venerdì, luglio 11, 2008

Agenzia Misna - “La risoluzione del Parlamento europeo dimostra che una schedatura su base etnica e religiosa non ha senso: è contro ogni regola civile. La responsabilità è sempre individuale, mai etnica”: lo dice alla MISNA Cristina Simonelli, teologa fiorentina che vive insieme a Rom e Sinti a Verona, interpellata sull’esortazione rivolta ieri dall’Europarlamento al governo italiano ad astenersi dal raccogliere le impronte digitali dei Rom. In un recente editoriale, pubblicato sul mensile delle missionarie comboniane ‘Combonifem’, Simonelli ha sostenuto che “troppo spesso di fronte ai rom – che hanno anche un femminile, che è romnia – perdiamo la testa…non esistono più uomini e donne con nomi propri, ma un gruppo caricato di tutti i fantasmi negativi che abitano il nostro profondo e rendono inquieti i nostri sonni”: la teologa propone quindi “un lavoro urgente”, quello di “fermarsi a osservare e studiare…come funziona la ‘nostra’ lettura dei fatti, quali sono le paure che ‘ci’ abitano, per quale motivo ‘noi’ reagiamo così”; nel frattempo, “non possiamo tacere”, perché “certi silenzi sono connivenze”. La proposta di prendere le impronte digitali ai Rom, “fa particolarmente orrore – dice ancora Simonelli alla MISNA - In questa campagna trovo grande somiglianza con quello che ha fatto il nazismo: quando questo movimento ideologico ha preparato le leggi razziali ha utilizzato subdolamente un falso come i ‘Protocolli dei saggi di Sion’ per accusare la minoranza ebraica di essere l’origine di tutti i mali del mondo; allo stesso modo, oggi i Rom sono accusati di tutto quello che non va”. Per Simonelli, “l’emergenza è iniziata con il rogo appiccato al campo di Ponticelli, a Napoli (13 maggio, ndr), quando si è detto che una ragazza rom aveva rubato un bambino: un’accusa che si poi è rivelata un falso. La stampa e i mezzi di informazione spesso sono i primi artefici di questo tam-tam di guerra, ma bisogna invertire la tendenza: se non offriamo dei crediti di fiducia, otterremo sempre diffidenza. Nel caso contrario, invece, possiamo imparare conoscere molto meglio noi stessi, per prima cosa, per poi ricevere risposte positive che mai avremmo immaginato”. Cristina Simonelli abita in un campo rom a Verona – otto piazzole in cui vivono altrettante famiglie allargate, per un totale di circa un centinaio di persone – dove assiste insieme a un sacerdote e un’altra laica la comunità cattolica dell’accampamento: “L’impegno che portiamo avanti tutti insieme è quello di portare il Vangelo per strada, per costruire una chiesa che condivida il dialogo e il rispetto della dignità della persona”. [MV][CO]

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