazionalizzare” i tribunali locali mediante la coesistenza temporanea di personale internazionale e locale nell’ambito del sistema giudiziario interno, è ancora oggi, e lo sarà per lungo tempo, l’unica soluzione per garantire le attività investigative, la persecuzione dei crimini internazionali, la riparazione per le vittime e il ristabilimento dello stato di diritto attraverso la ricostruzione del sistema giudiziario.

Tuttavia, in ragione dei numerosi limiti che il Programma giudici e pubblici ministeri internazionali ha presentato sin dall’inizio, l’esempio del Kosovo, salvo considerevoli modifiche, non potrà essere di riferimento per eventuali tribunali “internazionalizzati” da realizzare in futuro. Per questo motivo, il rapporto diffuso oggi da Amnesty International raccomanda una serie di riforme essenziali, la cui urgente adozione, da un lato permetterà all’Unione europea di apportare al sistema giudiziario del Kosovo quei benefici che dovrebbe fornire la presenza di personale internazionale, e dall’altro agevolerà il compito dell’Onu nella definizione di un eventuale sistema giudiziario di transizione. A meno che queste raccomandazioni non siano attuate nel più breve tempo possibile, la prospettiva di una pace duratura in Kosovo basata sul pieno rispetto dei diritti umani sarà seriamente pregiudicata.

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