Radio Vaticana - E’ necessario che nella comunità internazionale “maturi una coscienza solidale che consideri l’alimentazione come un diritto universale di tutti gli esseri umani, senza distinzioni né discriminazioni”: è l’esortazione del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che ha pubblicato oggi una lunga nota sulla situazione alimentare mondiale, in occasione del Vertice della FAO, in corso a Roma. Un documento articolato che si sofferma sulle cause e le possibili risposte all’emergenza alimentare. Il servizio di Alessandro Gisotti: (ascolta)
Nell’anno in cui si celebra il 60.mo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo, “la crisi alimentare mondiale minaccia il perseguimento del diritto primario di ogni persona ad essere libera dalla fame”. E’ quanto costata con rammarico il dicastero presieduto dal cardinale Renato Raffaele Martino che chiede un “impegno comune e concreto” di tutte le nazioni “per rendere possibile il diritto all’alimentazione”. La nota di “Giustizia e Pace” sottolinea che “dare da mangiare agli affamati” è “un imperativo etico per la Chiesa” che corrisponde agli insegnamenti del suo Fondatore. Il documento enumera dunque una serie di cause congiunturali che hanno determinato la crescita dei prezzi dei prodotti alimentari.
Da una parte, rammenta, si è registrata una scarsità di raccolti in Paesi produttori di cereali come la Cina a causa delle avverse condizioni climatiche. C’è poi l’aumento dei prezzi dell’energia che ha reso più costosa la produzione agricola. E, soprattutto, l’aumento del prezzo del petrolio che ha determinato la convenienza ad ottenere energia dai cosiddetti biocarburanti, “sottraendo così terra alla coltivazione di cereali per uso alimentare”. La nota critica poi il comportamento di quegli investitori internazionali che hanno speculato sull’incremento dei prezzi dei beni primari.
Non meno importanti, per “Giustizia e Pace”, sono i fattori strutturali. “L’incremento della domanda di beni alimentari – si legge nel documento vaticano – si è scontrato con un’insufficienza dell’offerta a livello mondiale le cui cause si possono rintracciare nelle scelte di politica economica portate avanti sia dalle economie avanzate che dalle istituzioni finanziarie internazionali nei Paesi in via di sviluppo, negli ultimi 30 anni”. In particolare, si ricordano le politiche applicate in molti Paesi in via di sviluppo che hanno sostenuto la specializzazione nelle culture d’esportazione, impoverendo i contadini e rendendo più debole la loro autonomia alimentare.
Gli effetti, avverte “Giustizia e Pace”, sono drammatici: secondo le stime dell’ONU, infatti, ad ogni rincaro dell’1 per cento dei generi di prima necessità, 16 milioni di esseri umani precipitano nell’insicurezza alimentare. Di qui al 2015, potrebbero esserci allora 1 miliardo e 200 milioni di affamati cronici. Tuttavia, il documento non si sofferma solo sull’analisi del problema, ma tenta anche di dare delle risposte alla crisi. Il problema, rileva, va affrontato il prima possibile “in una prospettiva di lungo periodo” che elimini le cause strutturali. Serve un vero e proprio “New Deal” per l’alimentazione che permetta un “rinascimento agricolo” sostenuto da misure in grado di “incrementare la produzione alimentare nel mondo”.
Innanzitutto, i contadini dei Paesi in via di sviluppo “devono essere aiutati a produrre di più e a far sì che i loro prodotti raggiungano il mercato”. In tal senso, prosegue la nota, “potrebbe risultare utile considerare le nuove frontiere che vengono aperte da un corretto impiego delle biotecnologie in ambito agricolo”. Al tempo stesso, prosegue, non va trascurata “la questione della riforma agraria” nei Paesi del Sud del mondo, affinché venga conferita ai contadini la proprietà della terra. I Paesi avanzati, è il richiamo del dicastero vaticano, dovranno “forse riconsiderare” in occasione del prossimo G8 in Giappone “l’opportunità della produzione delle bioenergie nell’attuale contesto di penuria di prodotti agricoli”. E ciò, viene spiegato, perché “non è pensabile diminuire la quantità di prodotti agricoli da collocare sul mercato degli alimenti” in favore di “altri pure accettabili fini che non soddisfano però un diritto fondamentale come è quello dell’alimentazione”.
D’altro canto, si rileva che le politiche dei maggiori produttori di biocarburanti, (USA, Brasile UE) sta dirottando i terreni dalla coltivazione di beni primari ai combustibili di origine vegetale, attraverso sussidi e incentivi che ostacolano il corretto funzionamento del mercato. Di qui l’esortazione a Stati Uniti ed Europa a ritornare alla coltivazione di terreni lasciati a riposo in questi anni. Il documento non manca di sottolineare che l’attuale crisi alimentare è stata determinata “anche dalla speculazione finanziaria sulle materie prime” e chiede dunque una regolamentazione dei comportamenti finanziari che incidono sulla realizzazione del diritto primario all’alimentazione proprio di ogni essere umano. Infine, la nota critica il rinnovato ricorso alle tesi malthusiane che indicando nella crescita demografica la causa dell’emergenza alimentare prospettano come soluzione la diminuzione delle nascite nei Paesi poveri.
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