lunedì, dicembre 29, 2008
Lo dichiara il vice capo di stato maggiore israeliano, mentre si allarga la protesta

PeaceReporter - “Siamo appena all'inizio, il peggio non è ancora arrivato”, è la conferma delle fosche previsioni delle ultime ore, fornita oggi dal vice capo di stato maggiore israeliano, Dan Harel, parlando oggi da Kiriat Gat, nel sud di Israele sotto il tiro dei razzi palestinesi. La zona, dove nella sola giornata di oggi sono caduti almeno cinquanta razzi palestinesi, è stata dichiarata zona militare chiusa. Harel ha definito “senza precedenti” l'operazione iniziata sabato, precisando che “Israele si è fissato un obiettivo ambizioso ed è determinato a raggiungerlo”.

Sul fronte militare si attende ancora con drammatica tensione l'invasione terrestre della Striscia. Decine di carri armati sono schierati lungo il confine a scopo per ora intimidatorio, ma, già nella tarda mattinata di lunedì 29, giunge notizia che alcune unità di commando israeliane stanno già operando dentro la striscia di Gaza. Operazioni mordi e fuggi allo scopo di colpire i miliziani intenti a sparare razzi, marcare obiettivi chiave per successivi attacchi aerei e spianare la strada a una prossima vasta incursione di mezzi blindati. Lo rivela il sito legato all'intelligence israeliana Debkafile. Nelle ultime ore, inoltre, l'aviazione israeliana ha bombardato il sud della Striscia, il territorio vicino al confine con l'Egitto, per distruggere i tunnel usati dai palestinesi per il contrabbando. Sempre secondo Debkafile, in questi raid sono state usate le bombe teleguidate anti-bunker Gbu-39, recentemente acquistate dagli Stati Uniti. Sempre attorno al valico di Rafah, infuriano le polemiche dopo che, ieri, gli egiziani avevano accusato Hamas di non consentire il passaggio dei feriti. Oggi il partito islamico replica sostenendo che sono stati gli egiziani a impedire la riapertura del passaggio di confine. Lo ha dichiarato il portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, secondo cui “i governi arabi non stanno facendo nulla per la popolazione di Gaza, assistiamo solo a condanne generiche, ma non hanno nemmeno aperto il valico di Rafah”.

Oggi Amnesty International ha chiesto alle forze israeliane e ai gruppi armati palestinesi “di porre immediatamente fine agli attacchi illegali contro Gaza e il sud d'Israele”. Secondo Amnesty, “L'uso sproporzionato della forza da parte di Israele è illegale e rischia di provocare ulteriore violenza in tutta la regione. L'escalation di violenza è arrivata in un momento in cui la popolazione di Gaza era già impegnata in una lotta quotidiana per la sopravvivenza, a causa del blocco israeliano che impedisce l'ingresso anche di viveri e medicinali”. Secondo la contabilità dell'organizzazione umanitaria, l'ultimo attacco ha portato a 650 il numero dei palestinesi uccisi quest'anno dalle forze israeliane: almeno un terzo delle vittime, tra cui 70 bambini, erano civili. Nello stesso periodo, i gruppi armati palestinesi hanno ucciso 25 israeliani, 16 dei quali civili, tra cui 4 bambini.

Con il passare delle ore si allarga anche il fronte delle proteste. Almeno 20mila persone, per lo più aderenti a partiti di opposizione al presidente Moubarak, sono scese in piazza al Cairo in solidaritetà con la popolazione di Gaza. Migliaia di persone stanno sfilando anche per le strade di Amman, in Giordania, Aleppo, in Siria, a Mosqat, in Oman a Casablanca, Beirut, Teheran, Khartoum e anche in Turchia, dove le autorità hanno cancellato le celebrazioni ufficiali per il Capodanno a Istanbul, in segno di rispetto per le vittime palestinesi dei raid israeliani nella Striscia di Gaza, definiti “un'operazione contro la pace”. Lunedì mattina anche gli israeliani hanno organizzato una protesta di fronte all'università di Tel Aviv, dopo che sabato in Galilea avevano manifestato i cittadini arabi israeliani. I circa trecento pacifisti davanti all'università erano un gruppo sparuto rispetto alle altre proteste nel mondo, ma non così minimo per lo standard israeliano. La manifestazione è però stata guastata da attivisti di destra, che hanno provocato dei disordini davanti all'ateneo.

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