Il portavoce del premier del Kosovo conferma l'indipendenza per il 17 febbraio. Thaci non conferma, ma non smentisce.
da PeaceReporter
L'indipendenza del Kosovo verrà proclamata il 17 febbraio prossimo, alle 17, in tempo per il tè. Anche se era ormai prevedibile, avendo il premier serbo Voijslav Kostunica annunciato in anteprima la data della secessione nei giorni scorsi. Il portavoce del premier kosovaro Thaci ha fissato la data, mentre il primo ministro non ha voluto esprimersi, pur confermando laconicamente il calendario internazionale, quindi il 17 febbraio prossimo. "È stato deciso - ha detto il portavoce - che la data sarà resa nota non prima di 24 ore della effettiva proclamazione dell'indipendenza", quindi con ogni probabilità domani. "Nessun cittadino si sentirà discriminato o messo da parte" ha dichiarato Thaci. Alla domanda sui rapporti con la Serbia, il premier kosovaro ha risposto che le relazioni sono "ottime, ma il Kosovo ha la sua agenda da seguire". Un'attesa, per gli albanesi del Kosovo, che dura dal 1999. Adesso sembra finita, ma sono ancora incerte le conseguenze che questa decisione avrà sulla comunità internazionale.
Si è infatti conclusa con un nulla di fatto la sessione d'emergenza, convocata ieri da Russia e Serbia, del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Al momento, quindi, in base al diritto internazionale, continua a far fede la risoluzione 1244 votata dallo stesso Consiglio nel 1999, che metteva fine all'attacco della Nato alla Serbia, ma che sanciva l'indivisibilità del territorio di Belgrado. In mancanza di una nuova risoluzione, l'Onu si prenderebbe la responsabilità di violare un suo stesso pronunciamento, con conseguenze imprevedibili.
Tutt'altro che entusiaste le reazioni della Serbia. Il presidente serbo Boris Tadic, rieletto il 3 febbraio scorso per un secondo mandato, che prestava oggi giuramento davanti al Parlamento di Belgrado, ha inserito nella tradizionale dichiarazione di fedeltà alle istituzioni una dichiarazione poco rassicurante: "Giuro solennemente che dedicherò tutti i miei sforzi a preservare la sovranità e l'integrità territoriale della repubblica serba". Il governo di Belgrado, sostenuto ancora ieri dal presidente russo Putin, ha promesso che attuerà ''tutte le misure in suo potere per combattere fino all'ultimo momento la secessione del Kosovo, escluse misure militari''. Al Palazzo di Vetro la Serbia ha fatto presente che dichiarerà "nulla e illegale" la dichiarazione di indipendenza del Kosovo e ha chiesto al Consiglio di fare lo stesso, con l'appoggio della Russia. Vitaly Churkin, ambasciatore russo al Consiglio di Sicurezza, ha dichiarato che solo Usa, Francia, Gran Bretagna, Belgio e Italia, dei quindici membri, hanno appoggiato il piano proposto dall'ex mediatore dell'Onu per il Kosovo, Martti Ahtisaari, che prevede l'indipendenza del Kosovo. La soluzione unilaterale, al momento, non sembra trovare ostacoli, anche se all'interno dell'Unione europea restano le perplessità di Cipro e Spagna, alle prese con problemi interni di autonomismo.
La Russia, sempre oggi, ha già lanciato il primo sasso nello stagno della politica internazionale. Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, dopo un vertice con i leader di Ossezia del sud e Abkhazia, repubbliche autonome della Georgia, ha gelato tutti dichiarando che, se viene accettata l'indipendenza del Kosovo, Mosca rivedrà la sua posizione nei confronti delle due repubbliche filorusse, paventando una doppia secessione in Georgia. Il governo russo, poco dopo, ha lievemente corretto il tiro, e l'ufficio stampa del ministero degli Esteri ha precisato che ''la proclamazione e il riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo dovranno certamente essere presi in considerazione in relazione alla situazione in Abkhazia e in Ossezia del Sud. Al riguardo, la Russia conferma il suo invariato impegno a sostenere in ogni modo una risoluzione pacifica dei conflitti georgiano nel quadro dei formati esistenti e a contrapporsi ad ogni tentativo di risolvere i problemi con l'uso della forza. Il vaso di Pandora aspetta solo di essere scoperchiato.
da PeaceReporter
L'indipendenza del Kosovo verrà proclamata il 17 febbraio prossimo, alle 17, in tempo per il tè. Anche se era ormai prevedibile, avendo il premier serbo Voijslav Kostunica annunciato in anteprima la data della secessione nei giorni scorsi. Il portavoce del premier kosovaro Thaci ha fissato la data, mentre il primo ministro non ha voluto esprimersi, pur confermando laconicamente il calendario internazionale, quindi il 17 febbraio prossimo. "È stato deciso - ha detto il portavoce - che la data sarà resa nota non prima di 24 ore della effettiva proclamazione dell'indipendenza", quindi con ogni probabilità domani. "Nessun cittadino si sentirà discriminato o messo da parte" ha dichiarato Thaci. Alla domanda sui rapporti con la Serbia, il premier kosovaro ha risposto che le relazioni sono "ottime, ma il Kosovo ha la sua agenda da seguire". Un'attesa, per gli albanesi del Kosovo, che dura dal 1999. Adesso sembra finita, ma sono ancora incerte le conseguenze che questa decisione avrà sulla comunità internazionale.
Si è infatti conclusa con un nulla di fatto la sessione d'emergenza, convocata ieri da Russia e Serbia, del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Al momento, quindi, in base al diritto internazionale, continua a far fede la risoluzione 1244 votata dallo stesso Consiglio nel 1999, che metteva fine all'attacco della Nato alla Serbia, ma che sanciva l'indivisibilità del territorio di Belgrado. In mancanza di una nuova risoluzione, l'Onu si prenderebbe la responsabilità di violare un suo stesso pronunciamento, con conseguenze imprevedibili.
Tutt'altro che entusiaste le reazioni della Serbia. Il presidente serbo Boris Tadic, rieletto il 3 febbraio scorso per un secondo mandato, che prestava oggi giuramento davanti al Parlamento di Belgrado, ha inserito nella tradizionale dichiarazione di fedeltà alle istituzioni una dichiarazione poco rassicurante: "Giuro solennemente che dedicherò tutti i miei sforzi a preservare la sovranità e l'integrità territoriale della repubblica serba". Il governo di Belgrado, sostenuto ancora ieri dal presidente russo Putin, ha promesso che attuerà ''tutte le misure in suo potere per combattere fino all'ultimo momento la secessione del Kosovo, escluse misure militari''. Al Palazzo di Vetro la Serbia ha fatto presente che dichiarerà "nulla e illegale" la dichiarazione di indipendenza del Kosovo e ha chiesto al Consiglio di fare lo stesso, con l'appoggio della Russia. Vitaly Churkin, ambasciatore russo al Consiglio di Sicurezza, ha dichiarato che solo Usa, Francia, Gran Bretagna, Belgio e Italia, dei quindici membri, hanno appoggiato il piano proposto dall'ex mediatore dell'Onu per il Kosovo, Martti Ahtisaari, che prevede l'indipendenza del Kosovo. La soluzione unilaterale, al momento, non sembra trovare ostacoli, anche se all'interno dell'Unione europea restano le perplessità di Cipro e Spagna, alle prese con problemi interni di autonomismo.
La Russia, sempre oggi, ha già lanciato il primo sasso nello stagno della politica internazionale. Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, dopo un vertice con i leader di Ossezia del sud e Abkhazia, repubbliche autonome della Georgia, ha gelato tutti dichiarando che, se viene accettata l'indipendenza del Kosovo, Mosca rivedrà la sua posizione nei confronti delle due repubbliche filorusse, paventando una doppia secessione in Georgia. Il governo russo, poco dopo, ha lievemente corretto il tiro, e l'ufficio stampa del ministero degli Esteri ha precisato che ''la proclamazione e il riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo dovranno certamente essere presi in considerazione in relazione alla situazione in Abkhazia e in Ossezia del Sud. Al riguardo, la Russia conferma il suo invariato impegno a sostenere in ogni modo una risoluzione pacifica dei conflitti georgiano nel quadro dei formati esistenti e a contrapporsi ad ogni tentativo di risolvere i problemi con l'uso della forza. Il vaso di Pandora aspetta solo di essere scoperchiato.
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