Il carbone, assieme al petrolio, è il principale nemico del clima. La cosa peggiore sarebbe farlo diventare il sostituto "numero uno" del petrolio, una volta raggiunto il picco. Ma anche il carbone è più scarso di quello che si ritiene.
QualEnergia.it - In questo 2008, con l’altalena dei prezzi e le nuove stime delIa IEA, si è parlato spesso di picco del petrolio. L’abbandono forzato di questo combustibile fossile, che si profila a causa dell’esaurimento delle risorse, è visto in generale come un sollievo per il pianeta. Ma non è detto, visto che potrebbe essere rimpiazzato da una fonte ancora peggiore in quanto ad emissioni, il carbone. La tendenza si era già notata nei primi mesi dell’anno, quando i prezzi a tripla cifra del greggio avevano creato una situazione quasi da prova generale di post-picco. Il caro petrolio, infatti, ha significato un nuovo slancio del carbone, che emette dal 25 al 40% in più di CO2 rispetto al petrolio e che è già il principale responsabile del global warming, causando il 40% delle emissioni mondiali e ben il 72% di quelle relative alla produzione di energia elettrica.
L’allarme sul possibile futuro sostituto del petrolio ora torna supportato da una stima precisa. A fornirla, in occasione del meeting annuale dell’American Geophysical Union, il climatologo californiano Ken Caldeira, del Carnegie Institution di Stanford. Se tutto il petrolio usato al momento venisse rimpiazzato con carbone liquefatto (che emette il 40% in più di CO2 rispetto al petrolio), dice Caldera, la temperatura globale raggiungerebbe i 2 gradi di aumento 3 anni prima che non se si continuasse a usare petrolio come si fa ora. Se il petrolio fosse invece sostituito con fonti a “emissioni zero”, come solare, eolico o nucleare, secondo lo studio l’innalzamento di 2 gradi della temperature globale verrebbe ritardato di 11 anni rispetto allo scenario business as usual.
Il petrolio, dunque, è solo una parte del problema e sostituirlo in maniera sbagliata sarebbe controproducente. La minaccia principale per il clima resta il carbone, la fonte fossile più economica e abbondante. Se il prezzo di mercato di questo fossile sporco in questo periodo può considerarsi ancor più competitivo (quasi dimezzato, scendendo sotto gli 80 $ a tonnellata sull’importante mercato asiatico), non vanno dimenticati gli ingenti costi ambientali e sociali, quantificati in un report di Greenpeace.
Quanto all’abbondanza, invece - notizia positiva per il clima - pare che il carbone sia molto meno di quello che si pensava. Su queste pagine avevamo già parlato di come varie stime recenti valutino che il carbone rimasto assai più scarso di quello che dicono i dati ufficiali. Una di queste era quella del professor David Rutledge del Caltech. Sempre al meeting dell’American Geophysical Union quest’anno Caltech ha portato nuovi numeri: se per i governi ci sono ancora tra gli 850 e i 998 miliardi di tonnellate di carbone estraibile, per lo studioso le riserve sono invece meno della metà di questa cifra, cioè circa 400 miliardi di tonnellate.
QualEnergia.it - In questo 2008, con l’altalena dei prezzi e le nuove stime delIa IEA, si è parlato spesso di picco del petrolio. L’abbandono forzato di questo combustibile fossile, che si profila a causa dell’esaurimento delle risorse, è visto in generale come un sollievo per il pianeta. Ma non è detto, visto che potrebbe essere rimpiazzato da una fonte ancora peggiore in quanto ad emissioni, il carbone. La tendenza si era già notata nei primi mesi dell’anno, quando i prezzi a tripla cifra del greggio avevano creato una situazione quasi da prova generale di post-picco. Il caro petrolio, infatti, ha significato un nuovo slancio del carbone, che emette dal 25 al 40% in più di CO2 rispetto al petrolio e che è già il principale responsabile del global warming, causando il 40% delle emissioni mondiali e ben il 72% di quelle relative alla produzione di energia elettrica.
L’allarme sul possibile futuro sostituto del petrolio ora torna supportato da una stima precisa. A fornirla, in occasione del meeting annuale dell’American Geophysical Union, il climatologo californiano Ken Caldeira, del Carnegie Institution di Stanford. Se tutto il petrolio usato al momento venisse rimpiazzato con carbone liquefatto (che emette il 40% in più di CO2 rispetto al petrolio), dice Caldera, la temperatura globale raggiungerebbe i 2 gradi di aumento 3 anni prima che non se si continuasse a usare petrolio come si fa ora. Se il petrolio fosse invece sostituito con fonti a “emissioni zero”, come solare, eolico o nucleare, secondo lo studio l’innalzamento di 2 gradi della temperature globale verrebbe ritardato di 11 anni rispetto allo scenario business as usual.
Il petrolio, dunque, è solo una parte del problema e sostituirlo in maniera sbagliata sarebbe controproducente. La minaccia principale per il clima resta il carbone, la fonte fossile più economica e abbondante. Se il prezzo di mercato di questo fossile sporco in questo periodo può considerarsi ancor più competitivo (quasi dimezzato, scendendo sotto gli 80 $ a tonnellata sull’importante mercato asiatico), non vanno dimenticati gli ingenti costi ambientali e sociali, quantificati in un report di Greenpeace.
Quanto all’abbondanza, invece - notizia positiva per il clima - pare che il carbone sia molto meno di quello che si pensava. Su queste pagine avevamo già parlato di come varie stime recenti valutino che il carbone rimasto assai più scarso di quello che dicono i dati ufficiali. Una di queste era quella del professor David Rutledge del Caltech. Sempre al meeting dell’American Geophysical Union quest’anno Caltech ha portato nuovi numeri: se per i governi ci sono ancora tra gli 850 e i 998 miliardi di tonnellate di carbone estraibile, per lo studioso le riserve sono invece meno della metà di questa cifra, cioè circa 400 miliardi di tonnellate.
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