giovedì, febbraio 14, 2008
Amnesty International ha dichiarato che l’annuncio fatto ieri dal Pentagono dell’incriminazione di sei detenuti “di alto valore” attualmente a Guantánamo Bay solleva ancora ulteriori dubbi sulla condotta degli Usa nella “guerra al terrore”.

da Amnesty International

“Subito dopo i crimini contro l’umanità dell’11 settembre 2001, Amnesty International ha chiesto agli Usa di ricercare giustizia e sicurezza in un quadro di rispetto dei diritti umani e della legalità” – ha detto Rob Freer, ricercatore di Amnesty International sugli Usa. “Che l’Amministrazione statunitense abbia sistematicamente agito in un’altra direzione è dimostrato non solo dal trattamento inflitto ai sei detenuti per cinque e più anni, ma anche dalle commissioni militari di fronte alle quali dovranno comparire”.
Cinque dei sei uomini incriminati hanno trascorso più di tre anni in centri di detenzione segreti della Cia, situati in luoghi sconosciuti, prima di essere trasferiti a Guantánamo nel settembre 2006. Sono stati vittime di sparizione forzata – un crimine di diritto internazionale – e la stessa Cia ha confermato che almeno uno di essi, Khalid Sheikh Mohammed, è stato sottoposto alla tecnica waterboarding, o semiannegamento.

“Il waterboarding è una forma di tortura e la tortura è un crimine internazionale. Nessuno è stato chiamato a risponderne. L’impunità nell’ambito dei programmi Cia rimane un punto fermo della condotta degli Usa nella ‘guerra al terrore’” – ha proseguito Freer.

Il sesto uomo incriminato, Mohamed al-Qahtani, ha subito torture e altri maltrattamenti a Guantánamo, alla fine del 2002. Nonostante sia stato tenuto incappucciato e nudo e sia stato sottoposto a umiliazioni sessuali e di altro genere, alla deprivazione sensoriale, a temperature estreme, a musica assordante e a rumore bianco, il Pentagono ha concluso che queste condizioni non costituiscono un trattamento inumano. “Il Pentagono, insieme al presidente Bush, ha un’influenza predominante sull’operato delle commissioni militari” – ha sottolineato Freer. “In altre parole, questi tribunali al di sotto della norma sono privati dell’indipendenza da parte dello stesso organo esecutivo che li ha autorizzati e che ha condonato le sistematiche violazioni dei diritti umani commesse contro i sei detenuti”.

Amnesty International è fortemente preoccupata per il fatto che informazioni ottenute mediante la tortura o altri maltrattamenti saranno usate nei confronti dei sei detenuti. Questa è solo una delle manchevolezze di un meccanismo istituito al preciso scopo di ottenere condanne, sulla base di standard più bassi rispetto a quelli applicati dalle corti ordinarie. Nessun cittadino statunitense verrebbe mai processato dalle commissioni militari e ciò rende questi organi discriminatori, in violazione del diritto internazionale. Guantánamo, già diventato un emblema di illegalità, può ora diventare la sede di esecuzioni al termine di procedimenti giudiziari che non rispettano gli standard internazionali sull’equità dei processi. Il governo statunitense sta cercando di ottenere la condanna a morte dei sei detenuti. Amnesty International, che si oppone alla pena di morte in ogni circostanza, ricorda che più della metà del mondo ha abolito la pena di morte nella legislazione o nella prassi.

“Solo poche settimane dopo il voto con cui l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha chiesto di porre fine alle esecuzioni, gli Usa agitano lo spettro della condanna a morte dopo processi fondamentalmente irregolari. La comunità internazionale deve incalzare gli Usa a rinunciare alle commissioni militari e a svolgere processi di fronte a giudici indipendenti e imparziali, senza ricorrere alla pena di morte” – ha concluso Freer.

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